Jean-Marie Le Pen e il dolore di Marine: “La politica ci ha divisi…”. E per la prima volta lo chiama papà
Un silenzio rispettoso, emozioni contrastanti e una confessione inedita: Marine Le Pen, dopo la morte di suo padre, Jean-Marie Le Pen, scomparso a 96 anni lo scorso 7 gennaio, è uscita da uno stretto riserbo dopo giorni difficili. Il fondatore del Front National, figura tanto divisiva quanto emblematica della vera destra francese, lascia ora una scia di interrogativi che risuonano nella politica d’Oltralpe. E per Marine, il confronto con il passato si trasforma in un faccia a faccia con le sue scelte.
Un’eredità ingombrante e la scelta dolorosa di Marine Le Pen
«Non mi perdonerò mai quella decisione, perché so che gli ha causato un dolore immenso», dice Marine Le Pen tornando su uno dei momenti più difficili della sua vita politica e familiare: l’espulsione del padre dal partito da lui co-fondato nel 1972. Era il 2015, e Jean-Marie Le Pen, già presidente onorario del Front National, si era reso protagonista dell’ennesima provocazione pubblica, definendo l’occupazione tedesca in Francia «non particolarmente disumana» e sferrando un’offesa a Patrick Bruel, noto cantante ebreo. Per la figlia prediletta, ormai a guida del partito, fu il punto di rottura.
«Fu una delle decisioni più difficili della mia vita», ammette nell’intervista esclusiva al Journal du Dimanche. «A un certo punto, ho dovuto dire basta. Non si può dare speranza a un popolo costringendolo a convivere con una spada di Damocle sopra la testa». Con quell’atto, l’astro nascente della Droite française diede il via alla fase di dé-diabolisation del Fn, un’operazione politica che mirava a trasformare l’immagine del partito, rendendolo appetibile a un elettorato più ampio. Una strategia che si è rivelata vincente, guardando ai risultati dell’odierno Rassemblement National ma che ha lasciato ferite insanabili tra padre e figlia.
Marine: “Papà, non il politico”
Nell’intervista, Marine rompe il consueto distacco con cui si è sempre riferita a Jean-Marie, chiamandolo «papà» per la prima volta in pubblico. «La politica ci ha sempre portato via nostro padre. Ci ha tolto tutto». Un’accusa, un rimprovero, ma anche e una lucida consapevolezza: «È finita questa storia, non lo vedo più come un politico, è mio padre».
Un figura paterna che lei stessa definisce «un visionario», non solo in tema di immigrazione, ma su molti altri argomenti. Un uomo capace di sfiorare l’Eliseo nel 2002, ma anche di attaccare senza filtri i suoi avversari. Marine, nel suo elogio postumo, distingue l’uomo dal politico: «Su 80 anni di vita politica, a meno che non siate una sorta di ectoplasma sarkozysta o socialista, è inevitabile che ci siano temi che suscitano polemiche».
La sinistra che esulta dopo la morte di Jean Marie “è il sintomo di un imbarbarimento”
Dopo un funerale per pochi intimi a La-Trinité-sur-Mer, la leader del Rn ha dovuto affrontare non solo il proprio cordoglio, ma anche le reazioni polarizzanti alla morte del “Menhir“, come Jean-Marie Le Pen era soprannominato. Da un lato, l’omaggio di avversari politici; dall’altro, i cortei degli sciacalli rossi che hanno festeggiato con champagne tragico annuncio.
«È il sintomo di un imbarbarimento», commenta Marine. «Quando non si rispetta la vita, come fanno i delinquenti, non si rispetta nemmeno la morte. Il rispetto della vita va di pari passo con quello della morte. Non rispettare la morte significa allontanarsi dalla civiltà come l’hanno costruita i nostri antenati e le generazioni precedenti», conclude.