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Marito condannato per l’inferno di divieti inferto alla moglie: vietati pigiama la domenica, spuntini e strafalcioni
Le regole erano stringenti. Ferree. Imprescindibili. Una serie di indicazioni, precetti, e dettagliate istruzioni per l’uso con divieti annessi a cui la malcapitata moglie dell’uomo condannato a tre anni di reclusione (sostituiti in detenzione domiciliare) per stalking, maltrattamenti, danneggiamento e accesso abusivo alla mail della ex consorte, doveva rigorosamente sottostare. Sì, perché in quella casa diventata una caserma vigeva quasi un regime, basato su regole stringenti imposte dal marito. E ad ogni trasgressione, ogni minima inadempienza o esplicita violazione, seguiva immediatamente un’umiliazione punitiva.
Torino, l’inferno di una moglie e i divieti del marito che impone regole umilianti
Ed è in quest’atmosfera opprimente che ha vissuto per quelli che sembrano oggi “interminabili” anni una donna, vittima dei soprusi del marito, un manager del Torinese, che il 10 settembre scorso è stato condannato a tre anni di reclusione, sostituiti poi dalla misura della detenzione domiciliare, sancita in seguito alle accuse di stalking, maltrattamenti, danneggiamento e accesso abusivo alla mail della ex. Insomma, l’uomo aveva imposto alla moglie una serie di “regole” cui la donna ha dovuto a lungo, suo malgrado, adeguarsi e sottostare. E che pur nella loro apparente “banalità”, avevano «reso la vita di coppia fonte di sofferenza» scrive il Corriere della sera, tra gli altri, sulla vicenda.
L’uomo condannato a 3 anni: dai divieti del marito al processo, fino alla condanna
Una vicenda che, se non fosse per i risvolti chiaramente drammatici a cui sottende, potrebbe essere interpretata come paradossale e grottesca. Eppure, non è certo in questi termini che l’ha vissuto la donna vittima delle restrizioni imposte dal coniuge trasformatosi in aguzzino. Un atteggiamento, quello dell’uomo, descritto come «controllante, umiliante e aggressivo» durante e dopo il matrimonio, che ha portato a diverse denunce, al processo e alla condanna.
«Niente pigiama la domenica, vin brulé e zabaione vietati» categoricamente
Non per niente, nelle motivazioni del tribunale di Torino, firmate dal giudice estensore Milena Chiara Lombardo, c’è un lungo elenco di divieti che per anni hanno reso la vita impossibile a questa donna. Imposizioni che vanno dal «divieto di bere il vin brulé o di mangiare lo zabaione d’inverno», in quanto considerati «un atteggiamento da vecchi», all’assoluta proibizione di stare in pigiama in casa la domenica in quanto ritenuto un «segno di pigrizia». Così come erano finiti all’indice il fatto di «sprecare le briciole quando si spezza il pane, o appoggiare i gomiti sul tavolo».
Come sbucciare il salame e niente liquore nel gelato. E mentre lui lavava i piatti…
Ma non era ancora sufficiente. Secondo il marito censore , anche il modo in cui la moglie sbucciava il salame non era “consono”, perché foriero di sprechi. Almeno quanto mettere il liquore nel gelato. O sedersi sul divano la sera a riposare, mentre il marito lavava i piatti: «Unica attività domestica di cui l’uomo si occupava, perché non voleva acquistare una lavastoviglie».
Tra i divieti del marito niente spuntini e strafalcioni di grammatica…
Poteva bastare allora? Neanche per sogno: e allora giù con continue umiliazioni e offese di bassa lega sul fatto che la moglie fosse “grassa”, motivo all’origine di un ennesimo divieto: quello decretato sugli spuntini tra pranzo e cena. Inoltre, segnala a riguardo il Tgcom24, «continue erano le correzioni, da parte dell’uomo, sul modo in cui (la moglie ndr) parlava e sulla conoscenza della grammatica italiana».
Divieti e maltrattamenti sfociati nelle percosse?
Insomma, un inferno domestico inferto dal marito e che, secondo il tribunale – e quanto riporta Sky Tg24 – tratteggiano «l’atteggiamento controllante, umiliante e aggressivo» dell’uomo e la remissione della vittima che, alla fine, in aula ha raccontato l’inferno quotidiano vissuto in casa, da cui è uscita solo grazie al coraggio trovato nella disperazione per denunciare il marito manager. I cui maltrattamenti, per incisivo, «sfociavano nelle percosse». E in uno stalking andato ben oltre la convivenza.
La sentenza, il giudizio social
Tanto che, scrive sempre SkyTg24, i due – che si erano sposati nel 2002 dopo un anno di fidanzamento, nel 2021 avevano interrotto il rapporto di convivenza, con la conseguenza che «il manager aveva iniziato a tormentare la donna con un pesante stalking terminato nel 2022 con un divieto di avvicinamento. Una situazione che l’aveva portata ad uno stato di profonda prostrazione psicologica diagnosticata anche dal referto medico del pronto soccorso, che aveva fatto scattare l’intervento di un centro antiviolenza e l’apertura d’ufficio di un’inchiesta da parte della procura di Torino». Una situazione a cui si è aggiunta poi la denuncia contro il marito e la sentenza che ne acclara le responsabilità penali e il giudizio “social” che ne è conseguito.