Saviano si rifugia dalla Gruber per il suo delirio: “Meloni con il decreto Caivano crea nuovi camorristi”
Il giorno dopo le critiche rivolte ad Atreju da Giorgia Meloni a Roberto Saviano, per la sua narrazione apologetica di Gomorra e la sua incapacità di riconoscere meriti all’azione del governo, anche in zona di forte presenza dei clan come Caivano, lo scrittore corre a rifugiarsi nello studio amico di Lilli Gruber, a “Otto e mezzo“. Ed è in quella sede, con Lilli Gruber a pendere dalle sue labbra, che riesce a sostenere l’inverosimile, ovvero che il governo Meloni starebbe favorendo la crescita della camorra.
Saviano contro Meloni, con la benedizione di Lilli Gruber
“La descrizione di Meloni su Caivano è stata imprudente perché quanto dice non è quello che è accaduto. Caivano ha avuto un centro sportivo. Non c’è un investimento sul lavoro, e quello in nero continua ad essere la grande piaga di Parco verde e di gran parte del sud. Sono state liberate 36 case su oltre 120. Ma il dettaglio è un altro: il sistema camorra è intatto; ma lo sbandierano come una vittoria. Il decreto Caivano ha riempito le carceri minorili rendendole satolle. L’associazione Antigone ha monitorato che di fatto il decreto Caivano, investendo completamente sulla repressione e non sulla prevenzione, ha fatto sì che entri in carcere con un reato lieve e ne esci camorrista. I toni trionfalistici mi sembrano davvero esagerati”, dice Roberto Saviano a La7.
L’unico a combattere la camorra, dunque, sarebbe lui, con i suoi romanzi fatti di boss eroi e manovalanza senza macchia e senza paura. Meloni, no, lei li aiuta i camorristi. “Mi hanno colpito sia i toni che i contenuti di Meloni. Ogni anno c’è un appuntamento contro di me ad Atreju. I toni sono pesanti perché c’è una strategia precisa: quella di rendere in questo caso uno scrittore ma molto spesso un giornalista o un intellettuale un rivale politico. In qualche modo è sottrarre il ruolo dialettico della critica e spingerti ad essere considerato l’avversario. La strategia che utilizza anche Trump, la teorizza Bannon”, ricorda lo scrittore.
“C’è un motivo: non serve più intervenire sui temi perché ho già vinto, ho preso i voti; l’avversario no. Si sottrae la legittimità della critica. Questo sclerotizza il dibattito democratico. Inquieta che ci sia questo attacco continuo, come se fossimo di pari livello, ma non lo siamo; è una sproporzione di poteri. Meloni ha le leve: fare il nome e cognome di persone che non sono in politica significa isolarle, e lei lo sa“, conclude.