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«L’Italia è tornata»: Fidanza da Washington rivendica il ruolo di Meloni. E punge la sinistra
«Il dato vero oggi è che la credibilità di Giorgia Meloni e la stabilità del nostro governo danno al mondo un messaggio forte e chiaro: l’Italia è tornata». A dirlo è il capodelegazione di FdI al Parlamento europeo, Carlo Fidanza, che in queste ore si trova a Washington per la cerimonia di insediamento di Donald Trump, parlando del ruolo che il premier ha saputo dare al Paese a livello internazionale. Fidanza è stato di recente nominato vicepresidente di Ecr, insieme alla francese Marion Maréchal e al rumeno George Simion, anche loro nella Capitale Usa, così come il segretario generale dei Conservatori europei e deputato di FdI, Antonio Giordano.
Fidanza a Washington con Meloni: «L’Italia è tornata»
«Coltivare un rapporto privilegiato con la nuova amministrazione Usa, fondato sulla sintonia politica e personale ma anche su interessi geopolitici convergenti, a partire dal rinnovato protagonismo italiano in Africa e Mediterraneo» è, ha spiegato ancora Fidanza in un’intervista al Tempo, il significato politico della presenza della premier, unica leader europea, alla cerimonia.
Il legame storico tra Conservatori europei e repubblicani
Ma l’occasione, oltre che sul piano istituzionale, rappresenta anche un’opportunità su quello più strettamente politico, in termini di rapporti tra conservatori a livello globale, vista anche la presenza del presidente argentino Javier Milei e del polacco Mateusz Morawiecki, che ha raccolto il testimone di Giorgia Meloni come presidente di Ecr. Non si tratta di «un’internazionale conservatrice» tra le due sponde dell’Atlantico, ma, ha chiarito Fidanza rispondendo a una domanda di Dario Martini, che firma l’intervista, «la definirei piuttosto una rete di rapporti importanti, come quello che storicamente unisce i Conservatori europei, che Meloni ha guidato fino a pochi giorni fa, ai Repubblicani americani».
«Ed è bello vedere nuovi leader conservatori affermarsi in giro per il mondo, ciascuno con le proprie sensibilità e specificità nazionali, ma uniti da valori comuni». Un’intesa che, a livello di Parlamento europeo, si può estendere anche al gruppo dei Patrioti. «Già da tempo votiamo insieme su molti temi, altrettanto spesso votiamo con il Ppe, proviamo a fare da cerniera. Abbiamo elettorati simili che si aspettano risposte forti, a partire da immigrazione e transizione green», ha spiegato Fidanza.
L’occasione offerta all’Europa dalla presidenza Trump
Rispetto al fatto che l’accelerazione annunciata da Trump sul tema dell’immigrazione possa avere un impatto anche sulle politiche europee, Fidanza ha ricordato che «senza l’azione decisa di Giorgia Meloni, in Ue staremmo ancora parlando di fallimentari ricollocamenti, non avremmo avuto l’accordo Ue-Tunisia e la riduzione del 60% degli sbarchi. Ora l’Europa deve accelerare sul rimpatrio dei clandestini. Esattamente come farà Trump». Discorso simile sulle politiche industriali e il Green deal che le investe. «La presidenza Trump ci offre la grande occasione di riallineare le nostre scelte economiche e industriali verso l’Atlantico, interrompendo la folle corsa a fare favori alla Cina. Ed è esattamente questo – ha sottolineato Fidanza – il motivo per cui i Prodi di turno, i membri del partito cinese europeo in servizio permanente, si agitano tanto».
Fidanza smonta gli allarmi della sinistra: «È ancora tramortita…»
Quanto ai pronostici della sinistra sul fatto la presidenza Trump rappresenterà un problema per l’Europa e non solo, l’esponente di FdI ha ricordato che «la sinistra è ancora tramortita. Trump alza il tiro per negoziare da posizioni migliori, lo sta facendo con Messico e Canada e lo farà con l’Ue. Su Groenlandia e Panama pone temi che riguardano anche la nostra sicurezza: l’attivismo russo-cinese nell’Artico e il controllo di Pechino sulle infrastrutture strategiche». Per quanto riguarda, infine, gli scenari di crisi e la possibilità che, dopo la tregua in Medio Oriente, si possa giungere a qualcosa di simile anche per l’Ucraina, Fidanza ha spiegato che «certamente questo è l’auspicio. In Medio Oriente Trump ha influito eccome, affiancando un suo incaricato a quello di Biden e supportando l’azione decisiva di Qatar ed Egitto. Ora bisogna stabilizzare la tregua e lavorare a nuovi “Accordi di Abramo” tra Israele e paesi arabi, uno dei grandi successi della prima presidenza Trump».