L’analisi. Quel pasticciaccio in Sardegna che ha già spento il fuoco (di paglia) giallo-rosso
Quel pasticciaccio brutto di viale Trento, 69. A Cagliari. Dove i magistrati del Collegio regionale di garanzia elettorale della Corte d’Appello del capoluogo sardo hanno riconosciuto che Todde Alessandra, eletta Presidente della Regione Sardegna il 17 giugno 2024, non ha depositato dichiarazione di spesa e né di rendicontazione conformi alla legge. Non solo. Perché risulta che la stessa Todde non ha neanche nominato il mandatario, la nomina del quale deve ritenersi obbligatoria ai sensi della nazionale e regionale. Non risulta altresì essere stato aperto un conto corrente esclusivamente dedicato alla raccolta dei fondi elettorali, tanto meno l’asseverazione e la sottoscrizione del rendiconto da parte del mandatario e men che meno i nominativi dei soggetti che hanno erogato i finanziamenti per la campagna elettorale dalla lista dei movimenti bancari. Insomma, un bel pasticcio, che porta dritto dritto alla decadenza dalla carica del candidato eletto, la Todde appunto, e la trasmissione del provvedimento al presidente del Consiglio regionale per la procedura di competenza.
E qui bisogna essere molto chiari. Perché l’organo legislativo regionale non ha il potere di rigettare la decisione di piazza della Repubblica, ma deve semplicemente darne comunicazione ed esecuzione. Certamente, la diretta interessata ha già preannunciato che intende proseguire nel suo mandato e impugnare la decisione, ma il dado è tratto e la conseguenza una sola. Con la decadenza del Presidente della Regione decadono tutti i consiglieri e si torna a nuove elezioni. È quindi tempo di carte bollate, interpretazioni di parte e chiamate di terzi a dare opinioni più o meno obiettive. Per allungare la permanenza sulla poltrona più alta di viale Trento.
Dall’altra parte, nelle fila del centrodestra, è arrivato il momento tanto inaspettato quanto propizio di serrare le fila e prepararsi ad un nuovo confronto elettorale che è molto probabile arriverà già entro l’anno. Chi sa. È, in ogni caso, il tempo di marciare ancora di più uniti, senza divisioni, approfittando dello sbandamento che questa vicenda sta producendo in campo avverso. A cominciare dagli scranni del Pd dove a suo tempo, solo sei mesi fa, si era esultato al successo grillino, paradosso dei paradossi, ed ora incombe il silenzio. Perché quando non si sa cosa dire è meglio tacere. Importante allora che il centrodestra si faccia trovare unito, individuando un candidato forte che abbia sia il consenso del popolo che il pieno sostegno degli amici. Che qualcuno sul territorio avrebbe già individuato in Michele Cossa da Sestu, campione di preferenze – ben oltre 36.000 – nello schieramento guidato da Giorgia Meloni alle ultime elezioni europee e che ha portato all’Italia la prima legge di iniziativa popolare sulla insularità in Costituzione. Senza neanche essere eletto in Parlamento.