Roberto Salis a gamba tesa sul caso Sala pur di attaccare Meloni: a me la premier non ha mai telefonato
Roberto Salis a gamba tesa sul caso di Cecilia Sala per attaccare Giorgia Meloni e l’esecutivo di cui è alla guida: «A me la premier non ha mai chiamato», tuona tra vittimismo e risentimento. Il riferimento, è più che ovvio, all’incontro di ieri a Palazzo Chigi in cui la premier ha ricevuto la preoccupatissima mamma di Cecilia Sala, attualmente detenuta in Iran. La polemica non dorme mai, specie in casa Salis, dove proprio in queste ore, a partire dal padre della eurodeputata di Alleanza Verdi e Sinistra, non si spreca un’opportunità per attaccare il governo e rilanciare il caso della detenzione ungherese di colei che ormai veleggia ad alta quota dagli spalti del Parlamento europeo.
Se poi con l’occasione dell’arresto in Iran di Cecilia Sala – la giovane reporter arrestata a Teheran ormai più di due settimane fa – si crea un pertugio in cui recriminare e magari, in barba al dramma della vicenda in corso, togliersi anche qualche sassolino dalla scarpa, perché non incunearsi? deve aver pensato Salis senior…
Roberto Salis, l’ultimo attacco a premier e governo s’aggancia al caso di Cecilia Sala
E così, detto fatto, ecco piovere dal profilo social di Roberto Salis, l’ultima invettiva al vetriolo che mescolando l’attualità di una vicenda come quella di Cecilia Sala – che evidentemente tocca tutti, lui compreso – e rivendicazioni personali, indossata nuovamente l’armatura di strenuo avversario dell’esecutivo a guida Giorgia Meloni, il padre di Ilaria torna ad attaccare: «La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ieri ha ricevuto, dopo pochi giorni, i familiari di Cecilia Sala, è andata a prendere Chico Forti, un ergastolano, con volo di stato», recita l’incipit del post.
Roberto Salis paragona il caso di sua figlia Ilaria alla vicenda di Cecilia Sala…
Che poi, immancabilmente, prosegue, nel segno di un non proprio consono confronto con il suo caso familiare. Ma la lingua batte dove il dente duole, e arrivando a denunciare una presunta disparità di trattamento incassata ma mal digerita, Roberto Salis aggiunge a stretto giro: «A me non ha mai chiamato. Giusto per sottolineare la bassa statura da statista del nostro presidente del Consiglio». Il malanimo persistente è evidente. E il riferimento – con infelice paragone, almeno a nostra detta – pure…
«Meloni non mi ha mai chiamato»… e via con l’attacco social
Ed entrambi riconducono all’incontro di ieri (giovedì 2 gennaio ndr) a Palazzo Chigi, dove la premier ha ricevuto la madre di Cecilia Sala per aggiornarla sull’operato del governo e sulla complessa trattativa in corso con il governo di Teheran per liberare il prima possibile Cecilia Sala e riportarla a casa. Una iniziativa, quella del governo, che deve aver scosso il padre di Ilaria, riportato dal caso delle detenzione di una giovane italiana all’estero a ricordi ancora duri da metabolizzare. Talmente tanto ancora a fior di pelle, da animare il post di venature al vetriolo che trasudano da poche righe e parole scelte di certo non a caso.
L’incontro a Palazzo Chigi tra Meloni e la mamma di Cecilia Sala, e la rivendicazione “inopportuna” di Roberto Salis
Eppure, il punto debole di tanta acredine polemica sta proprio non tanto nella pervicace ostinazione a tornare ai fatti di Ungheria, al momento superati dall’elezione di Ilaria Salis nelle file di Avs in Europa, quanto nel voler paragonare due arresti e due situazioni che, a parte il dato di base del fermo in terra straniera di una giovane italiana, assai poco hanno in comune. A partire dalle motivazioni dell’arresto: quello di una giornalista fermata mentre stava svolgendo il proprio lavoro in un Paese straniero, con accuse formulate con argomentazioni giuridiche vaghe e volutamente non meglio definite. Non per niente, le autorità italiane hanno chiesto il più stretto riserbo. E la famiglia della reporter detenuta a Teheran il silenzio stampa.
Una memoria a corrente alternata…
Nel precedente di Ilaria Salis, invece, tutt’altro contesto, rispetto al quale, però, come gli ricorda opportunamente Il Giornale in un servizio dedicato pubblicato sul sito, Roberto Salis non tiene conto di «tutti gli sforzi politici che il governo Meloni ha fatto per avere un processo giusto in Italia, sia per voce della stessa premier. Sia per conto del ministro degli Esteri Antonio Tajani. Una memoria a correnti alterne che lascia spazio a complotti ideologici e non fa onore all’onestà intellettuale».