Il convegno. “Quella meteora a destra”: il caso Fli, il processo agli errori, le verità di Fini. Il testimone a Giorgia

5 Dic 2024 17:47 - di Alice Carrazza
fini briguglio

Ci sono momenti in cui la politica smette di essere solo cronaca e torna a farsi storia. La presentazione del libro Quella meteora a destra. Fini contro Fini: il caso di Futuro e Libertà ai tempi di Giorgia, a firma Carmelo Briguglio, si è trasformata in uno di questi. La Sala Nassiriya del Senato, gremita e intrisa di un’attenzione palpabile, ha visto alternarsi voci e riflessioni capaci di squarciare il velo che ancora aleggia su una stagione complessa e controversa. Non un processo, ma un confronto a viso aperto con errori, dolori e lezioni di un passato che fino ad ora era rimasto quasi inevaso.

“Il tempo è il protagonista”: la chiave di Briguglio

«Il protagonista del libro è il tempo. Il tempo raffredda le temperature e ci fa vedere il passato in modo diverso», esordisce Briguglio, con una riflessione che subito cattura l’attenzione della sala. «I ceti più giovani credono che il tempo sia eterno, in realtà viviamo tutti dentro dei cicli — dice l’autore − Gli errori della storia della destra si inseriscono in questi cicli». La politica, secondo l’ex parlamentare, è fatta di scelte, non tutte infallibili, ma anche gli sbagli possono generare frutti inattesi. «Fini è stato un leader importante e ineludibile, non può essere espunto dalla destra contemporanea per una ragione fondamentale: Fiuggi. Lì si è tracciato un depositum fidei, un punto fermo oltre il quale nessuna destra potrà mai tornare indietro. Ed è proprio questo che la sinistra non ha mai accettato».

Briguglio pone poi l’accento su un passato in cui la politica era caratterizzata da un dialogo più civile: «I leader si parlavano. C’era una dimensione più civile della politica e credo che a questo dobbiamo tornare». Per l’autore, inoltre, non c’è alternativa a un sistema bipolare, perché «una destra di sinistra non può esistere». Ciò che serve, secondo Briguglio è la civiltà del dialogo tra visioni diverse.

Rapisarda: “La destra è tornata a Itaca”

Ad aprire la ruota degli interventi Antonio Rapisarda, direttore del Secolo d’Italia, che ringrazia Briguglio per aver scritto un’opera «necessaria, tanto complessa quanto dolorosa». Riferendosi e rivolgendosi direttamente a Fini, seduto tra il pubblico, Rapisarda afferma: «Se è vero, come è vero, che la destra è una storia sola, è importante capire cosa non ha funzionato in quella storia lì…». Un invito a riconoscere quali sono stati i passi falsi della “meteora” di Futuro e libertà per comprendere anche il nostro presente. «In questo libro abbiamo le risposte al perché Giorgia Meloni non accetta mai di farsi dire dalla sinistre cosa fare e come farlo», dichiara senza indugi. «Dopo il berlusconismo e questa Odissea di deserto tecnocratico — dice Rapisarda − Non bisogna avventurarsi in nessun “altrove”, ma ritrovare se stessi. Tornare a Itaca con il proprio popolo».

Gomez non fa sconti a Fini

A scuotere ulteriormente la sala, Peter Gomez, direttore del Fattoquotidiano.it, il cui intervento mescola critica e riconoscimento: «Fini ci ha creduto troppo, a me quelle con Napolitano sono sembrate scelte opportunistiche». Con la schiettezza che lo contraddistingue, sottolinea che senza Futuro e Libertà probabilmente Giorgia Meloni non avrebbe avuto l’opportunità di dimostrare che la destra poteva cambiare. Tuttavia, Gomez non manca di evidenziare le difficoltà di quella transizione: un’esperienza che, pur aprendo strade nel futuro, ha lasciato macerie difficili da rimuovere dietro di sé.

Verderami: il prezzo delle rotture e l’eredità dei leader

Francesco Verderami, firma autorevole del Corriere della sera, mette al centro del suo intervento il tema dell’eredità dei leader nella storia della destra italiana. Ha sottolineato come Gianfranco Fini sia stato determinante nel processo di «democratizzazione» del Movimento Sociale Italiano. Tuttavia, il passaggio successivo, quello della rottura con Berlusconi, si è rivelato l’errore fatale: «Quando decide di rompere, capisce che la scelta non paga. È troppo violento questo passaggio». Nonostante ciò, l’era finiana, così come quelle di Bossi e Berlusconi, ha lasciato traccia: i successori formati in quegli anni. Ma con una differenza sostanziale, precisa Verderami: «Aprirsi ad altri è diverso da andare con altri», un monito chiaro a mantenere l’organicità a destra e il perimetro se non si intende confondere (come è avvenuto con Fli) l’elettorato.

Bocchino: “Fini ha sdoganato Berlusconi e non viceversa”

Italo Bocchino, direttore editoriale del Secolo d’Italia, non ha dubbi e smonta un vecchio equivoco duro a morire: «Fini ha sdoganato Berlusconi, non viceversa». Il fallimento di Futuro e Libertà, spiega, si deve poi anche alla mancata comprensione di un elettorato che si stava spostando verso il sovranismo. Quanto alla destra di oggi «non è soltanto la classe dirigente, ma il modello di valori che incarna».

Terranova: “La destra di governo e i valori non negoziabili”

La storica della destra Annalisa Terranova che modera il dibattito, si sofferma su come la trasformazione della destra, da opposizione a forza di governo, sia un fenomeno dinamico che deve tenere insieme modelli e stili di leadership: «Quando sei all’opposizione serve più Almirante, quando sei al governo serve Gianfranco Fini. A mio avviso servono entrambi». Una riflessione che ha sintetizzato il percorso identitario della destra “in cammino”, capace di evolversi senza rinunciare alle proprie radici.

Fini, la memoria e l’omaggio a Meloni

Il protagonista implicito della giornata, Gianfranco Fini, non poteva non essere invitato ad intervenire. Tante le sollecitazioni dei relatori. «Errori ne ho fatti tanti, ma non ero così sprovveduto», ha dichiarato, mostrando di saper fare i conti con il passato senza però abbandonare la ricostruzione della vicenda che lo ha riguardato (soprattutto il rapporto con Giorgio Napolitano alla vigilia della celebre mozione di sfiducia, fallita, nei confronti di Berlusconi) all’arbitrio del retroscena. Non ha risparmiato un elogio a Giorgia Meloni, definendo il suo lavoro «un piccolo autentico capolavoro». Parole che hanno segnato un passaggio simbolico: il riconoscimento di una continuità che, pur con tutte le differenze, tiene insieme il filo della storia della destra.

La Russa: il passaggio dalla nostalgia alla modernità

Il presidente del Senato Ignazio La Russa, chiudendo gli interventi, ha reso omaggio al ruolo di Fini nella trasformazione della destra italiana: «Non si può immaginare il percorso della destra senza considerare Fini un caposaldo di questo percorso. Senza Gianfranco non ci sarebbe stato il passaggio dalla destra nostalgica alla destra europea». Un riconoscimento che non cancella le divergenze, ma ribadisce l’importanza di un percorso comune.

Una memoria che guarda avanti

Il libro di Briguglio è più di un’analisi storica: è un appello alla civiltà politica, un invito a non nascondere gli errori, ma a trarne insegnamenti. La destra italiana, oggi al governo, non può permettersi di ignorare il passato, né di adagiarsi sugli allori del presente, ma di guardare sempre al futuro.

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