![Joan Plowright Joan Plowright](https://www.secoloditalia.it/files/2025/01/Joan-Plowright.jpg)
È morta Joan Plowright, “lady Olivier” e dama del teatro che stregò i grandi del cinema, Zeffirelli compreso (video)
Con il suo addio si ricostituisce idealmente nella dimensione dell’eternità della fama la coppia reale del teatro britannico: si è spenta ieri, all’età di 95 anni, Joan Plowright, una delle più acclamate star britanniche del palcoscenico e dello schermo e vedova di Sir Laurence Olivier.
Addio Joan Plowright, leggenda della recitazione
L’attrice è morta nella casa di riposo per attori Denville Hall a Northwood, nel distretto di Londra. L’annuncio della scomparsa, avvenuta giovedì 16 gennaio, è stato dato dalla famiglia con un comunicato che nel dare la triste notizia, scrive: «È con grande tristezza che la famiglia di Dame Joan Plowright, Lady Olivier, informa che si è spenta serenamente circondata dalla sua famiglia – si legge nel testo del comunicato –. Ha avuto una lunga e illustre carriera teatrale, cinematografica e televisiva per sette decenni, fino a quando la cecità l’ha costretta a ritirarsi. Ha trascorso i suoi ultimi 10 anni nel Sussex, con visite costanti da parte di amici e familiari, piene di risate e bei ricordi».
Vedova di Laurence Olivier, fu candidata all’Oscar per “Un incantevole aprile”
Leggenda del teatro inglese, vedova di Laurence Olivier, interprete raffinata capace di prestarsi a film in costume e racconti di ampio respiro e di ricostruzione storica, e candidata all’Oscar per Un incantevole aprile Mike Newell, Joan Plowright ha lavorato con i più grandi maestri di sempre, da Zeffirelli a Peter Greenaway, da Sidney Lumet a James Ivory, passando per John Huston e fino a Lawrence Kasdan. Sempre accreditandosi tra successi di pubblico e riconoscimenti della critica, come una delle più autorevoli attrici britanniche del Novecento.
Joan Plowright, talento e versatilità la cifre della sua classe istrionica
Un’interprete apprezzata per talento e versatilità, amata per profondità d’ispirazione e piglio istrionico, al secolo Lady Olivier in virtù di un solido matrimonio con l’attore e regista inglese Laurence Olivier (1907-1989), un mostro sacro della settima arte, che Joan sposò nel 1961 dopo aver recitato in teatro al suo fianco nel ruolo della figlia in The Entertainer di John Osborne e divenne un membro di spicco del National Theatre.
Un curriculum blasonato costellato di premi e riconoscimenti
Vincitrice di due Golden Globe (nello stesso anno: il 1992), un Tony Award e Laurence Olivier Award. Candidata all’Oscar, all’Emmy e a due Bafta, Joan Plowright è stata soprattutto una colonna del teatro classico, ma ha lasciato comunque il segno anche sul grande schermo. Nata a Brigg (North Lincolnshire) il 28 ottobre 1929, figlia di un giornalista, dopo aver studiato recitazione all’Old Vic Theatre School, Joan Plowright debuttò in teatro nel 1948, per poi affermarsi sui palcoscenici nel 1956 con La moglie di campagna di William Wycherley, in cui ebbe la prima parte da protagonista.
Sulla ribalta da Shakespeare a Eduardo De Filippo
Nel 1957, come già anticipato, lavorò in The entertainer insieme a Olivier, con il quale da allora formò la “coppia reale” del teatro britannico, pur collezionando anche numerosi successi personali con le interpretazioni di opere di G.B. Shaw, William Shakespeare e di Filumena Marturano di Eduardo De Filippo. Un curriculum blasonatissimo, il suo, che la Plowright ha aggiornato e accreditato nel tempo, confermandosi tra le maggiori interpreti teatrali della sua generazione, in grado di spaziare dai testi classici a quelli moderni.
