Operazione Albania in porto: 49 migranti sbarcati dalla Cassiopea. Ora tocca ai giudici: buona la terza?
L’operazione Albania ha ripreso la rotta e arriva in porto. Il pattugliatore Cassiopea, la nave della Marina militare italiana con a bordo 49 migranti recuperati nel Mar Mediterraneo, uomini, adulti, in buone condizioni di salute e provenienti dai “Paesi sicuri” previsti dal decreto approvato dal governo un paio di mesi fa, ha attraccato all’approdo di Shengjin: il primo dei due centri costruiti dall’Italia nell’ottica dell’accordo siglato ormai un anno fa da Giorgia Meloni ed Edi Rama.
Migranti, la nave Cassiopea arrivata in Albania: sbarcati i 49 a bordo
L’imbarcazione con i migranti, in maggioranza bengalesi, ma anche egiziani, ivoriani e gambiani, ha gettato l’ancora alle 7.30 di questa mattina e, dopo i primi controlli medici e gli accertamenti d’identificazione nel rispetto delle procedure accelerate di frontiera previste per chi proviene da Paesi sicuri e non ha consegnato documenti di identità, si procederà con il trasferimento nell’altro centro sottoposto alla nostra giurisdizione: a Gjader, a una ventina di chilometri di distanza nell’entroterra.
Identificazioni, controlli medici e poi il trasferimento nel centro di Gjader
In sostanza, come spiegava ieri Nicola Porro tra gli altri, «i migranti si sono sentiti messi alle strette: di fronte all’out out, o ti fai identificare o vai in Albania, molti hanno deciso di mostrare il passaporto». Un dato che il Viminale ha commentato positivamente, sottolineando la procedura nei termini di «una circostanza di particolare rilievo, in quanto consente di attivare le procedure di verifica delle posizioni individuali in tempi più rapidi, anche a prescindere dal trattenimento, aumentando le possibilità di procedere con i rimpatri di chi non ha diritto a rimanere in Ue».
Migranti in Albania, il protocollo del governo italiano che molti Paesi europei stanno pensando di attuare
Un protocollo, quello in atto, che vanta modalità di analisi delle richieste di protezione internazionale che molti Paesi europei stanno pensando di attuare osservando il modello italiano. Eppure, incagliato nei cavilli giuridici di alcuni magistrati della sezione immigrazione del Tribunale di Roma che, a suon di sentenze lo hanno di fatto ostacolato, boicottando il piano del governo con la mancata conferma del trattenimento dei migranti negli hotspot albanesi. Dunque, come da protocollo, anche adesso i migranti che arriveranno al centro di Gjader rimarranno in attesa del responso dei giudici.
Ora la parola passa alla Corte d’Appello di Roma
Quest’ultimo viene disposto dalla questura di Roma. Pertanto, entro 48 ore – e, quindi, presumibilmente giovedì prossimo – i giudici della Corte d’appello di Roma nel corso di un’udienza in teleconferenza, decideranno se optare per una convalida del trattenimento negli hotspot o meno. Come noto, nelle altre occasioni dei mesi scorsi, i magistrati hanno sospeso la convalida per tutti i migranti trattenuti, rimandando alla decisione della Corte di Giustizia europea in materia di Paesi sicuri – una risoluzione attesa per il 25 febbraio – e nel frattempo gli stranieri sono stati quindi portati in Italia.
Il responso dei giudici sul trattenimento atteso entro 48 ore
Dunque, il governo tenta per la terza volta di far partire l’accordo sottoscritto un anno fa dai premier Giorgia Meloni e Edi Rama. Ma tutto potrebbe saltare se poi, se come accaduto ad ottobre e novembre scorsi, il giudice non convaliderà il trattenimento nel vicino centro di Gjader. Stavolta però il governo può essere fiducioso: stante il fatto che lo scorso 19 dicembre la Cassazione gli ha riconosciuto il diritto di stabilire un regime differenziato delle domande di asilo per chi proviene da Paesi designati come sicuri. Sancendo, dunque, che il giudice «non può sostituirsi» al ministro degli Esteri. Può tuttavia valutare se la designazione è legittima ed eventualmente disapplicare il decreto sui Paesi sicuri. Valutando, cioè, caso per caso.