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Ramy per loro è solo un pretesto: i centri sociali cercano le violenze. E la sinistra li giustifica

Politica - di Annamaria Gravino - 14 Gennaio 2025 - AGGIORNATO 15 Gennaio 2025 alle 10:05

C’è una parola d’ordine che sta passando a sinistra in relazione alle violenze andate in scena alle manifestazioni per Ramy: disagio sociale. La utilizzano oggi il sindaco di Napoli e presidente dell’Anci, Gaetano Manfredi, il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, e anche una persona solitamente lucida come Marco Minniti, che la declina nella forma della «sicurezza sociale». Ma si tratta di una lettura di comodo e strumentale che sposta la responsabilità sul governo. Parlare di disagio sociale, infatti, significa sostanzialmente dire che il governo non fa abbastanza per i ceti più deboli e poter liquidare il ddl sicurezza – e le norme più stringenti a tutela delle forze dell’ordine di cui ora si ragiona – come una risposta meramente securitaria e, quindi, inadeguata. Ma sono i fatti a contraddire questa lettura: la violenza di piazza non si vede oggi in relazione alla tragica morte di Ramy e non è legata al tema delle periferie. La violenza di piazza si è vista in relazione al 41 bis, alla Palestina, alle presunte censure in Rai, alle proteste studentesche, alla Tav, allo stesso ddl Sicurezza, prima ancora dell’ipotesi di una ulteriore stretta. Da quando si è insediato il governo, si è vista insomma intorno a ogni argomento possibile, svilito per altro in questo modo al rango di pretesto. E non appaiono forzati gli allarmi di chi descrive un disegno eversivo.

Per i centri sociali ogni pretesto è buono per scatenare le violenze

E, ancora, a testimoniare che qua il tema non è il disagio sociale c’è il fatto che quelle violenze portano sempre la stessa firma: centro sociali, anarchici, collettivi studenteschi. Dunque, in quello che sta succedendo in Italia si riscontrano due costanti: violenze su ogni pretesto e autori delle violenze. Ce n’è una terza: l’atteggiamento della sinistra, che sempre accusa e mai s’interroga. È successo in queste ore anche a proposito delle manifestazioni su Ramy: Elly Schlein, condannando le violenze, ha comunque spostato il focus sulla presunta mancanza di sostegno ai sindaci da parte del governo. La tesi che poi i “suoi” sindaci hanno rilanciato nelle varie interviste, battendo anche cassa.

Una strategia che punta al cuore dello Stato

Ora, come sempre, il problema non è che l’opposizione faccia l’opposizione, ma che lo faccia a discapito di qualsiasi bene superiore. Ormai da tempo i servizi segreti avvertono sul pericolo eversivo radicato nelle aree antagoniste, inserendo la questione anche nella propria relazione annuale. Il tema si è affacciato in maniera più o meno esplicita anche nel dibattito di queste ore. Tra gli altri, il ministro Matteo Piantedosi, per il tramite di una nota del Viminale, ha parlato di «una chiara strategia che punta a destabilizzare e a creare incidenti»; il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, di «attacco allo Stato democratico»; il sindacato di polizia Coisp ha sottolineato che «qui si cerca deliberatamente di destabilizzare il Paese, di colpire simboli e presidi di legalità, con un’aggressività che non può e non deve essere tollerata», avvertendo che «chi non si oppone con fermezza a questi gesti ne diventa complice morale».

L’elefante nel salotto della sinistra

Questo tema è l’elefante nel salotto della sinistra, che ancora una volta si dimostra non all’altezza del momento. Sul perché si possono fare tante ipotesi: per non inimicarsi il bacino di utenza delle espressioni radicali d’area; per non assumersi le proprie responsabilità rispetto al senso di copertura politica di cui si sono giovati questi soggetti; per non dover ammettere che il governo, ponendo la questione della tutela delle forze dell’ordine, pone la questione della tutela dello Stato; per semplice inadeguatezza. Le varie ipotesi non si escludono l’una con l’altra e, in fondo, l’ultima non sarebbe neanche la peggiore, perché tutte le altre rimandano al famoso “interesse della fazione prima di quello della Nazione”. Tanto più inaccettabile quando la posta in gioco è così alta.

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di Annamaria Gravino - 14 Gennaio 2025