Joan Plowright alla conquista del cinema
Nel cinema invece l’attrice esordì con piccoli ruoli in Moby Dick, la balena bianca (1956) di John Huston e L’alibi dell’ultima ora (1956) di Joseph Losey, cui fecero seguito, per circa altri 15 anni rare apparizioni: tre direttamente legate alla sua attività teatrale, tra cui la più importante in Gli sfasati (1960) di Tony Richardson, oltre a due film tratti dalle commedie di Anton Cechov Zio Vanja (1963) di Stuart Burge e Tre sorelle (1970 di Olivier, alle quali si aggiunse Equus (1977) di Sidney Lumet.
Il gusto per l’umorismo e la caricatura
Il decennio degli Ottanta sarebbe stato invece il periodo della sua riconversione cinematografica: la fase artistica in cui l’attrice britannica si sarebbe rivelata una caratterista di grande qualità anche per il cinema, grazie alle sue doti drammatiche ma anche a un accentuato gusto per l’umorismo e la caricatura. Così, dopo parti minori in Britannia Hospital (1982) di Lindsay Anderson e Le due facce del male (1982) di Richard Loncraine, nel 1988 Joan Plowright è stata tra i protagonisti di La sarta di Jim O’Brien e Giochi nell’acqua di Peter Greenaway, dove il suo personaggio bonario appare soffuso di umorismo nero.
Sul set coi più registi
Nel frattempo anche Hollywood si era accorta di lei, e dopo Revolution (1985) di Hugh Hudson, nel 1990 le sono state offerte due grandi occasioni che le hanno dato modo di esibirsi in irresistibili ruoli: la mamma ebrea in Avalon di Barry Levinson e quella iugoslava in Ti amerò… fino ad ammazzarti di Lawrence Kasdan.
Innegabili doto autoironiche
Da quel momento, che ha coinciso con la morte di Olivier (1989), l’attrice ha diradato le apparizioni teatrali e intensificato quelle cinematografiche e televisive. Oltre a cimentarsi in ruoli comici, in cui ha messo in evidenza le sue doti autoironiche. Come in Dennis la minaccia (1993) di Nick Castle, in Last action hero–L’ultimo grande eroe (1993) di John McTiernan, in cui è un’insegnante che tenta di interessare i suoi allievi a Shakespeare mostrando loro una sequenza di Amleto (1948) di Laurence Olivier. O ancora, come in Un ciclone in casa (2003) di Adam Shankman…
Tra poliedricità e mestiere
E da un ruolo a un altro, da un registro a quello opposto, l’eclettica Joan Plowright è stata anche interprete di film in costume in cui è stata mirabilmente capace di rendere le sfumature dei suoi personaggi. Come testimonia, tra i tanti titoli, Un incantevole aprile (1991) di Mike Newell, film che le valse la nomination all’Oscar come migliore attrice non protagonista.
Una carriera rigenerata ciclicamente
Una carriera che si è continuamente rigenerata rivitalizzando caratterizzazioni e interpretazioni, la sua, che l’attrice ha reso sempre ad altissimi livelli, qualunque fosse la sceneggiatura. Il ruolo. O il regista chiamato a dirigerla. Perché è sempre con maestria e sensibilità che la Plowright ha vissuto set e palcoscenico, anche negli Anni Novanta. Sia che recitasse in Tre vedove e un delitto (1994) di John Irvin, o ne La lettera scarlatta (1994) di Roland Joffé. E sia che prestasse vis istrionica e vigore interpretativo al personaggio affidatole in Surviving Picasso (1996) di James Ivory. In Jane Eyre (1995). O in Un tè con Mussolini (1999) o Callas forever (2002).
L’autobiografia di Joan Plowright
Questi ultimi tre film diretti da Franco Zeffirelli. Gli ultimi film a cui ha preso parte sono stati Spiderwick-Le cronache (2008) di Mark Waters e Knife Edge-In punta di lama (2009) di Anthony Hickox. Nel 2001, infine, esce la sua autobiografia dal titolo “And that’s not all“. Titolo emblematico che vale più che mai oggi nel giorno del commiato della leggendaria attrice dalle scene della vita…
Da Youtube un video-tributo per i 90 anni della leggendaria attrice