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Chat private: chi è senza peccato “politico” pubblichi le prime schermate

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Chat private: chi è senza peccato “politico” pubblichi le prime schermate

Nell'operazione "Fratelli di Chat" non c’è alcun interesse per la verità ma soltanto tanta frustrazione: l'illusione di poter buttare giù a gomitate un Governo che non piace

Politica - di Andrea Moi - 16 Febbraio 2025 alle 07:30

“Noi dobbiamo sempre sapere tutto” recitava lo slogan della Stasi, la polizia politica della “Democratica” e antifascista Berlino Est. E così, anche oggi, tra le fila di alcuni giornalisti, politici e intellettuali ci sono quelli che vogliono sapere sempre tutto: un voler sapere non dedito alla conoscenza ma utile esclusivamente come espediente per colpire il nemico. È di questi giorni la notizia della pubblicazione di un libro dal titolo “Fratelli di chat” edito da Paperfirst. Il testo di Giacomo Salvini, accompagnato da una prefazione di Marco Travaglio, è una raccolta commentata di alcuni messaggi rubati su Whatsapp, nello specifico da gruppi di parlamentari di Fratelli d’Italia della passata legislatura.

In sintesi, qualcuno a cui probabilmente non stavano simpatici i parlamentari di FdI o che era in cerca di una subdola forma di dispetto ha fornito decine di screenshot di queste chat e le ha inviate al giornalista del Fatto. Le stesse conversazioni, dopo un taglia e cuci strumentale, vengono pubblicate e usate come clava per creare zizzania all’interno di un asset politico, nello specifico quello del centrodestra.

La morale del Fatto

Non ci interessa affrontare tanto l’aspetto legale della vicenda, che lasciamo a chi ne ha competenza, quanto quello morale dell’operazione: in particolare alla morale che il Fatto vorrebbe far vibrare contro i diretti interessati rei di aver commentato duramente, in privato, alcune vicende. Viene istintivo chiedersi se veramente vogliano farci credere che i cellulari di tutti siano illibati, che non siano stati negli anni protagonisti di sfoghi iracondi, di risentimenti, di messaggi scritti male con confessioni fatte nella riservatezza a un amico, a un collega, in un gruppo di lavoro, seppure un lavoro “pubblico” come quello di un politico. Diciamolo. Ammettiamolo. Nessuno si salverebbe.

Chi è senza peccato pubblichi la prima schermata

Confesso subito anche io che scrivo. Negli anni mi sarò lasciato andare in considerazioni pesanti, piccoli risentimenti, sfoghi dettati dal momento. Forse niente di grave ma se qualcuno prendesse quei singoli messaggi e li mettesse insieme, potrebbe costruirci un bel “castello”. Pochi giorni fa Domenico Giordano, analista della comunicazione politica, ha scritto su Il Tempo sull’uso scorretto della messaggistica istantanea sostenendo che Whatsapp venga  “considerato erroneamente da molti come una stanza privata”. Difficile smentire questa sua dichiarazione, d’altronde, nella politica ad alti livelli, è complicato distinguere il confine tra pubblico e privato.

La legittimità del furto di informazioni

Ma una questione fondamentale va posta: è legittimo che qualcuno rubi le conversazioni su Whatsapp, le spiattelli sui giornali facendo un’operazione di taglia e cuci e le usi come armi di lotta politica? Se è considerato legittimo da chi – come diversi esponenti dell’opposizione – si sta strumentalizzando il libro in questione, allora tutti costoro mettano a disposizione le proprie conversazioni private: incluse quelle fatte in un momento di stanchezza, di ira, di risentimento. Oppure, se si stabilisce il principio che anche la messaggistica privata, in realtà privata non è, si parli solo a voce, su Whatsapp viga la censura del politicamente corretto, il filtro del grande Fratello perché loro, quelli del mainstream “vogliono sapere sempre tutto”. Il timore infatti è che questo loro desiderio, sia mosso dalla stessa foga degli agenti della DDR. Non c’è alcun interesse per la verità, né alcuna voglia di giustizia ma soltanto tanta frustrazione: l’illusione di poter buttare giù a gomitate un Governo che non gli piace. 

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di Andrea Moi - 16 Febbraio 2025