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“Audaci e sportive”: in mostra a Venezia le donne e la moda durante il fascismo
“Audaci e sportive. Le donne nelle riviste 1922 – 1945”. Si intitola così la mostra in corso a Venezia dedicata a vari aspetti dell’universo femminile italiano negli anni Venti, Trenta e Quaranta del Novecento. Curata da Elena Pala ed Emanuela Scarpellini, in collaborazione con il Centro interdipartimentale MIC Moda Immagine Consumi dell’Università degli Studi di Milano, l’esposizione propone tre percorsi tematici – “Tra moda e autarchia”, “In movimento” e “In uniforme” – nei quali il visitatore può accostarsi alla figura della donna nelle varie fasi del regime mussoliniano.
L’idea alla base dell’interessante iniziativa, infatti, è quella di fare luce su un aspetto tutt’altro che secondario della storia del nostro Paese: quello dell’immagine femminile durante il fascismo. Un’idea nata – si legge sul sito del comune di Venezia per presentare l’esposizione – “nell’ambito dei cosiddetti fashion studies che, nella fattispecie, intreccia storia del costume, storia di genere e storia politico-sociale”. Frutto della collaborazione tra la Biblioteca Nazionale Marciana e la Fondazione Casa di Oriani (Ravenna) nell’ottica della valorizzazione delle rispettive collezioni bibliografiche e documentarie, anche con la collaborazione di altri soggetti pubblici e privati, l’esposizione è stata inaugurata lo scorso 29 novembre ed è in corso di svolgimento presso le Sale monumentali della Biblioteca Nazionale Marciana, in piazza San Marco (sarà visitabile fino al 28 febbraio).
Chi andrà a vederla potrà ammirare non solo una consistente mole di riviste e pubblicazioni, ma anche vario materiale a tema proveniente da istituzioni e collezioni private come fotografie (molte delle quali inedite), documenti, oggetti di uso quotidiano, capi di abbigliamento, tessuti e divise. Da tutto questo emergono, oltre ad uno spaccato di storia del nostro Paese, una serie di figure e tipi di donna che, ognuna a suo modo, ha costruito il proprio percorso di affermazione e di vita, rappresentando un elemento importante di passaggio anche per quante sarebbero venute dopo.
Ecco allora venire incontro al visitatore la donna borghese e benestante, che può permettersi di acquistare una o più delle numerose riviste patinate allora in voga (ce n’erano oltre quaranta, tra cui per esempio Grazia e Le Grandi Firme) e seguire le tendenze della moda, diventando al contempo – si legge in un articolo di venezianews.it dedicato alla mostra – “un’esperta del gusto italiano e di uno stile che deve essere modello dell’italianità più autentica”.
C’è poi la donna del popolo, che ha meno possibilità economiche e quindi segue anche lei la moda ma lo fa nel nome dell’autarchia, sfruttando allo scopo materiali anche nuovi di stretta produzione italiana (come l’orbace, le fibre di canapa e ginestra, il cafioc, ecc) per sostituire quelli provenienti dall’estero. A tali tessuti tutti nazionali, tra l’altro, nel 1941 è stata dedicata anche una importante esposizione pubblica, la Mostra del tessile e dell’abbigliamento autarchico, tenutasi a Venezia. A tale evento fu all’epoca dedicato ampio spazio sulle riviste a tema e non solo: tra le immagini più significative, la locandina disegnata da Marcello Dudovich, scelta come immagine rappresentativa anche di “Audaci e sportive”.
Tornando agli esempi di donne che la mostra in corso ci propone, emerge di prepotenza quella sportiva, sana e attiva ma senza rinunciare alla bellezza, che incarna il modello di “italiana nuova” propugnato dal fascismo. Una donna che, in seguito alla “Carta dello sport” emanata nel 1928, ha finalmente accesso a tutte le competizioni agonistiche, anche quelle considerate in precedenza di stretta pertinenza maschile. Una donna vincente ed elegante, come le atlete italiane che hanno partecipato con ottimi risultati ai mondiali di sci di Cortina del 1941, che sfoggiano un abbigliamento pratico ma al contempo elegante e raffinato.
A chiudere la carrellata, infine, c’è la donna in divisa. Quella che secondo i dettami del fascismo viene indossata anche dalle bambine (è esposta un’uniforme di “Piccola italiana”) e, in seguito, da quante scelsero di arruolarsi volontarie nel Servizio Ausiliario Femminile (nella mostra è possibile ammirare una divisa completa composta da camicia, giubba con gladi, gonna, basco con fregio). Donne, queste, che per il loro schierarsi subirono, dopo la sconfitta nella Seconda guerra mondiale, indicibili torture. In parallelo a loro ci sono le partigiane, che – spiega la scheda illustrativa della mostra – “non hanno uniformi da ostentare e indossano piuttosto una divisa morale, insofferenti dell’armatura di regime in cui le ha ingabbiate il fascismo”.