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Valentino ricorda Fiuggi: “Con gli occhi lucidi, ma consapevoli di fare la storia della destra”

Valentino ricorda Fiuggi: “Con gli occhi lucidi, ma consapevoli di fare la storia della destra”

Politica - di Valter Delle Donne - 27 Gennaio 2025 - AGGIORNATO 28 Gennaio 2025 alle 14:25

«Capivamo che stava nascendo un nuovo corso nella vita politica della destra italiana e ripensando a quel giorno di 30 anni fa a Fiuggi tornano ancora gli occhi lucidi»: Giuseppe Valentino può pronunciare il fatidico “io c’ero” parlando del 27 gennaio 1995, data nascita di Alleanza nazionale. Il presidente della Fondazione An, già parlamentare di Alleanza nazionale e del Pdl e sottosegretario alla Giustizia in due governi Berlusconi, pronuncia un nome su tutti come regista di quell’operazione: «Pinuccio Tatarella».

Presidente Valentino, 30 anni fa a Fiuggi avevate la sensazione che stavate scrivendo la storia?

«Eravamo tutti perfettamente consapevoli, eravamo stimolati dall’entusiasmo di Tatarella, dalle lunghe riunioni preparatorie che c’erano state su questo tema.

C’è qualche nome che ritiene sia sfuggito alle cronache che ricostruiscono quella genesi?

«Vorrei ricordare la costituzione del Fronte agli italiani, presieduto da Fabrizio Rossi Longhi. Era una realtà politica apartitica, dove aree significative della società civile andavano a convergere con l’intendimento di aderire al progetto politico del nuovo partito che sarebbe stato appunto Alleanza nazionale».

Anche questa era un’idea di Tatarella?

«Sì. Avendo conosciuto Rossi Longhi, ex ambasciatore, uomo con pulsioni culturali di destra, Tatarella ritenne che potesse essere la persona più adatta per poter impegnare maggiormente aree che già erano vicine a noi, ma che erano caute nel manifestare le proprie sintonie con il mondo politico. Attraverso la costituzione di questo gruppo al quale aderirono tante personalità note della società civile, si creò un fermento culturale che avrebbe contribuito di lì a poco alla costituzione del nuovo partito. Una evidente nuova cultura che “non rinnegava né intendeva restaurare”, per usare l’espressione classica di De Marsanich. Nasceva quindi un partito che si adeguava con entusiasmo alle pulsioni e alle esigenze del nuovo corso della vita repubblicana».

Tre nomi di persone che sono state meno alla ribalta, ma che sono state preziose nella nascita di Alleanza nazionale?

«Domenico Fisichella, autore del famoso articolo critico nei confronti del PD che “mutava la faccia ma non la sostanza”. E poi Gustavo Selva e Pietro Armani. Erano tre rappresentanti autorevoli di una cultura certamente “diversa” rispetto al nostro mondo. Uomini che venivano da esperienze non come le nostre, che convergevano perché ritenevano che il progetto di An fosse meritevole di apprezzamento e di considerazione».

All’interno del Msi che stava trasformandosi, quali sentimenti, quali emozioni si vivevano quella mattina a Fiuggi?

«Ci fu un grande apprezzamento. Il no di Pino Rauti fu una scelta che rispettammo tutti, ma ci fu entusiasmo e anche commozione».

Ricorda gli occhi lucidi di qualcuno?

«Gli occhi lucidi ritornano ancora quando pensiamo a quei momenti. Quando il simbolo del Movimento sociale italiano si abbassò e apparve il simbolo di An alle spalle degli oratori. Però eravamo tutti perfettamente consapevoli che la storia imponeva di adeguarci».

Un clima che era cambiato, come confermavano le elezioni a sindaco di Roma…

«Quelle elezioni furono la prova tangibile di risultati che il cambiamento determinava. Gianfranco Fini, da segretario del Msi, secondo le previsioni doveva essere travolto prima ancora che da Francesco Rutelli dall’antagonista Carmelo Caruso, ex commissario prefettizio di Roma e candidato della Democrazia cristiana. Quella di Fini sembrava una candidatura di bandiera, invece sfiorò addirittura la clamorosa vittoria».

Era cambiato il vento 

«Ricordo che aree culturali e imprenditoriali, collegate in particolare al mondo della Democrazia cristiana, si spostarono ben presto verso il nostro partito».

Il ruolo di Silvio Berlusconi?

«Berlusconi ha cambiato le sorti del Paese con la discesa in campo. Nessuno deve poi dimenticare che durante l’inaugurazione di un centro commerciale quando, provocato da un giornalista che gli chiese chi avrebbe votato come sindaco di Roma, Berlusconi rispose immediatamente: ‘Non ho alcuna esitazione, a Roma voterei per Gianfranco Fini’».

L’eredità di Alleanza nazionale?

«Siamo andati avanti nella piena consapevolezza di essere parte attiva e utile alle esigenze sensibili del Paese. Ci siamo confrontati con i tempi senza nessuna nostalgia di un passato che non può tornare e che non tornerà. Ma nella piena consapevolezza di poter essere utili alle esigenze più avvertite dell’Italia».

Da Fiuggi a Roma, trent’anni dopo: qual è il ruolo della Fondazione Alleanza nazionale oggi?

«È una testimonianza di un percorso che è durato per tanti anni, un percorso politico fatto di sofferenze, di tormenti ma anche di entusiasmanti prese di posizione, dove una realtà valoriale non è mai stata posta in discussione cioè i valori della famiglia, i valori della nazione, i valori del cattolicesimo, i valori delle sintonie sociali, l’esigenza di guardarsi intorno sempre per poter essere utili al prossimo. Ecco, queste cose non sono mai state discusse, ma certamente alcune manifestazioni di inutile nostalgismo, non le prendiamo in alcuna considerazione. Come facevamo, peraltro, quando c’era il Movimento sociale italiano».

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di Valter Delle Donne - 27 Gennaio 2025