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La relazione a Bruxelles
Ucraina, Draghi azzanna l’Europa paralizzata: “La Ue potrebbe restare sola, agisca unita: servono 800 miliardi”
Il monito di Mario Draghi all’Europa sembra più un morso che non un pungolo, nei giorni in cui la Ue cerca una risposta unitaria sulle trattative di pace per l’Ucraina e il confronto con gli Usa di Trump. “Per far fronte alle sfide poste dalla situazione geopolitica attuale, è sempre più chiaro che dobbiamo agire sempre più come se fossimo un unico Stato”, sottolinea l’ex presidente della Bce intervenendo alla European Parliamentary Week a Bruxelles. “La complessità della risposta politica – aggiunge – che coinvolge ricerca, industria, commercio e finanza – continua – richiederà un livello di coordinamento senza precedenti tra tutti gli attori: governi e parlamenti nazionali, Commissione e Parlamento Europeo”. “Questa risposta – continua – deve essere rapida, perché il tempo non è dalla nostra parte, con l’economia europea che stagna, mentre gran parte del mondo cresce. La risposta deve essere commisurata alla portata delle sfide. E deve essere focalizzato sui settori che guideranno l’ulteriore crescita. Velocità, scala e intensità saranno essenziali”, conclude.
Draghi e l’Europa dell’unità e della minaccia dei dazi
“I dazi che gli Usa imporranno sulle importazioni dall’Ue e dalla Cina sortiranno l’effetto di reindirizzare la sovraccapacità” produttiva cinese nell’Unione Europea, colpendo le sue imprese”, avverte Draghi. “Nei prossimi mesi – afferma – l’Ue dovrà affrontare i dazi imposti dalla nuova amministrazione statunitense, che ostacoleranno il nostro accesso al nostro più grande mercato di esportazione“. “Potremmo anche dover affrontare – aggiunge – politiche concepite per invogliare le aziende europee a produrre di più negli Stati Uniti, basate su tasse più basse, energia più economica e deregolamentazione. L’espansione della capacità industriale negli Stati Uniti è una parte fondamentale del piano del governo per garantire che i dazi non abbiano effetti inflazionistici”, conclude.
La risposta rapida su Ia, energia e transizione
“Dalla pubblicazione del rapporto, i cambiamenti avvenuti sono sostanzialmente in linea con le tendenze delineate. Ma il senso di urgenza di intraprendere il cambiamento radicale auspicato dal rapporto è diventato ancora più forte. In primo luogo, il ritmo dei progressi dell’IA si è accelerato rapidamente. I modelli di frontiera hanno raggiunto quasi il 90% di accuratezza nei test di riferimento per il ragionamento scientifico, superando i punteggi degli esperti umani. Inoltre, i modelli sono diventati molto più efficienti: i costi di addestramento sono diminuiti di un fattore dieci e quelli di inferenza di un fattore venti”, ha osservato Draghi nel suo intervento. “Per il momento, la maggior parte dei progressi avviene al di fuori dell’Europa. Otto degli attuali dieci modelli linguistici di grandi dimensioni sono stati sviluppati negli Stati Uniti, mentre gli altri due provengono dalla Cina. Ogni giorno che passa, la frontiera tecnologica si allontana da noi, ma il calo dei costi è anche un’opportunità per recuperare più velocemente”, ha puntualizzato. “In secondo luogo, i prezzi del gas naturale rimangono altamente volatili, con un aumento di circa il 40% da settembre, e i margini sulle importazioni di Gnl dagli Stati Uniti sono aumentati in modo significativo dallo scorso anno. Anche i prezzi dell’energia elettrica sono generalmente aumentati in tutti i Paesi e sono ancora 2-3 volte superiori a quelli degli Stati Uniti. E abbiamo visto il tipo di tensioni interne che potrebbero sorgere se non si agisce con urgenza per affrontare le sfide create dalla transizione energetica. Ad esempio, durante la grave dunkelflaute del dicembre dello scorso anno – quando l’energia solare ed eolica è scesa quasi a zero – i prezzi dell’energia tedesca sono aumentati di oltre dieci volte rispetto alla media annuale. Parallelamente, le crescenti minacce alle infrastrutture critiche sottomarine sottolineano l’imperativo di sicurezza di sviluppare e proteggere le nostre reti”, ha spiegato l’ex presidente della Bce. “In terzo luogo, quando è stato redatto il rapporto, il tema geopolitico principale era l’ascesa della Cina. Ora, nei prossimi mesi l’Ue dovrà affrontare i dazi imposti dalla nuova amministrazione statunitense, che ostacoleranno l’accesso al nostro principale mercato di esportazione, ha ancora aggiunto Draghi, che si è rivolto ai rappresentanti dei parlamenti nazionali europei in occasione della European Parliamentary Week 2025.
I conti in tasca alla Ue
Draghi non si nasconde dietro un dito: l’Europa si valuta anche per la capacità di mettere risorse in campo. “È ora importante che la Commissione riceva tutto il sostegno necessario sia per l’attuazione del programma che per il suo finanziamento. Il fabbisogno finanziario è enorme: 750-800 miliardi di euro all’anno è una stima prudente. Per aumentare la capacità di finanziamento, la Commissione propone un’apprezzabile razionalizzazione degli strumenti di finanziamento dell’Ue. Ma non sono previsti nuovi fondi Ue. Il metodo proposto è quello di combinare gli strumenti dell’Ue con un uso più flessibile degli aiuti di Stato coordinati da un nuovo strumento europeo”, spiega l’ex presidente della Bce. “Speriamo che questa costruzione fornisca il sostegno finanziario necessario, il successo dipenderà dall’utilizzo da parte degli Stati membri dello spazio fiscale a loro disposizione e dalla loro disponibilità ad agire all’interno di un quadro europeo”, ha aggiunto.
La nuova era di Donald Trump
Con la nuova amministrazione Trump “potremmo anche trovarci di fronte a politiche ideate per attirare le aziende europee a produrre di più negli Stati Uniti, basate su tasse più basse, energia più economica e deregolamentazione. L’espansione della capacità industriale negli Stati Uniti è una parte fondamentale del piano del governo per garantire che le tariffe non siano inflazionistiche. E, se le recenti dichiarazioni delineano il nostro futuro, possiamo aspettarci di essere lasciati in gran parte soli a garantire la sicurezza in Ucraina e nella stessa Europa“, è l’amara conclusione di Draghi.