![Craxi Craxi](https://www.secoloditalia.it/files/2025/01/Craxi-1.jpg)
Sulle orme di Craxi, il politico visionario che intuì il potenziale delle nuove sintesi con la destra
Domenica 19 gennaio ricorre il 25° anniversario della morte di Bettino Craxi. Ad Hammamet, Tunisia, Craxi lasciò questo mondo da esule, secondo i suoi sostenitori. Da latitante, secondo i detrattori. Comunque, come tutti i grandi della storia, il “duce dei socialisti” è stato un personaggio divisivo, ma anche capace di creare correnti di pensiero trasversali, caratteristica che quasi sempre comporta accuse d’incoerenza se non di tradimento, di opportunistico trasformismo innescato dalla sete di potere, che non esclude alcuno strumento, pur di conquistarlo o di conservarlo.
Sulle orme di Bettino Craxi
Certo, fu su questa china che Craxi scivolò, attirandosi le accuse di corruzione, che dovevano travolgere nella tragedia di Tangentopoli lui, il suo partito e tutto il sistema della Prima Repubblica, ad esclusione del PCI. Ma qui non vogliamo sintetizzare un pezzo pur così importante della storia d’Italia, né osiamo scrivere un altro capitolo della storia del Partito Socialista, o aggiungere altre chiose intorno alla figura dei Leader. Più modestamente, vogliamo ricordare, a volo d’uccello, qualche tratto dei rapporti non tanto tra la persona e il leader politico Bettino Craxi, quanto con alcune frange del suo partito e quella che all’epoca – negli anni ’80 del 900 – “chiamavano Nuova destra”: così s’intitola il saggio documentato e ben scritto da Giovanni Tarantino (appunto, La chiamavano Nuova destra, edizioni Palindromo).
La svolta del politico ambizioso
Dunque, nel congresso del Midas (luglio 1976), il giovane politico ambizioso “uccise il padre” Francesco De Martino e la sua corte, sostituendola con un manipolo di “giovani turchi” a lui fedeli (in primis i De Michelis e i Martelli, i Formica e i La Ganga). Questa svolta avrebbe portato una ventata di novità nella politica italiana, scuotendo il sistema di potere democristiano, basato su di un clientelismo che si sarebbe rivelato disastroso, e di cui ancora paghiamo le conseguenze. Nonché su di un accordo più o meno scoperto col PCI, che anche prima del “compromesso storico”, votava le più importanti “leggi di spesa” del bilancio della Repubblica.
Fatte le debite proporzioni, analoga ventata di aria nuova aveva portato nella società civile e nella cultura politica italiana la “nuova destra” di Tarchi, sui cui rapporti con la “Nouvelle Droite” di Alain de Benoist – tra similitudini e differenze – non si sofferma, ad esempio, il pur valido saggio appena citato di Tarantino. Purtroppo, convinzioni e vicende personali di alcuni degli animatori di quello che rimase movimento di idee – metapolitica fu un termine diventato di moda all’epoca, riscuotendo successo sulla stampa che contava, e perfino nella tv pubblica, grazie a Giampiero Mughini e alla sua trasmissione Nero è bello – hanno impedito che quel pensiero innovativo approdasse sui lidi della politica.
Craxi l’innovatore che riscoprì un “altro” socialismo
Tornando a Craxi, la sua apertura verso i ghetti della storia. La sua riscoperta di un socialismo non più marxista ma piuttosto proudhoniano. Il suo patriottismo con venature d’istanze sociali e non più imbalsamato in contrapposizioni superate o in via di superamento (ad esempio nel campo della politica estera, ma poi anche nel riconoscimento di certi valori degli sconfitti nella guerra civile contenuta nel più ampio conflitto mondiale), ne fecero un innovatore, rispetto al piccolo cabotaggio della mera conservazione dell’esistente di un Andreotti o di un Forlani.
L’incontro fra la società politica, rappresentata essenzialmente dal PSI craxiano, e quella parte di società civile, rappresentata non solo dalla “nuova destra”, ma anche di certa “nuova sinistra” (ad esempio quella di Massimo Cacciari, di Giovanni Tassani e del già citato Mughini. Ma anche di un Tronti, di un Preve, di un Marramao) non avvenne. O non avvenne con la continuità, le risorse e l’efficacia necessarie per sfociare in progetti ambiziosi.
L’intuizione di Accame delle possibilità aperte dall’avvento di Craxi
Certo, sulla spinta craxiana incontri ve ne furono fra quelli che da un’esperienza politica giovanile all’ombra del MSI – allora “monopolista” della destra – erano usciti, rischiando accuse di tradimento e comunque della politica perdendo ogni protezione, ed esponenti della corrente craxiana. Forse, su questo versante, il principale fautore delle nuove sintesi fu Giano Accame, già pacciardiano sostenitore della Repubblica presidenziale e “chioccia” della nascente “nuova destra” italiana. Anche sull’onda del “socialismo fascista” di un Drieu La Rochelle, Accame aveva intuito le possibilità che si aprivano per la cultura politica italiana con l’avvento di Craxi, ma non vi furono sponde abbastanza ampie e generose perché il rinnovamento andasse in porto.
L’incontro fra generazioni schierate su fronti opposti
Del resto, non potevano bastare i convegni, le cene e le chiacchierate con i La Ganga e i Landolfi, o le collaborazioni con Mondoperaio. Tuttavia, quell’epoca dette i suoi frutti – pur nei fuochi degli anni di piombo – nell’incontro fra generazioni già schierate su fronti opposti. E se, sul fronte politico, vi fu la famosa visita di Almirante ai funerali di Berlinguer, in fondo una parte del merito fu anche di Craxi e di quella “nuova destra”.