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L’editoriale. L’ultimo senso di colpa spinto dal mainstream? L’Italia è troppo ben “sintonizzata”…

L’editoriale. L’ultimo senso di colpa spinto dal mainstream? L’Italia è troppo ben “sintonizzata”…

L'Editoriale - di Antonio Rapisarda - 13 Gennaio 2025 - AGGIORNATO 14 Gennaio 2025 alle 10:53

Vanta un rapporto «privilegiato» con il nuovo inquilino della Casa Bianca, che vede in lei il “ponte” più solido fra le due sponde dell’Oceano. Una corrispondenza – sublimata con la consegna (da parte di lui) del Global Citizen Awards (a lei) – con l’imprenditore “spaziale” più innovativo del mondo. Una condizione di stabilità politica e progressione delle proprie politiche che rendono, sempre lei, il capo di governo «più potente» d’Europa. Tutto questo con i parametri vitali dell’economia nazionale che registrano, per l’Italia, una condizione che i maggiori partner – Francia e Germania – faticano maledettamente a rincorrere. Ecco, solo nel mondo al contrario, lì dove soggiorna gran parte del dibattito pubblico italiano, una congiuntura del genere rappresenta un «problema» per chi governa.

Avete letto bene: a sentire o a leggere il grosso degli analisti che intasano colonne di giornali e talk televisivi, i guai grossi per Giorgia Meloni sarebbero incarnati, appunto, dagli ottimi uffici con Donald Trump e Elon Musk, dal posizionamento centrale ottenuto nella Commissione europea, dalla solidità dell’alleanza di destracentro, dallo spread basso e dai conti in ordine. Davanti a una congiuntura del genere il commentatore tipo che fa? Esorcizza per caso gli spiriti anti-nazionali frutto delle superstizioni del mainstream? Macché, esorcizza le buone notizie per l’Italia con una bella “macumba”: profetizzando disastri per la premier, considerata da costoro una sorta di ganglo in Europa del fantomatico «neo-imperialismo» trumpiano e del suo braccio «tecno-feudale», il patron di SpaceX.

Una lettura strampalata del paradigma conservatore (Meloni s’è fatta da sola, eccome, e ha vinto ben due anni prima del ritorno di Trump e dell’attivismo anti-liberal di Musk), delle dinamiche bilaterali in atto (basti l’approccio tenuto da Meloni sul caso di Cecilia Sala per smontare la vulgata di un governo scodinzolante nei confronti dell’alleato di Washington) e più che dissociata rispetto a una realtà che si presenta semplicemente all’esatto opposto. L’Italia oggi è tutt’altro che nei guai. Si trova in una posizione ambita e favorevole, grazie proprio a un indirizzo politico – interpretato dalla premier – che possiede una precisa visione dell’interesse nazionale ed europeo. Rispetto anche ai rapporti oltreoceano.

Rapporti che Giorgia Meloni, a differenza degli isterismi puerili che giungono in queste settimane dall’opposizione, ha dimostrato di interpretare indipendentemente dal colore politico di chi siede alla Casa Bianca. Con un’agenda, al netto del sostegno alla causa ucraina, che anticipava in tempi non sospetti proprio le sfide che lo stesso Biden e adesso Trump hanno lanciato più o meno direttamente all’Europa: rilanciare la competitività del nostro comparto industriale (parallelo all’Inflaction reduction act americano) dopo la sbornia ideologica green; investire sull’autonomia energetica; predisporre un piano per una difesa che renda l’Ue azionista concreto e maturo del Patto Atlantico. A ciò si aggiunge il rilancio del sistema dei valori umanistici contro l’abisso antropologico che alimenta, questo sì, l’embrione di un’internazionale conservatrice.

Risultato? L’Italia esprime il governo europeo più “sintonizzato” con il proprio elettorato nonché con l’onda popolare che sta sbancando nel resto dell’Ue come è avvenuto negli Usa. Non solo. L’Italia sa badare a se stessa (lo dimostra il dibattito avanzato sull’opzione Starlink) e allo stesso tempo ha un’agenda per l’Europa: a patto che questa riconosca di non poter essere più un club gestito nell’interesse dell’asse franco-tedesco ma uno spazio vitale per lo sviluppo delle sue nazioni. È vero l’esatto contrario, dunque: Giorgia Meloni non è stretta in alcuna tenaglia. Non esiste alcun bivio “o Usa o Ue”. Esiste l’opportunità di partecipare – non certo da spettatrice – alla rigenerazione dell’intero sistema europeo ed occidentale entrato in crisi disperata per l’autoreferenzialità delle sinistre e per i tanti cedimenti all’ottimismo globalista. È questa “sintonia” l’incubo del mainstream: ciò che per loro è un problema, per l’Italia è un’occasione. Sarà perché per loro, e solo per loro, sta suonando la campana. Finalmente.

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di Antonio Rapisarda - 13 Gennaio 2025