CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

niqab a scuola

Col niqab in classe, il caso di Monfalcone smaschera l’ipocrisia. Da Valditara al Garante: la scuola sia luogo di integrazione e sviluppo

Politica - di Prisca Righetti - 7 Febbraio 2025 - AGGIORNATO 7 Febbraio 2025 alle 13:35

La vicenda della scuola di Monfalcone, nel Goriziano, è diventato un caso ormai arci-noto: ed è quello delle 5 studentesse che prima di entrare in classe alle 8, in una stanza appartata, alzano il velo di fronte alla referente dell’istituto superiore Sandro Pertini che in questo modo si sincera che a entrare a scuola siano le allieve iscritte. Una prassi indotta dalla necessità di riconoscimento e motivi di sicurezza, non codificata ma adottata, per le giovani islamiche di liceo che per fede indossano il niqab a lezione. Una procedura laboriosa in rispetto all’unica legge in vigore sull’argomento secondo la quale è vietato comparire irriconoscibili in un luogo pubblico.

Col niqab a scuola, sul caso di Monfalcone interviene il Garante

Ecco, sul caso è intervenuta la neo Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Marina Terragni, secondo la quale è lecito avere «molte preoccupazioni sulla libertà di queste ragazze e sulla loro effettiva integrazione nel contesto scolastico e sociale… talune pratiche contravvengono ai più elementari diritti e ostacolano il pieno sviluppo della personalità». Da qui il conseguente invito al ministero dell’Istruzione a vigilare, a cui nella serata di ieri ha risposto sollecitamente il ministro Valditara.

Valditara, condivido il messaggio del Garante: la scuola sia luogo di integrazione e sviluppo

Il quale, intervenendo sulla vexata quaestio ha asserito con chiarezza: «Condivido il messaggio del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Marina Terragni, a proposito dell’uso del niqab da parte di alcune studentesse di una scuola di Monfalcone: la scuola deve essere un luogo di vera integrazione, di relazioni umane solide e trasparenti, di valorizzazione della dignità della persona, un luogo in cui ragazze e ragazzi siano liberi di crescere armoniosamente. Non si deve tuttavia caricare la scuola di responsabilità che non le competono. Senza una legge che riveda la normativa vigente non si può chiedere a dirigenti scolastici e docenti più di quanto ha fatto la preside della scuola di Monfalcone».

Scuola, col niqab in classe: una questione di sicurezza e non solo…

E in effetti non si può eccepire nulla su quello che è il comportamento degli insegnanti dal momento che, come ricorda tra gli altri Il Giornale sulla vicenda, si declinano a una realtà sociale e studentesca in cui il 25 per cento dei residenti a Monfalcone è musulmano e le studentesse che indossano il velo sono tante. Ma va da sé che un conto è parlare di chador, di al amira o di shayla, con i quali il viso resta scoperto. E un altro è il niqab che lascia in vista solo gli occhi o, peggio ancora, il burqa che copre e ingabbia rigorosamente tutto il corpo…

Evidente, insomma, che le insegnanti dell’istituto in questione si siano trovate nella difficile situazione di dover scegliere tra imporre il divieto avrebbe comportato il rischio che le quattro ragazze lasciassero la scuola e il declinarsi alla soluzione della veloce identificazione mattutina dovuta per legge.

Il caso di Monfalcone scuote la politica

Dunque, il caso da scolastico e locale si fa politico e si estende a macchia d’olio alla realtà nazionale, con tutto il potenziale di paradossi e declinazioni che comporta. Sì, perché la norma ci sarebbe, ma come riporta il quotidiano milanese citato «l’interpretazione di legge l’ha superata: la n. 152 del 1975, che nasce come anti-terrorismo, viene definita inapplicabile proprio nei casi delle musulmane che abbiano “giustificato motivo”». Ed è proprio tale “giustificato motivo” a fare la differenza tra chi si ritrovi a girare in città con un passamontagna o un casco integrale, e una donna musulmana che indossi il velo, volontariamente o indotta da motivazioni religiose o culturali.

La proposta di legge

Così, a ridosso della proposta tornata sul tavolo del consiglio regionale lombardo: vietare burqa e niqab a scuola e negli uffici pubblici, per la Lega «il velo a scuola non è integrazione ma sottomissione». E il partito ha già presentato una proposta di legge, a prima firma Lezzi, con cui si vieta l’utilizzo del niqab nei luoghi pubblici e ne chiede la calendarizzazione urgente.

L’intervento dell’assessore regionale Alessia Rosolen

Ma non c’è solo la Lega sensibilizzata sul tema. In prima linea infatti in questo caso ritroviamo l’assessore regionale di lungo corso del Friuli Venezia Giulia all’Istruzione e alla formazione, Alessia Rosolen, che intervenendo nel dibattito di queste ore sull’uso del niqab da parte di alcune studentesse all’Istituto Sandro Pertini di Monfalcone, ha tuonato: «Il velo integrale non è l’espressione di una cultura, ma è lesivo della dignità, della libertà e del rispetto verso le donne. Trovo ancora più grave, e su questo ritengo che vada fatta con urgenza una riflessione prima politica e poi legislativa, l’espressione utilizzata rispetto ai programmi “diversificati” e all’adozione di prassi speciali per evitare che le ragazze straniere abbandonino la scuola. Perché è questo il vero problema che si nasconde sotto al niqab e ai fatti di questi giorni».

«Il niqab non deve trovare posto nelle nostre scuole che sono luogo di integrazione, confronto e inclusività»

E a stretto giro, l’assessore Rosolen ha anche aggiunto: «Il niqab non deve trovare posto nelle nostre scuole che sono luogo di integrazione, confronto e inclusività. Tantomeno deve trovare posto nella nostra società che si basa su dignità e rispetto, su uguali doveri e medesime opportunità. La dirigente del Pertini agisce in base alle norme ed è sulle norme che bisogna agire, non sugli effetti della loro mancanza, abbandonando le persone alle proprie responsabilità», ha rimarcato l’esponente della Giunta. «Altri Paesi europei, oltre all’Egitto e la Tunisia – ha sottolineato infine l’assessore – sono intervenuti sull’uso del velo integrale per motivi di sicurezza, ma anche per rispondere, garantendo diritti a chi frequenta – in primis – il sistema scolastico, luogo di opportunità e vera integrazione».

La questione affrontata in chiave bipartisan

Una posizione che, nel caso sollevato dalla vicenda di Monfalcone il messaggio che arriva e che viene rilanciato è assolutamente bipartisan, condiviso da FI al Pd, anche dal leader di Azione Carlo Calenda che, a riguardo, non a caso ha commentato: «È inaccettabile che in Italia venga consentito l’uso del niqab a scuola. Oltre ad essere uno strumento di oppressione delle donne è contrario alla normativa italiana sulla riconoscibilità della persona nei luoghi pubblici. Integrazione e tolleranza verso pratiche mortificanti e violazione delle norme sono cose molto diverse».

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Prisca Righetti - 7 Febbraio 2025