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Il disegno di legge

Il giorno di festa tra valore simbolico e calendario di legge: la sfida tra la data sacra da tutelare e le logiche di mercato

Giurisprudenza a parte, il valore simbolico della festa su cui riflettere

Cultura - di Mario Bozzi Sentieri - 10 Febbraio 2025 alle 21:14

C’è una grande necessità di “atti simbolici” in grado di rompere con il conformismo dominante. Atti – sia chiaro – non violenti, ma capaci di “insolentire” una realtà stanca e gretta, galleggiante nel suo quieto vivere. Su questa via anche minimi, essenziali interventi possono trasformarsi in importanti segnali, capaci di fare riflettere e discutere sulla base di scelte “di valore”, spesso dimenticate. Pensiamo al significato della Festa, laddove il “diritto alla festa” viene ad assumere valenze sociali e culturali, che vanno ben oltre le aziende coinvolte, laddove in gioco c’è l’idea stessa del nostro vivere quotidiano, con al centro il senso del lavoro e il ruolo della famiglia, il significato spirituale della pausa festiva ed il suo valore per le comunità.

Il rebus del “giorno di festa”

È ormai prassi diffusa, specie nel settore del commercio, che le festività “comandate”, sacre e profane, siano sempre più un optional, nel senso che lavorare la domenica non desta più alcuno scandalo. Così pure per Natale e Pasqua, feste tradizionalmente familiari. È giusto che sia così? Da anni ormai il problema sembra risolto. In realtà qualcosa si sta muovendo per riaprire la questione, magari facendo discutere.

Il ritorno a una visione più tradizionale

Fratelli d’Italia, con primo firmatario Silvio Giovine, ha depositato un disegno di legge che mira a imporre la chiusura obbligatoria dei negozi e degli esercizi commerciali durante i giorni di festa nazionale. Un’iniziativa che potrebbe rappresentare una vera e propria rivoluzione per il settore e fare da traino per altre mosse analoghe. L’obiettivo è garantire il riposo in alcuni giorni simbolici del calendario nazionale, segnando – di fatto – il ritorno a una visione più tradizionale delle festività, in cui le celebrazioni familiari e il riposo collettivo prevalgono sulle logiche del consumo e del profitto. Ma cosa prevede esattamente questo disegno di legge e quali sono le sue implicazioni per i lavoratori, le famiglie e i consumatori?

Festa, festività e ordine nel calendario

Secondo quanto dichiarato dai promotori della norma, la legge si prefigge di ristabilire la chiusura obbligatoria di negozi e centri commerciali in sei festività nazionali: Natale, Pasqua, Ferragosto, Primo maggio, Capodanno e Santo Stefano. Attualmente, la liberalizzazione degli orari e delle aperture straordinarie, introdotta con il decreto “Salva Italia” del 2011, consente agli esercizi commerciali di rimanere aperti in qualunque giorno dell’anno. Questa scelta, fortemente voluta all’epoca per favorire la crescita dei consumi e il rilancio dell’economia, ha però avuto anche degli effetti collaterali, soprattutto per i lavoratori del settore e non solo.

Festa, lavoro, consumo e riposo

La proposta di Fratelli d’Italia punta a riportare ordine nel calendario delle aperture e garantire ai dipendenti del commercio il diritto a trascorrere almeno sei giornate di festa con le proprie famiglie, individuando sei giorni considerati simbolicamente più significativi dal punto di vista religioso, sociale e culturale. Le ragioni della proposta di legge si basano su tre principi chiave: tutela dei diritti dei lavoratori nella misura in cui il personale impiegato nei negozi e nei centri commerciali ha spesso turni di lavoro massacranti e orari flessibili, con pochi momenti di riposo durante l’anno. Valorizzazione del significato delle festività, momenti simbolici di aggregazione sociale e culturale, la cui sacralità va tutelata, ridando loro il valore originario, lontano dalle logiche di mercato. Riduzione del consumismo esasperato, facendo riflettere su un nuovo equilibrio tra lavoro, consumo e riposo.

Il paradosso rispetto al contesto europeo

Il paradosso è che il nostro Paese rispetto al contesto europeo risulta fortemente sbilanciato. A livello europeo la chiusura dei negozi nei giorni festivi è infatti già una realtà in molti Stati. In Germania e Austria, ad esempio, i negozi sono chiusi la domenica e durante le principali festività nazionali. Anche in Francia e Spagna le aperture straordinarie sono limitate a poche giornate specifiche, con deroghe solo per i centri commerciali situati in aree turistiche.

FdI tra contesto nazionale e standard europei

In questo contesto, l’Italia risulta essere uno dei Paesi con la legislazione più permissiva e liberista sulle aperture festive. La proposta di Fratelli d’Italia intende allineare il nostro contesto nazionale agli standard europei, garantendo ai lavoratori del commercio il diritto al riposo. Sarebbe tuttavia una lettura troppo “formale” ridurre la questione ad una mera faccenda normativa. Il legislatore fa ovviamente il suo “mestiere”. Parlare della Festa e del suo senso profondo va però ben oltre gli aspetti “burocratici” della chiusura/apertura degli esercizi commerciali.

Dal punto di vista sociale e culturale, equiparare – come è stato fatto negli ultimi anni – giorni festivi e giorni feriali significa impoverire uno spicchio della nostra identità collettiva, storicamente segnata proprio dalla presenza delle Feste e del Sacro. Come indica la Dottrina Cattolica «la dimensione cristiana della festa come tempo di comunione e attesa porta a maturazione la nostalgia di un tempo dove l’uomo non serve solo la produzione, ma dove il lavoro ridoni speranza all’uomo.

Condizioni antropologiche, educative e comunitarie

E ancora. «Tocca alle comunità cristiane predisporre le condizioni antropologiche, educative e comunitarie perché la domenica sia vissuta come tempo della festa, tempo “sacro”, cioè un tempo in cui l’uomo si lascia sorprendere (prendere-come-da-sopra) dal fatto che la vita personale, familiare e sociale è più di quanto egli misura, calcola, produce e costruisce, ma è dono che deve essere ricevuto e vissuto nel cerchio familiare e nello scambio sociale».

Festa, una sfida antropologica

Quella della “festa” è però anche una sfida antropologica, in grado di coinvolgere l’essere stesso delle persone. E allora, se il commercio è indubbio che debba essere favorito, è anche vero che esistono “bilanci culturali” con cui bisogna sapere fare i conti, a cominciare dalla piena consapevolezza del proprio “tempo”, dal riconoscersi in culture condivise, quali quelle che vengono anche dal comune ceppo cattolico, dagli esempi di una religione che si intreccia con la società, che si fa bandiera, rito civile, segno distintivo, festa nel suo significato di evento gioioso e coinvolgente il singolo e la comunità, laddove invece a vincere sembrano essere le logiche del mercato, dell’individualismo, dello sradicamento culturale, della perdita della memoria.

Una riflessione sul tema

Per queste diverse ragioni i giorni “festivi” vanno difesi e riconsegnati al loro destino di giornate straordinarie e di “condivisione sociale”, anche a costo di scontentare qualcuno. E allora ben vengano le proposte di legge in tal senso. Soprattutto se servono ad aprire una riflessione sul tema, magari chiudendo, nei giorni individuati, qualche supermercato.

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di Mario Bozzi Sentieri - 10 Febbraio 2025