![von der leyen ursula dazi von der leyen ursula dazi](https://www.secoloditalia.it/files/2025/02/von-der-leyen-ursula-dazi-860x358.png)
L'Europa contrattacca
Dazi, von der Leyen non ci sta: contromisure da Bruxelles alle “tasse” di Trump
La presidente della Commissione promette "contromisure ferme e proporzionate" per difendere l'economia europea: "Proteggeremo lavoratori, aziende e consumatori".
L’Europa non ci sta. Trump torna a brandire l’arma dei dazi, imponendo tariffe del 25% su acciaio e alluminio importati dall’Ue e Bruxelles risponde. «Le tariffe sono tasse: dannose per le imprese, peggio per i consumatori», scandisce Ursula von der Leyen, promettendo «contromisure ferme e proporzionate». Il sipario sulla nuova stagione di tensioni commerciali è ufficialmente alzato.
Trump rilancia la guerra dei dazi
Il presidente americano ripropone lo schema già visto durante l’era Biden ma sotto il motto dell’America First. Ma questa volta, l’Europa non sembra intenzionata a subire. Se nel passato Bruxelles cercò di negoziare, ora la postura cambia: «Non c’è giustificazione per i dazi di Trump», attacca il commissario al Commercio Maroš Šefčovič. «Con i dazi aumenterà l’inflazione e sono una tassa per i loro cittadini. Uno scenario in cui perdono tutti: risponderemo in modo duro».
Dietro la nuova offensiva di Trump ci sono però più ragioni: il pressing su Bruxelles per allinearla agli interessi strategici americani, il tentativo di rilanciare la siderurgia statunitense e il più ampio disegno di pressione sulle alleanze occidentali. La questione, infatti, non è solo economica. Il tycoon ha già ventilato la possibilità di estendere la stretta su altri settori, utilizzando i dazi come strumento di ricatto su dossier, dalla Groenlandia alla spesa militare della Nato.
Von der Leyen risponde dura ai dazi di Trump
La Commissione europea si muove su un doppio binario. Da una parte, compattare i Ventisette, dall’altra mostrare mano ferma agli Stati Uniti. «Il commercio è una competenza esclusiva dell’Ue. Gli Stati membri non possono negoziare da soli», sottolinea il portavoce della Commissione, Olof Gill, chiudendo la porta a qualsiasi tentativo di intese bilaterali tra singoli Paesi e Washington.
Il punto nodale ora è la riunione straordinaria convocata dalla presidenza polacca, dove i ministri del Commercio dei Paesi Ue definiranno la risposta più opportuna.
I compagni tremano e cercano mamma Ursula
Nel frattempo, Sanchez e Scholz +cercano riparo sotto l’ombrello europeo. «Spero che la strada sbagliata dei dazi e dei contro-dazi ci sia risparmiata», prega il cancelliere tedesco Scholz. Lo segue a ruota il compagno Sánchez, forse perché è il premier europeo più detestato da Trump. «Se altri iniziano una guerra commerciale, il governo spagnolo appoggerà l’Unione Europea», dichiara con il timore di restare isolato.
I Patrioti non si fidano
Dall’altro emiciclo del Parlamento europeo, i Patrioti non si fidano: «Trump e Cina difendono i loro interessi, l’Ue no». Così la loro europarlamentare ceca Klara Dostalova incalza: «La Commissione non era pronta sui dazi di Trump, come non era pronta per la crisi energetica e la concorrenza sleale della Cina. Magari farà un piano ambizioso che però nessuno seguirà: gli altri, la Cina e gli Usa, difendono i loro interessi e noi invece ragioniamo su un piano sul commercio etico per il mercato delle banane».
Le opzioni sul tavolo: carote e bastoni
Von der Leyen cerca di calibrare la risposta. L’Europa potrebbe rispondere con misure di ritorsione mirate, come già fatto nel 2018, quando Bruxelles colpì prodotti simbolo degli Usa (bourbon e whiskey, Harley-Davidson, jeans Levi’s). Ma questa volta potrebbe spingersi oltre. Uno degli strumenti più temuti dagli americani è il nuovo meccanismo anti-coercizione economica dell’Ue, che permette di colpire non solo merci, ma anche servizi e investimenti.
Parallelamente, Bruxelles potrebbe tentare di disinnescare la crisi con un compromesso: un accordo commerciale che preveda maggiori acquisti europei di gas naturale liquefatto e armamenti americani in cambio di una moratoria sui dazi. Una soluzione già adottata in passato con concessioni su soia e aragoste. Ma basterà?
L’incognita Vance: un emissario di Trump o di Musk?
Nelle prossime ore, un tassello cruciale si aggiungerà al mosaico. A Parigi, il vicepresidente americano J.D. Vance incontrerà Ursula von der Leyen in occasione del vertice internazionale sull’intelligenza artificiale, convocato da Emmanuel Macron. Un faccia a faccia che si preannuncia teso, considerati i trascorsi dell’ex senatore dell’Ohio: pupillo dell’oligarca tech Peter Thiel, sostenuto da Elon Musk e tra i fedelissimi di Trump nella nuova amministrazione. «Ci dirà che le nostre regole sul digitale fanno schifo e che discriminano le aziende americane», confida un funzionario europeo a Politico.
Il dossier tecnologico si intreccia infatti con la guerra commerciale: Trump ha più volte attaccato le normative europee, dal Digital Services Act alle leggi sulla concorrenza, difendendo a spada tratta le big tech statunitensi. Dietro la minaccia di nuovi dazi potrebbe celarsi una strategia negoziale per ammorbidire le regole e dare respiro a colossi come Meta, Google e Amazon.