Caso Almasri, il rilascio dovuto a un vizio di procedura, ma la sinistra se la prende col governo

23 Gen 2025 14:10 - di Sveva Ferri
almasri sinistra

Divise su tutto, le opposizioni hanno trovato il loro ultimo effimero collante nel caso della scarcerazione del generale libico Osama Alamsri Njeem, arrestato a Torino per un mandato di cattura emesso dalla Corte penale internazionale, rilasciato a causa di un vizio di procedura nelle fasi dell’arresto e poi espulso su ordine del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Almasri è accusato di torture nel carcere libico di Mittiga che dirigeva. Proprio Piantedosi la prossima settimana riferirà in Aula, sulla scorta delle richieste della sinistra di chiarimenti da parte del governo. Ma per loro non basta: “Il caso è grave, a parlare deve essere Meloni”, è la tesi delle forze di opposizione, che sono perfino riuscite a produrre un atto unitario: una lettera alla Camera in cui, chiedendo l’intervento del premier, scrivono che «ne va della dignità della nazione».

La sinistra ha trovato un nuovo collante: il caso Alamsri

È interessante notare come a sinistra il tema della difesa dell’interesse nazionale diventi centrale solo quando serve ad alimentare polemiche contro la Nazione, magari con una sponda esterna. È un po’ la replica di quanto visto di recente sulla questione di quelle che hanno considerato intollerabili «ingerenze» di Musk, ricavandone però articolati promemoria sulle distrazioni da cui erano stati affetti in passato. Anche in questo caso non manca il risvolto internazionale: la Cpi ha lamentato in una nota che il rilascio è avvenuto senza che fosse preavvisata o consultata.

Il generale libico rilasciato per un vizio di procedura

Il problema della vicenda Almasri, però, è che a non essere stato consultato è stato prima di tutto il ministero della Giustizia, che ha competenza esclusiva sugli arresti ordinati dalla Cpi. Tanto che non un organo politico, ma la Corte d’Appello di Roma, accogliendo una richiesta del Procuratore generale, ha ordinato la scarcerazione del libico, definendo il fermo «irrituale» secondo le procedure che regolano i rapporti tra Stato italiano e Cpi e interessando poi il ministero della Giustizia. Ma Almasri era stato già raggiunto da un ordine di espulsione immediata, così come i suoi tre connazionali fermati con lui.

Tajani: «I vizi di procedura rendono nulli gli atti»

«Esiste la procedura penale, quando ci sono dei vizi di procedura poi gli atti diventano nulli. Se c’è stato un errore, quell’errore ha poi delle conseguenze», ha chiarito il ministro degli Esteri Antonio Tajani, rispondendo alle domande dei cronisti sul caso. «Il governo risponderà da oggi nelle sedi opportune, figuriamoci se posso anticipare. Mancherei di rispetto alle istituzioni», ha chiarito poi il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano.

Il nodo delle comunicazioni al ministero della Giustizia

Da cosa nasce, dunque, il «caso di gravità inaudita» di cui va parlando la sinistra? Essenzialmente dall’esigenza politica dell’opposizione di trovare un collante, arrivando anche a insinuarsi nelle pieghe di una vicenda proceduralmente complicata e che si è giocata su una questione di ore. L’unico appiglio per alimentare lo scenario della decisione politica, su sfondo di intrigo internazionale, infatti, riguarda la tempistica della trasmissione di informazioni tra organi giudiziari e ministeri, rispetto alla quale allo stato attuale c’è l’unica certezza che la comunicazione al ministero non è stata tempestiva come avrebbe dovuto: Almasri viene arrestato la notte tra sabato e domenica 19, il ministero riceve comunicazione il 21. Intanto Almasri viene raggiunto dal decreto di espulsione, eseguito immediatamente alla luce della sua pericolosità.

Quello che non torna nei tempi del mandato di cattura dell’Aja

C’è però anche un’altra tempistica che andrebbe chiarita e che invece sembra sfuggire ai radar complottisti della sinistra: la richiesta di arresto internazionale da parte del Procuratore della Corte penale internazionale risale ai primi di ottobre, la Corte però lo emette solo il 18 gennaio, quando Almasri in Germania richiede il noleggio di un’auto da poter poi restituire a Fiumicino e, soprattutto, dopo aver girato indisturbato per 12 giorni tra Londra, Bruxelles, Bonn e Monaco. Perché, è la domanda che si sono fatti molti in queste ore, L’Aja ha atteso tanto per muoversi? Ed è una casualità che questo sia avvenuto quando Almasri stava prendendo la via dell’Italia? Il vero intrigo internazionale, se proprio ci si vuole esercitare su questo tema, forse andrebbe cercato qui e non altrove. Ma questo non sarebbe funzionale alle polemiche contro il governo.

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