La rabbia del papà di Ramy dopo gli scontri. Ai violenti: “Non usate il nome di mio figlio come alibi”

13 Gen 2025 9:42 - di Eugenio Battisti

È arrabbiato per la violenza gratuita che si è scatenata nel nome di suo figlio. Il papà di Ramy torna a chiedere ai manifestanti, antagonisti e centri sociali, che hanno messo a ferro e fuoco Bologna e Roma, di fermarsi.  Yehia Elgaml, 61enne egiziano, da quasi venti in Italia, si rivolge ai violenti. “A loro dico che va bene chiedere verità e giustizia per Ramy. Ma, per favore, non fate casino, né cose brutte. Fate manifestazioni con calma, nelle quali si cammina e basta, fate iniziative pacifiche”. A poche ore dagli scontri e il ferimento degli agenti, la famiglia del diciannovenne morto a seguito di un inseguimento con la polizia dopo aver violato un posto di blocco, condanna con forza gli atti di violenza.

Il papà di Ramy ai violenti: fermatevi, non usate il nome di mio figlio

“Condanniamo  le violenze e gli episodi di vandalismo. Lo abbiamo fatto nei giorni successivi alla morte di Ramy, e ripetiamo l’appello ancora oggi. Basta casino, basta violenze. Noi crediamo che la memoria di Ramy debba essere un simbolo di unità, non di divisione o di distruzione. Perché Ramy non era così”. E ancora: “Siamo profondamente rattristati e preoccupati nel vedere che il nome di nostro figlio viene usato come scusa per atti di violenza”, spiega il papà del diciannovenne intervistato da diversi quotidiani. “C’è qualche carabiniere sbagliato, ma gli altri — tanti altri — sono bravi. E io ho fiducia in loro. Come ho sempre avuto fiducia nella giustizia e nella magistratura italiana. Per questo motivo torno a chiedere a chi vuole manifestare per chiedere verità e giustizia per Ramy, in qualunque città, di non fare casino contro le forze di polizia, che lavorano per garantire la sicurezza di tutti noi”.

La condanna della violenza e la solidarietà agli agenti

E ancora: “Per noi la perdita di Ramy è un dolore indescrivibile. E vogliamo solo giustizia e verità. E vorrei che tutti si unissero a noi in questa ricerca, Senza odio, divisioni o violenza. Sono fiducioso, perché credo nella giustizia italiana. Vivo qui, in questo Paese, e mi piace l’Italia. Ho fiducia nel nostro presidente Sergio Mattarella, che è il presidente di tutti noi, sia italiani che immigrati”. Inizialmente gli appelli alla non violenza di Yehia Elgaml avevano contribuito a calmare le proteste che per tre notti avevano infiammato il quartiere Corvetto. Poi l’escalation fino all’assalto ai commissariati,  l’attacco e il ferimento degli agenti. Anche il fratello del ragazzo ucciso, Tarek, prima di una manifestazione a Milano aveva chiarito che se ci fossero stati disordini se ne sarebbe subito andato, perché “così non si risolve niente”.

“Sono arrabbiato per gli scontri, noi vogliamo solo giustizia”

La famiglia di Ramy ripete, inascoltata, che l’unico desiderio che nutre è che la giustizia segua il suo corso senza strumentalizzazioni. “Sono molto arrabbiato per quello che è accaduto”, continua il papà dopo aver visto le immagini degli scontri. “È sbagliato agire in quel modo evocando Ramy. Il messaggio da parte nostra è chiaro. Quando ci sono manifestazioni per Ramy che siano all’insegna della pace, per favore. Solo cortei tranquilli, no alle violenze, perché mio figlio voleva così. Ramy era un ragazzo pacifico. E questa esortazione non è rivolta solo a Milano, ma a tutta Italia, dove gli episodi violenti nel quali si pronuncia il nome di mio figlio sono sempre più frequenti. Volete manifestare in nome della giustizia e della verità per Ramy? Va bene, ma solo in pace”. Quella guerriglia non ha nulla a che fare con la volontà della famiglia di giungere alla verità. “Ci dissociamo da qualsiasi utilizzo politico del nome di nostro figlio”.

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *