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Chat rubate, Donzelli: «Nessuno ci dividerà. Ma ci saranno denunce: violata la Costituzione. Inaudito»

Politica - di Sveva Ferri - 8 Febbraio 2025 - AGGIORNATO 8 Febbraio 2025 alle 15:42

«Il post di Giorgia Meloni toglie ogni dubbio, non c’è nulla da chiarire: siamo alleati, uniti, abbiamo lo stesso obiettivo che è il bene del Paese, nessuno ci dividerà». A ribadire che l’affaire delle chat rubate non è un caso per la tenuta della maggioranza è Giovanni Donzelli, deputato e responsabile organizzazione di FdI. La questione di quei messaggi privati rubati e finiti sul Fatto Quotidiano e perfino in un libro è semmai un caso sotto altri aspetti: «Parliamo di chat private ed è gravissimo che siano violati principi costituzionali, ribaditi anche dalla Cassazione per WhatsApp, come la segretezza della corrispondenza».

Donzelli: «Quanto accaduto è inaudito: è stata violata la Costituzione»

In un contesto in cui la Costituzione viene sventolata spesso anche a sproposito, il riferimento di Donzelli è, invece, puntuale. Sintetizzato, ma letterale. Varrà quindi la pena ricordarlo il dettato dell’articolo 15: «La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria». E nel perimetro delle «comunicazioni» rientrano a pieno titolo anche quelle telefoniche. Dunque, quello che è accaduto con le chat di FdI «è inaudito», ha commentato Donzelli, intervistato dal Corriere della Sera. «Infatti – ha aggiunto – ci saranno denunce di chi si sente violato. Gravissimo e pericoloso spiare, magari anche con app vietate, un partito per anni e in modo indisturbato, e non è la prima volta che accade. Ma quando sbirciano dal buco della nostra serratura ne usciamo bene noi e male chi ci attacca».

Un’altra fase politica: «Quello che si scriveva in privato era espresso in pubblico»

Ieri, rilanciando sui propri social i risultati di un sondaggio che confermava il consenso il crescita per il partito, per il governo e per Meloni, le pagine di FdI commentavano «non ci avete fatto niente». Un concetto che si rintraccia anche nelle parole di Donzelli sul tentativo di colpire FdI attraverso quelle pubblicazioni. «Leggendo quelle chat, mancanti di tante altre cose che le completavano e ne davano il contesto – cito solo ad esempio il fatto che Fazzolari raccontava del suo viaggio per portare aiuti all’Ucraina, e non ve ne è traccia – l’immagine che viene fuori è quella di un partito trasparente in pubblico come in privato, onesto, passionale, che discute ma mai di nomine, potere, incarichi, al contrario di politica estera, energia, democrazia. Uniti e compatti, sempre, e sinceri: quello che si scriveva in privato – ha sottolineato Donzelli – era espresso in pubblico».

Erano altri tempi e un’altra fase politica, in cui FdI e Lega non erano alleati. «Quelle chat – ha ricordato il deputato di FdI – si riferiscono a una legislatura in cui il centrodestra era diviso, litigioso, su opposti fronti di governo, e lo era in pubblico. A volte dovettero intervenire i commessi in Parlamento per separare leghisti e noi. Proprio perché eravamo divisi ci furono pessimi governi. Da quando, dopo la caduta del governo Draghi, ci siamo ritrovati, non esiste una sola parola contro nessuno dei nostri alleati».

La necessità che a dare spiegazioni sia la Cpi

Ma l’intervista, firmata da Paola Di Caro, è stata anche l’occasione per fare il punto sulle altre tre questioni che in questo momento sono al centro delle polemiche sollevate dalla sinistra: Almasri, spionaggio, Cpi. «Chiederemo spiegazioni alla Cpi, Nordio ha spiegato perfettamente quale era il problema di quell’ordine di arresto, non valido e arrivato proprio quando Almasri è entrato in Italia, 108 giorni dopo la richiesta dei magistrati internazionali. Gli errori non li abbiamo fatti noi ma la Corte, che ci deve delle spiegazioni. Chi insiste lo fa perché è in malafede e non ha senso dello Stato», ha sottolineato Donzelli, ricordando anche che «avremmo chiarito molto prima se un magistrato avesse almeno atteso un giorno prima di iscrivere premier e ministri nel registro degli indagati. La sicurezza nazionale è una cosa seria, non può essere gestita come se fosse una riunione di un collettivo studentesco». Quanto al fatto che l’Italia non ha votato contro le sanzioni di Trump alla Cpi, il deputato di FdI ha chiarito che «è stato saggio non inserirsi in una vicenda marginale sollevata dalla Sierra Leone e Liechtenstein contro gli Usa e Israele» e che come l’Italia hanno fatto «anche altre grandi nazioni come Giappone, Australia, Repubblica Ceca e Corea del Sud».

La solidarietà agli spiati da Paragon: «Metodi pericolosi»

Infine, il caso Paragon. «Il governo – ha ricordato – ha già chiarito la propria estraneità. Solidarietà incondizionata al direttore di Fanpage Cancellato: avendo subito noi in questi due anni spionaggio, dossieraggi, inchieste coperte da parte di infiltrati che proprio lui sa quanto abbiano fatto clamore, siamo solidali a tutte le vittime di questi metodi pericolosi».

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di Sveva Ferri - 8 Febbraio 2025