Ramy, guerriglia dei centri sociali a Torino: bombe carta contro le caserme. Il sindaco si sveglia tardi
“Assassini, assassini” all’indirizzo degli agenti, assalto al commissariato, fumogeni e scontri. A Torino i centri sociali tornano a mettere a ferro e fuoco la città durante il corteo organizzato per Ramy organizzato dai collettivi. Violenza e guerriglia dietro lo scudo della richiesta di giustizia per il 19enne morto lo scorso novembre a Milano durante un inseguimento della Polizia. Partiti da Porta Palazzo dietro lo striscione con la scritta ‘Giustizia per Ramy’ i manifestanti, sventolando bandiere palestinesi, hanno prima sfilato alla periferia nord, poi, si sono diretti verso il centro città. Qui hanno acceso fumogeni e lanciato grossi petardi e uova contro un commissariato di polizia. Gli agenti a presidio della struttura hanno respinto il tentativo di assalto. Dopo il commissariato Dora Vanchiglia, alle Porte Palatine, i centri sociali hanno raggiunto il centro città e si sono diretti in piazza Carlina. Anche qui fumogeni e petardi contro la caserma Bergia. Il corteo si è poi diretto in piazza Vittorio dove i manifestanti hanno tenuto un presidio.
Torino, guerriglia dei centri sociali e assalti ai commissariati
Sugli scontri è intervenuta anche la vicepresidente della Regione Piemonte, Elena Chiorino, denunciando le ennesime violenze e la delegittimazione in atto delle forze dell’ordine che fanno il loro lavoro. “Chi assalta un commissariato di polizia o attacca un carabiniere è un criminale. Non ci sono altri termini per definire chiunque si renda protagonista di violenza nei confronti degli uomini e delle donne delle forze dell’ordine. Le istituzioni e la politica si schierino compatte e senza alcuna esitazione dalla parte di chi indossa una divisa. A loro, sempre più bersagli di odio e rabbia, va la mia gratitudine per il lavoro svolto e solidarietà per questi ignobili attacchi”. Forte condanna del centrodestra, silenzio imbarazzato della sinistra.
Il sindaco Lo Russo costretto a condannare
Il sindaco dem, Stefano Lo Russo, di fronte all’evidenza, è costretto a condannare