No al burqa a scuola e in ufficio: la mozione torna in auge in Lombardia. La sinistra batta un colpo: di mezzo non c’è solo l’integrazione

27 Gen 2025 19:38 - di Lorenza Mariani
burqa e niqab scuola e uffici

La proposta torna sul tavolo del consiglio regionale lombardo: vietare burqa e niqab a scuola e negli uffici pubblici, per esempio quelli del Comune. Nel più assordante silenzio delle amazzoni del femminismo dem, la questione torna in auge sul tavolo della giunta regionale lombarda, dove torna a riproporsi la mozione del no al velo isalmico (burqa o niqab che sia), come o ad altri indumenti simili negli edifici pubblici e nelle aule scolastiche. La proposta che si inserisce nel solco di un dibattito socio-culturale in corso da tempo, e discussa già da qualche tempo a livello teorico, ora è una mozione depositata dalla Lega lombarda che sarà dibattuta nel prossimo Consiglio regionale.

Il documento, che impegna la Giunta a dare piena attuazione alla delibera del 2015, rilancia «l’invito ai Comuni per assicurare il rispetto della delibera nei propri edifici pubblici. E invita il governo nazionale a valutare l’estensione della misura a tutti gli ambienti scolastici». E con una duplice motivazione che investe sia aspetti civico-culturali che questioni socio-politiche: «Burqa e niqab – sottolinea la Lega – sono strumenti di oppressione nei confronti delle donne che non possiamo tollerare».

«Vietare burqa e niqab a scuola e negli edifici comunali»: la richiesta torna in auge in giunta regionale in Lombardia

Dunque, si ritorna a discutere sulla vexata quaestio che, specie in Lombardia, investe problematiche legate a un territorio dove la popolazione islamica fa sentire forte e chiara la sua voce. E dove il processo perseguito di una integrazione possibile, almeno quanto articolata da realizzare, la Lega Lombarda ha avanzato una mozione che impegna la Giunta Regionale a sollecitare il Governo e il Parlamento ad adottare norme nazionali per vietare l’uso di burqa, niqab e altri indumenti simili nei luoghi pubblici, incluse le scuole.

No a burqa e niqab a scuola e negli uffici pubblici: ma non è solo una questione socio-culturale…

A tal proposito, Alessandro Corbetta, capogruppo regionale della Lega, ha affermato: «Burqa e niqab sono strumenti di oppressione nei confronti della donna che non possiamo tollerare. Purtroppo assistiamo anche a posizioni politiche un po’ accondiscendenti». La mozione, la cui prima firmataria è la consigliera regionale Silvia Scurati, mira anche a estendere il divieto agli ambienti scolastici, con l’obiettivo di tutelare i minori e garantire un’integrazione più efficace. A tal proposito, Igor Iezzi, primo firmatario di una proposta normativa simile alla Camera dei Deputati, ha dichiarato: «Il burqa o il niqab impediscono alla donna di essere tale e sono indumenti legati alla costrizione e non alla libertà. Siamo in sintonia con la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha già legittimato legislazioni simili in Belgio e Francia».

La mozione del 2015 e la richiesta di darle seguito anche per motivi di sicurezza (oltre che di integrazione)

Ma, come spiegato poco sopra, all’origine della mozione non ci sono solo motivazione socio-culturali. La Regione Lombardia, infatti, con la delibera X/4553 del 2015, ha introdotto il divieto di accesso a edifici pubblici per chi indossa indumenti che rendano difficile il riconoscimento del volto. Una misura motivata pertanto anche dall’esigenza di garantire la sicurezza in risposta a minacce terroristiche e di promuovere un ambiente civile fondato sulla riconoscibilità. Peraltro, come ricorda Italpress sulla questione, la legittimità del provvedimento è stata confermata dalla Corte d’Appello di Milano e dal Tribunale di Milano, che hanno stabilito come, in situazioni di conflitto tra diritti, la tutela della sicurezza pubblica possa prevalere sulla libertà religiosa.

La questione della neutralità dello spazio pubblico e della sicurezza

Tuttavia, è stato sottolineato che tali misure devono essere applicate con equità. Senza discriminazioni. E nel rispetto della normativa italiana ed europea. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è espressa in più occasioni sulla questione, legittimando divieti di simboli religiosi visibili, inclusi il burqa e il niqab, in nome della neutralità dello spazio pubblico e della sicurezza. Recentemente, nel maggio 2024, la Corte ha sostenuto il diritto di vietare simboli religiosi a scuola, ribadendo che tali misure devono essere proporzionate e giustificate.

Sardone: «Sono simboli di sottomissione che impediscono una vera integrazione»

A tal proposito Silvia Sardone, eurodeputata della Lega, ha sottolineato l’importanza di proteggere i minori: «Il velo islamico nelle scuole dell’infanzia e primaria non è una scelta libera e consapevole. È un simbolo di sottomissione che impedisce una vera integrazione. Troppe bambine sono costrette a indossarlo dai propri padri, anche quando non sono sviluppate fisicamente». Sardone ha poi criticato l’indifferenza di alcune forze politiche, in particolare quelle di sinistra, verso il tema: «Dove sono le Schlein e le Boldrini, sempre pronte a parlare di patriarcato, ma silenziose di fronte a quello islamico?». Ora la parola passa alla Giunta lombarda: la mozione sarà discussa in occasione del prossimo consiglio regionale.

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