![Processo Regeni, la mamma in aula: “Sul corpo di mio figlio ho visto la bestialità delle torture” Processo Regeni, la mamma in aula: “Sul corpo di mio figlio ho visto la bestialità delle torture”](https://www.secoloditalia.it/files/2025/01/regeni-mamma-secolo.jpg)
Processo Regeni, la mamma in aula: “Sul corpo di mio figlio ho visto la bestialità delle torture”
“Quando ho dovuto riconoscere il corpo di Giulio ho potuto vedere solo il suo viso: ho visto la brutalità, la bestialità, sul corpo di nostro figlio”. Sono le parole drammatiche della mamma di Giulio Regeni, Paola Deffendi, sentita come teste nell’aula bunker di Rebibbia, dove si svolge il processo per il sequestro e l’omicidio del ricercatore friulano che vede imputati quattro 007 egiziani. “Era coperto da un telo – ha continuato – e chiesi di poter vedere almeno i piedi ma una suora mi disse ‘suo figlio è un martire’. Lì capii che era stato torturato”.
Regeni, la mamma: sul suo corpo ho visto la bestialità delle torture”
“L’ultima volta che abbiamo visto Giulio è stato il 24 gennaio 2016 via Skype. Il 27 ci è arrivata la notizia della sua scomparsa”, ha ricordato rispondendo al procuratore aggiunto Sergio Colaiocco “Mio marito mi ha chiamato con una voce mai sentita. A casa mi disse che Giulio era scomparso. Quando sentii la console chiesi perché non ci avessero avvisato prima”. La mamma ha riperso i giorni della scomparsa del figlio, fino a quando è arrivata la notizia della morte. “Ci chiamò l’ambasciatore Massari e ci disse ‘stiamo arrivando io e la ministra Guidi’. Ci sembrò strano. L’ambasciatore ci disse ‘non porto buone notizie’. Quando sono arrivati a casa ci hanno abbracciato, facendoci le condoglianze. E ci dissero ‘avete 5 minuti, la notizia è stata diffusa’”.
“Fin da bambino amava la storia e il mondo arabo”
Poi si è soffermata sul carattere e gli interessi di Giulio. “Fin da bambino era appassionato di storia. Il mondo arabo lo ha conosciuto quando con tutta la famiglia siamo andati a Istanbul. Andava in seconda media e ci accorgemmo che già aveva molto interesse per quella cultura”, ha spiegato la signora Paola. “Era sobrio, non era un giovane a cui piaceva apparire. Aveva sempre il pallino di trovare lavoro e anche per questo decise di studiare la lingua araba” ha proseguito. “Giulio era già stato in Egitto nel periodo del colpo di Stato di al-Sisi. Quando ci tornò nel 2015 ci disse che la situazione era più calma e si sentiva tutelato come ricercatore straniero. Non espresse mai alcun timore. Il 15 gennaio era il suo compleanno e gli mandai gli auguri e lo sentii felice e rilassato” ha detto ancora la mamma.
Abbiamo conosciuto il coinquilino di Giulio
La madre di Regeni ha ricordato in aula quando, dopo aver saputo della morte del figlio sono andati al Cairo, nella casa in cui abitava Giulio. “Trovammo il coinquilino di Giulio, ci chiese se la camera ci sembrava in ordine. Il giorno dopo lo abbiamo rivisto a casa e ci disse che erano passati tre poliziotti chiedendo informazioni su Giulio e sul suo computer, che io avevo messo in un cassetto. Poi – ha aggiunto- la mattina del 3 febbraio dovevamo andare al commissariato di Dokki ma ci dissero che non serviva più perché le autorità egiziane stavano lavorando sul caso”.
L’avvocato: ora è chiara la ragnatela costruita intorno
L’avvocato dei genitori di Giulio, Alessandra Bellerini è convinta che il quadro si stia facendo sempre più chiaro. “Con il racconto fatto della mamma di Giulio si è delineato ulteriormente il quadro dei giorni della scomparsa e anche il clima che i genitori hanno respirato al Cairo”. E ancora: “Abbiamo assistito al video sulla testimonianza di un’altra persona che si trovava nei luoghi dove è stato torturato Giulio. Lui ha assistito, seppur indirettamente, alle torture e sa chi ha partecipato. Come anche uno psicologo che aveva evidentemente il compito di rendere ancora più fragile Giulio. Si sta ricostruendo sempre più chiara quella ragnatela che si era costruita attorno al ricercatore e che ha fatto sì che si abbattesse contro di lui tutto il male del mondo”.