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Dal Congresso di Vienna a oggi
L’Europa che fu, l’Europa che è: breve storia dei confini nazionali nel Vecchio Continente
A sentire qualcuno, pare di apprendere che i confini tra Stati europei siano una cosa sacra come un’apparizione celeste, e antichi più della divisione in lingue sotto la Torre di Babele: e guai a toccarli. Ebbene, non è minimamente così, e ve ne elenco, sommariamente, le prove. Per non dilungarmi nei millenni, parto solo dal 1814-5, Congresso di Vienna.
Da allora, solo Svizzera, Portogallo e Spagna hanno mantenuto inalterate le stesse frontiere politiche; ma la Spagna attraversò molte traversie interne e guerre civili dal 1808 al 1939; e non manca, ogni tanto, un odierno seguito. Portogallo, e persino la Svizzera, ebbero turbamenti interni.
La Francia, nel 1814 ridotta all’Esagono dopo l’abnorme e fugace espansione giacobina e napoleonica (mantenne solo Avignone tolta alla Chiesa), ottenne Savoia e Nizza nel 1860; cedette nel 1871 Alsazia e Lorena, e le recuperò nel 1914. Negli anni 1950 ci provò con la Saar, ma le andò male. I Paesi Bassi videro separarsi nel 1837 il Belgio, nel 1890 il Lussemburgo.
Al Regno Unito si ribellò a gran forza, in varie fasi, e vittoriosamente, l’Irlanda Eire. Per la Scozia e l’Ulster, vedremo. La Danimarca perse la Norvegia nel 1814, mantenendo Islanda e Groenlandia (toh!) e Far Oer; perse i Ducati dello Jutland nel 1864. La Norvegia era finita in unione personale con la Svezia, per far secessione nel 1905. La Finlandia passò dalla Svezia alla Russia, rendendosi indipendente nel 1918; cedendo nel 1940 alcuni territori all’Urss. L’Islanda divenne indipendente nel 1920. Per la Groenlandia… siamo in non spasmodica attesa. Voglio ricordare, o informare, che la gelida isola fa sì parte della Danimarca, ma, dopo un mini referendum, non dell’Europa Unita.
Mani nei capelli con la Germania! Dopo la gran potatura napoleonica, erano rimasti, delle quasi quattro centinaia del 1648, “solo” trentanove Stati indipendenti in una vaga Confederazione Germanica; ridotti di numero nel 1866, diventano Impero Federale nel 1871; Repubblica, sempre federale, nel 1918, perdendo territori a favore della Polonia. Dopo espansione ad Austria e Sudeti e conquiste transitorie, fu occupata e divisa nel 1945 tra Germania Ovest e Germania Est; e si riunificò nel 1989.
La Polonia, del tutto scomparsa politicamente tra il 1772 e il 1794, rinacque nel 1918, conquistando poco dopo vasti territori russi. Spartita tra Germania e Urss nel 1939, rinacque, per modo di dire, come Stato comunista satellite; indipendente davvero dal crollo dell’Urss. Quanto ai confini, divertitevi a sovrapporre una cartina del 1939 con quella del 1945 e di oggi, e vedrete come alle volte scivolano le frontiere!
La Cecoslovacchia, inventata nel 1918, sciolta con scossoni nel 1938, rimessa in piedi da Stalin come Stato comunista all’occorrenza invaso (1967), in una notte del 1992 si sciolse ben volentieri da sola in Cechia e Slovacchia: a parte un mio articolone sul Secolo di allora, gli altri giornali dedicarono alla faccenda un trafiletto e qualche vaga protesta di inascoltati nostalgici intellettuali. Per gli ondeggianti confini del fantasticato Stato tra 1918 e ‘38, ci vorrebbe un lungo trattato a parte, e sorvolo. Osservo che qualcuno, scordando furbescamente (o ignorando davvero?) il 1992, si lamenta del 1938 e di Monaco, invece di ringraziare per la pace che qualcuno salvò! Non faccio nomi.
L’Austria esiste, come definita entità statale, solo da quando Napoleone, nel 1806, costrinse l’imperatore romano (niente di meno!) Francesco II a contentarsi di essere Francesco I imperatore d’Austria; nel 1814 era estesa, di fatto o di diritto, a Milano, Venezia, Trento, Trieste, Dalmazia, Slovenia, Austria attuale, attuale Cechia e vasti territori oggi polacchi e ucraini e russi; vi era annessa l’Ungheria, indipendente dal 1867 ma unita a Vienna nella persona del sovrano e altro; ed estesa a Fiume, Croazia, Ungheria, Transilvania, Slovacchia.
