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Nel Pd nasce “la cellula Gentiloni e libertà” contro la “grande sorella Schlein” che tutto lottizza…

Politica - di Alice Carrazza - 29 Gennaio 2025 - AGGIORNATO 30 Gennaio 2025 alle 16:01

Paradosso dei paradossi, c’è un nuovo sport nazionale a sinistra: il tiro alla segretaria. Mentre Elly Schlein cerca disperatamente di mantenere la barra dritta, il Partito democratico sembra specializzarsi nell’arte della disunione, che dalle parti della sinistra non è solo un’abitudine, ma una vocazione. Come ha detto l’attore di sinistra, Massimo Ghini, «la disunione è la nostra malattia endemica». E come dargli torto? Mentre la destra governa con il pilota automatico, il Pd si divide tra esuli a Bruxelles, riformisti in rivolta, sindaci che sognano poltrone e un sottobosco di manovratori che neanche alla corte di Bisanzio.

Gli esuli del Pd a Bruxelles

A Bruxelles, lontano dai palazzi romani e dall’occhio della “grande sorella Schlein“, si è formata una nuova fronda: “la cellula Gentiloni e libertà”, un manipolo di riformisti che tra un caffè, un brunch e un briefing sussurrano che la segretaria non abbia possibilità. «È vero», rivelano i dem al Foglio. L’accusa di sabotaggio serpeggia, ma i ribelli preferiscono agire dietro le quinte, perché nessuno ha il coraggio di sfidare apertamente la segretaria. Interviste contro Elly? Zero. Paura di lei? A quanto pare sì… ma niente di serio.

Decaro vuole la Puglia, Ricci le Marche, Nardella la Toscana, mentre Gori coltiva il sogno di diventare il Macron di Bergamo. L’unica certezza è Picierno, che non ha alcuna intenzione di tornare a Roma se prima non arrivano gli «anglo vaticani Gentiloni-Ruffini a liberare il partito», come scrive il quotidiano diretto da Claudio Cerasa. E qui arriva la domanda: Gentiloni cosa vuol fare? Chiedetelo ai suoi e vi risponderanno: «Ma scherziamo? Paolo non farebbe mai qualcosa contro la segretaria». Chiedetelo a quelli di Ruffini e la risposta è identica condita con altre salse. Ma appena girate l’angolo, guardate i sondaggi per vedere quanti numeri hanno.

I dem geni della strategia… inversa

Mentre i compagni dunque cospirano all’estero, in patria il Pd continua a regalare perle di strategia politica. L’ultima? Il ddl sulla partecipazione dei lavoratori. Arriva alla Camera una proposta della Cisl e i dem, che non avevano una propria proposta autonoma, decidono di emendarla. Apriti cielo… Cecilia Guerra avverte che così si danneggia la Cgil, e il partito si spacca. Guerini e Piero De Luca non ci stanno e provano a spiegare che se lo emendano vuol dire che il testo lo riconoscono come base. Per dirla in parole povere, il Pd è sempre più un grande esperimento di gruppo di autoanalisi collettiva, anche un po’ anonima: non si sa se ci sia più masochismo o semplice ingenuità. Nel frattempo, Andrea Orlando viene mandato a dialogare con Confindustria, probabilmente con la stessa speranza di chi manda un pacifista a trattare con Putin. Buona fortuna, perché ne servirà.

Franceschini, il luminare del caos

E poi c’è Dario Franceschini, il luminare del partito, il – così definito – “Fleming del progressismo”, che decide di somministrare un po’ di penicillina con una bella intervista su Repubblica. Risultato? La catastrofe innescata da una sola frase. «Marciare divisi per battere la destra». Quanto basta per mandare il Pd in cortocircuito. A Elly sta roba non è piaciuta, si sa, eppure è proprio lei l’elemento di disturbo che impedisce qualsiasi assembramento a sinistra.

Non finisce qui.  Come dimenticare la figuraccia con il Salva Milano: sì alla Camera, no al Senato. Che è successo? Non lo sanno neanche loro, dicono che 150 urbanisti si siano ribellati e il Pd si sia inchinato. «Ma avere sostenuto il disegno alla Camera, per poi ripensarci al Senato, che figura è?», si chiede giustamente la penna del Foglio Carmelo Caruso. Un’altro, ennesimo, capolavoro di strategia inversa.

Il chiacchiericcio da talkshow e il vero incubo della sinistra 

E mentre il Nazareno si dibatte nel suo psicodramma, c’è chi, persino dalla rossa schiera loda la premier Giorgia Meloni «brava» e «determinata». Lo fa Corrado Augias sul Corriere della Sera, suscitando ulteriore sgomento tra i compagni. Ghini, il vero compagno di lotta e di tormento, fa allarmare tutti: «Tutte le volte che la destra ha vinto è perché noi ci siamo presentati divisi. È il nostro sport preferito, fin dai tempi della Fgci e di Potere operaio e di Lotta continua».

«E adesso ci tocca di nuovo sentire, in tv, tra politici che parlano tra loro o con giornalisti che fanno politica pure loro, queste elucubrazioni sul centro e i centri e le diverse comunità cattoliche nel Pd?». Tutte chiacchiere da portineria della politica, secondo Ghini. «Qualcuno si chiede perché gli operai non ci votano più? Ci rendiamo davvero conto delle difficoltà di tante famiglie?».

Dunque, l’Italia si ritrova a destra e il 43% degli cittadini non vota affatto. Di chi la colpa? Sempre della Meloni? A sinistra sembra più interessante contarsi e discutere di strategie astratte, come se fossero ancora a Capalbio tra un bicchiere di vino rigorosamente biodinamico e una riflessione su vecchie glorie. Alla fine, la realtà è questa: Meloni è l’unico nemico che tiene in vita il Pd e Elly il loro incubo peggiore. Perché la firma sulle liste alle prossime tornate elettorali nostrane ed europee, la mette lei.

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di Alice Carrazza - 29 Gennaio 2025