“Storia politica della Magna Grecia” di Nisticò: il libro per chi vuole conoscere. Oltre gli stereotipi
Un libro che «nasce con intenti divulgativi, e vuole rivolgersi al lettore non specialista, e tuttavia desideroso di conoscere». È Storia politica della Magna Grecia (Città del Sole Edizione), l’ultimo lavoro di Ulderico Nisticò, professore, giornalista e già autore di numerosi saggi storici. Chiacchierando con l’autore di questa novità, gli abbiamo sentito dire causticamente: «È facilissimo trovare un calabrese che parli di Magna Grecia; molto meno probabile chi ne sappia veramente qualcosa. E non è ignoranza, è il velo di una curiosa ideologia; e, molto spesso, di una nozione consolatoria in ricerca di antenati illustri, e dell’antenata gloriosissima, la Magna Grecia».
Eppure la Megàle Hellàs ci fu davvero, in quella che l’autore, con ardito neologismo, chiama Kalabria per distinguerla dalla Calabria, nome invalso dal IX secolo d. C.; e che non aveva, anticamente, un nome unitario, bensì quello di molti popoli: tra questi, gli Itali, il cui re, dopo aver creato un dominio con la politica e con la forza (tutti i domini si creano così!), diede il nome alla sua terra, l’Italia, esteso poi fino alle Alpi ai tempi di Augusto, e oggi il nome della Patria.
I Greci, lasciando le loro brulle terre, dedussero in Kalabria molte apoikìai, trasferimenti, però pensati e organizzati, e con autorizzazione dell’oracolo. Fiorirono città ricche… e qui l’autore, con spirito storiografico tacitiano e vichiano, ci avverte che dove c’è ricchezza non c’è quieto benessere con pace interna, e spesso divampano prima lotte interne di ceti; poi, e quasi di conseguenza, vere guerre tra città. Ecco perché era necessario e utile raccontare i secoli magnogreci in chiave di politica, e di polemologia. C’è poi, con Appendici, spazio per la letteratura.
Intanto, però, la Magna Grecia viene sottratta alle leggende dei dotti, di solito meno credibili di quelle delle vecchiette; e all’immagine superficialmente gratificante, in una terra, la Calabria di oggi, propensa al piagnisteo sia gratuito sia lautamente retribuito; e viene consegnata alla dura e convincente realtà. I Greci d’Italia, come del resto tutti i Greci, non furono tutti eterei filosofi, ma esseri umani come noi, con molti meriti e con molte colpe, come siamo tutti dalla notte dei tempi. Diciamo dunque che quello di Nisticò è un lavoro con intento pedagogico, e invita i Calabresi a un corretto rapporto con le loro antichissime origini; e gli Italiani in genere al rapporto con la storia nazionale in genere. È dunque una storia dei fatti, o di come sono stati narrati.
Non manca, infine, un ampio cenno ai grandi calunniati della storiografia, i cosiddetti Bizantini, che qui leggerete essere detti Romei, cioè sudditi dell’Impero Romano; e qualcosa sui Longobardi, di solito dimenticati. Resta da dire che destinatario dell’opera è il lettore curioso non specialista, e ciò giustifica lo stile discorsivo.