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Nordio: «La divisa va tutelata, ma nessuno scudo penale: la legge è uguale per tutti»

Politica - di Luciana Delli Colli - 16 Gennaio 2025 - AGGIORNATO 17 Gennaio 2025 alle 14:45

«Si è parlato di scudo penale, un termine improprio, la legge è uguale per tutti». A chiarirlo è stato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, rispondendo, nel corso del Question time, al Senato a un’interrogazione che si inserisce nel dibattito in corso intorno alle misure a tutela delle forze dell’ordine, scaturito dall’iscrizione nel registro degli indagati del carabiniere eroe che per fermare l’accoltellatore della notte di Capodanno a Rimini è stato costretto a sparargli, uccidendolo. Nordio ha chiarito che se un poliziotto o carabiniere commette un reato c’è «un’aggravante specifica nel codice penale, che è l’aggravante di chi commette il reato come pubblico ufficiale». E, d’altra parte, ha sottolineato, si pongono sia un tema di tutela per chi è impegnato nel proprio dovere di difesa della sicurezza pubblica e sia una riflessione sull’istituto del registro degli indagati, che da strumento di garanzia si è trasformato «in una condanna anticipata».

Nordio: «Nessuno scudo penale». Ma apre una riflessione sul registro degli indagati

«Nessuno scudo penale, ma è anche vero che viviamo una distonia, che io stesso ho denunciato in quei libri che continuo a citare: da 25 anni l’istituzione del registro degli indagati e dell’informazione di garanzia è un istituto fallito», ha detto Nordio, ricordando che «è nato come garanzia nei confronti di chi è destinatario dell’atto e si è trasformato in una condanna anticipata, in una sorta di gogna mediatica e tante volte anche di compromissione di cariche in corso o addirittura di cariche elettive a cui si mira a concorrere».

Da strumento di garanzia a «condanna anticipata»

Parlando di «atti dovuti», il Guardasigilli ha ricordato che «se un carabiniere spara è automatica l’iscrizione nel registro degli indagati perché ha diritto ad essere assistito, con un consulente, nel caso in cui si faccia una autopsia o una perizia balistica». «Ciò – ha sottolineato – è connesso al fatto che essendo iscritto nel registro degli indagati reca questa specie di marchio anticipato di infamia. Stiamo studiando un provvedimento che, senza essere scudo penale di cui non abbiamo mai parlato, possa coniugare le garanzie di una persona che possa avere un interesse a essere assistita in un’eventuale indagine, con il fatto che non venga iscritto in nessun registro degli indagati».

Allo studio come mantenere le garanzie anche senza iscrizione nel registro

«Non è facile, la stiamo tecnicamente studiando, è una mia vecchia idea di 30 anni fa e cerchiamo di portarla a compimento», ha aggiunto, ponendo come premessa il fatto che, «come ha detto l’altro giorno la presidente del Consiglio nella conferenza stampa, la tutela nei confronti di chi veste la divisa è una tutela ferma forte e incondizionata». «Nella patria dove è nata la democrazia, la Gran Bretagna, finché esisteva la pena di morte, che per fortuna è stata abolita, c’era un caso in cui veniva applicata “de plano” ed era l’aggressione di un poliziotto, che erano disarmati», ha ricordato il ministro, spiegando che ciò accadeva perché «chi tocca la divisa, tocca lo Stato, ognuno di noi, la divisa è sacra».

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di Luciana Delli Colli - 16 Gennaio 2025