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Il sinistro caso di Antonio Recati: 6 sabotaggi ai treni, un attentato ai carabinieri. “Ma non è terrorismo”
Rimane in carcere Antonio Recati, il 30enne estremista di sinistra di Prato accusato dell’attentato incendiario alla caserma dei carabinieri di Borgo San Lorenzo, al Mugello, avvenuto la notte del 13 gennaio. Il gip del Tribunale di Firenze, Angela Fantechi, ha confermato la detenzione di Recati in carcere per il pericolo di reiterazione di reati. Il magistrato ha escluso l’aggravante del terrorismo. L’attentato ha avuto finalità politica, dice la giudice, ma non risulta accertata in modo convincente la finalità terroristica e pertanto non ha convalidato il fermo. Ha invece chiesto al carcere di Sollicciano, dove il 30enne è detenuto, l’osservazione psichiatrica e l’alta sorveglianza. Su sollecitazione dei difensori, Recati sarà quindi sottoposto a controlli medici.
Col braccialetto elettronico ha attentato alla caserma dei carabinieri del Mugello
Il trentenne, nonostante si trovasse agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, aveva compiuto l’attentato incendiario alla caserma dei carabinieri di Borgo San Lorenzo (Firenze), in Mugello, alle prime ore del mattino del 13 gennaio, danneggiando il portone d’ingresso. Il giovane è stato fermato due giorni dopo su ordine della Procura distrettuale di Firenze dai militari del Ros e dai carabinieri del comando provinciale di Firenze poiché c’era il pericolo di fuga.
Antonio Recati è un volto noto del movimento antagonista
Il 30enne anarchico era già stato arrestato dalla polizia, su ordine della Procura di Firenze, nel gennaio 2023 in quanto indiziato di essere l’autore di sei attentati realizzati in un periodo compreso tra il 28 agosto ed il 28 dicembre 2022 contro la linea ferroviaria ad alta velocità che collega Firenze a Bologna, nei tratti passanti dalle località di San Piero a Sieve e Firenzuola. Nel marzo scorso era stato condannato per quegli stessi attentati contro la sicurezza del trasporto ferroviario sulla linea dell’alta velocità a due anni di reclusione: i giudici avevano esclusa l’aggravante del terrorismo ed era finito agli arresti domiciliari con il controllo elettronico.
Secondo quanto ricostruito dal procuratore capo di Firenze, Filippo Spiezia, il 30enne, intorno alle ore 2 circa di lunedì 13 gennaio, con il viso parzialmente travisato dal cappuccio del giubbotto, si è avvicinato al portone della caserma, ha estratto da una capiente busta un contenitore colmo di liquido altamente infiammabile, avvolto da una felpa intrisa del medesimo liquido e, dopo aver appiccato l’incendio, si è allontanato a piedi per le vie limitrofe facendo perdere le proprie tracce. Solo il provvidenziale intervento di alcuni militari presenti nella caserma – accortisi delle fiamme che avevano già completamente avvolto l’ingresso e con l’uso di estintori – ha consentiti di domare le fiamme scongiurando più gravi conseguenze.
Il braccialetto elettronico manomesso 69 volte
Secondo la ricostruzione dei carabinieri, così come riporta Il Tirreno, Antonio Recati ha usato l’auto intestata alla madre, una Dacia Duster, per arrivare davanti alla caserma dei carabinieri. Prima di arrivare a Borgo San Lorenzo, si è fermato a un distributore di Barberino di Mugello, che è gestito proprio dalla madre e dove lui stesso in passato ha lavorato. Quindi è ripartito per Borgo San Lorenzo dove ha piazzato il pacco infiammabile.
In quel momento, il 30enne avrebbe dovuto trovarsi agli arresti domiciliari col braccialetto elettronico perché indagato per altri due danneggiamenti alla linea ferroviaria dell’alta velocità, ma l’allarme non è scattato. Secondo gli inquirenti il braccialetto è stato manomesso. Dallo scorso mese di luglio, i carabinieri sono intervenuti addirittura 69 volte nell’abitazione di Recati per il malfunzionamento del braccialetto, che è stato sostituito per cinque volte. Secondo un consulente tecnico, sarebbe stato lo stesso Recati a manomettere il dispositivo, forse per costruirsi un alibi. La notte dell’incendio infatti l’allarme non ha suonato ma il consulente ha trovato tracce di colla, come se il dispositivo fosse stato staccato e poi riattaccato.