Arresti di massa e confini chiusi con la Colombia. Meloni: “In Venezuela repressione inaccettabile”
«Le notizie che arrivano dal Venezuela rappresentano un altro inaccettabile atto della repressione del regime di Maduro, di cui non riconosciamo la proclamata vittoria elettorale. Intendiamo continuare a lavorare per una transizione democratica e pacifica. Le legittime aspirazioni di libertà e democrazia del popolo venezuelano devono finalmente trovare realizzazione». Così Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ha ribadito la ferma condanna del dispotismo di Nicolás Maduro, che oggi ha prestato giuramento per il suo terzo mandato presidenziale. Sullo sfondo di una crisi politica ed economica che attanaglia il Paese, le cancellerie occidentali esprimono indignazione, mentre gli Stati Uniti intensificano la pressione, portando a 25 milioni di dollari la taglia per informazioni utili alla cattura del presidente venezuelano, ricercato per reati legati alla droga. Intanto, Maria Corina Machado, simbolo di un’opposizione perseguitata, sfida apertamente il regime, incarnando la determinazione di chi lotta per una democrazia soffocata.
Maduro blinda il Paese: chiuso il confine con la Colombia
Il governo venezuelano ha ordinato la chiusura del confine con la Colombia fino a lunedì, una mossa descritta come una barriera contro un presunto «complotto internazionale». Freddy Bernal, governatore dello stato di Táchira, ha dichiarato che l’ordine, emanato direttamente da Maduro, mirava a proteggere il Paese. La decisione, in realtà copre la nazione da occhi indesiderati e impedisce ai cittadini di scappare.
Maria Corina Machado: leader dell’opposizione tra coraggio e persecuzioni
Ieri, la leader dell’opposizione Maria Corina Machado è stata arrestata durante la manifestazione a Caracas, solo per essere rilasciata poche ore dopo. «Il mio cuore è con il venezuelano ferito da un proiettile mentre mi arrestavano. Ora sono in un luogo sicuro, più determinata che mai ad andare fino in fondo», scrive Machado su X. Il governo, però, nega ogni responsabilità, definendo l’arresto una «montatura» dell’opposizione per guadagnare consensi.
Machado, costretta da mesi alla clandestinità, si è mostrata in pubblico sfidando apertamente il mandato d’arresto a suo carico. «Il coraggioso popolo venezuelano ha dimostrato come si vince la paura», ha dichiarato, ringraziando chi è sceso in piazza per sostenere la sua causa. Tra questi, anche l’oppositore in esilio Edmundo Gonzalez, riconosciuto da numerosi Paesi come il legittimo vincitore delle elezioni presidenziali del luglio scorso.
La comunità internazionale condanna Maduro
Le reazioni internazionali non si sono fatte attendere. Roberta Metsola, presidente dell’Europarlamento, lancia il suo monito: «Maduro dovrebbe affrontare la giustizia, non prestare un giuramento illegittimo. La libertà deve prevalere», sentenzia la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola.
Anche Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento Europeo, esprime solidarietà alla Machado e condanna ancora i soprusi del regime. «Maduro deve dimettersi, riconoscere la vittoria di Gonzalez e consentire una transizione democratica. Forza Maria Corina, siamo con te!». Fa eco Nicola Procaccini, co-presidente del Gruppo Ecr al Parlamento europeo, che aggiunge: «Al Venezuela e alla sua gente, oppressa e impoverita da un quarto di secolo di chavismo, va restituita la possibilità di decidere liberamente del proprio futuro».
Diritti umani violati e proteste soffocate
Settemila dimostranti si sono riuniti ieri a Caracas, affermano alcuni testimoni, per contestare i crimini imputati al leader privo di legittimità. La risposta delle autorità è giunta puntuale: l’organizzazione Ong Foro Penal segnala almeno 17 arresti. «Non ho paura, l’ho persa molto tempo fa», affermava Neglis Payares, 70 anni, ex dipendente della banca centrale, stringendo le fila con altri critici nella zona occidentale della città.
Maduro, in carica dal 2013, conserva l’appoggio dell’esercito e dell’intelligence, controllati da fedelissimi. Tuttavia, la mobilitazione non si è limitata alla capitale. A Maracaibo, le forze di sicurezza hanno lanciato gas lacrimogeni contro la folla, mentre altre iniziative si sono registrate a Valencia, San Cristobal e Puerto Ordaz. Nel frattempo, il partito presidenziale ha organizzato marce rivali in tutto il Paese, trasmesse dalla televisione di Stato per rafforzare la narrativa comunista.
Gonzalez: «Tornerò in Venezuela»
Gonzalez, in esilio da settembre, è pronto a tornare nel Paese per affrontare Maduro. «Non abbiamo paura. Ai mercenari del regime dico: non giocate col fuoco», l’avvertimento del leader da Santo Domingo. Nonostante un mandato d’arresto, Gonzalez ha continuato il suo tour internazionale per raccogliere supporto contro quello che definisce «un regime illegittimo».