Nel 1918, Ungheria e Austria si ridussero entro i confini attuali; l’Austria, o, più esattamente, i singoli Laender, si unirono entusiasticamente alla Germania nel 1938, per poi andare dicendo che era stata un’invasione, e tutti fanno finta di crederci anche nel 2025. Particolare è la sua posizione internazionale, e qui non è il caso di indagare. L’Ungheria dal 1938 si allargò a parte della Slovacchia e alla Transilvania, entrambe abitate da Magiari; ma tornò, ed è oggi, al 1918.
La Iugoslavia viene creata, malamente e frettolosamente, nel 1918; occupata nel 1941 da Germania e Italia, si divise in Stati ed eserciti e partiti in guerra di tutti contro tutti; rimessa assieme dalla dittatura di Tito, si sciolse da sola quando quello morì; e dal 1991 furono altri fiumi di sangue nella più disonorevole inerzia dell’Europa. Oggi troviamo Croazia, Slovenia, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia… e non meglio definita è la condizione di Bosnia, Kossovo etc…
L’Albania, senza narrare gli scossoni interni e l’annessione all’Italia dal 1939 al ’43, ebbe gli stessi confini, con espansione provvisoria dal 1941. Qualche modifica interessò Romania, Bulgaria, Grecia: questa nel 1947 ottenne il Dodecaneso e Rodi, italiani dal 1912. Ambigua è situazione etnica della Moldavia.
L’Impero degli zar, poi divenuto comunista e Unione Sovietica (Urss), dal 1914 al 1921 perse e riguadagnò vastissimi territori, per stabilizzarsi ai confini che, formalmente, manterrà fino al crollo del 1990; però con dominio di fatto dei Paesi satelliti. Scioltasi l’Urss, nacquero Estonia, Lettonia, Lituania, già indipendenti dal 1918 al ’39; Bielorussia, Moldavia, Russia (con Kaliningrad), Ucraina; e nel Caucaso: Armenia, Azerbaijan, Georgia, con non poche turbolenze; e le Repubbliche d’Asia Centrale. Dobbiamo poi dire almeno qualcosa sulle cervellotiche Città libere di Memel-Klaipeda, Fiume, Trieste, di breve vita; di Danzica, magari in qualche più opportuna occasione.
E l’Italia? Anche della nostra Patria qualcuno parla come fosse unita fin dai giorni di Romolo, e non fu così dal 568 d.C. Nel 1814: Regno di Sardegna; Principato di Monaco; Regno Lombardo Veneto di fatto austriaco; Ducato di Parma; Ducato di Modena; Principato di Massa; Granducato di Toscana; Elba; San Marino; Stato della Chiesa; Regno di Napoli; Regno di Sicilia. 1815: Elba, abbandonata da Napoleone, è annessa alla Toscana; 1816, la Sicilia è annessa a Napoli (R. Due Sicilie); 1829, Massa annessa a Modena; 1859-60, Milano, Parma, Modena, Bologna, Toscana annesse a Sardegna; Nizza e Savoia cedute alla Francia; 1860, annessione di Marche, Umbria, Napoli, Sicilia (1861, Regno d’Italia); 1866, annessione del solo Veneto; 1870, di Roma; 1918-24, espansione a Bolzano, Trento, Venezia Giulia, Trieste, Istria, Dalmazia poi ridotta a Zara, Fiume; conquiste coloniali; 1945, perdita di Venezia Giulia, Trieste, Istria, Fiume, Zara; e Briga e Tenda; 1954, ritorno di Trieste e Zona A all’Italia; 1975, definitiva cessione della Zona B all’allora Iugoslavia, che di fatto già la occupava. Sono Stati italiani indipendenti San Marino e Vaticano.
Nel 2025 le frontiere statali corrispondono, grosso modo e almeno in Europa Centrale e Occidentale, a quelle etniche e linguistiche; ed è vero che oggi i confini non hanno più l’importanza militare, politica e culturale di un tempo, quando bastavano un fiume e un monte a prospettare, per quanto possibile, la sicurezza strategica; e oggi ci sono armamenti che sorvolano, letteralmente, gli ostacoli delle distanze; e una pacifica telefonata consente di comunicare in tempo reale con ogni angolo del globo, e senza alcun passaporto, e quasi gratis. Non è tuttavia una buona ragione per dimenticare, o rimuovere la storia del passato, della cui contraddittoria complessità abbiamo cercato di dare un rapido sunto. Si può lodare o condannare la storia, ma non far finta che non ci fu.