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Egea Rai1

Quello "scatto" diventa film

“La bambina con la valigia”, su Rai 1 la storia della piccola Egea: in una foto il dramma collettivo

Politica - di Gabriele Alberti - 10 Febbraio 2025 alle 13:35

“La bambina con la valigia” è un  appuntamento da non perdere stasera lunedì 10 febbraio, Giorno del Ricordo. RaiUno rende omaggio a Egea Haffner con un film tv di rilevanza straordinaria e commovente. “Dietro la mia foto c’è la tragedia di un intero popolo costretto all’esilio. La mia missione è fare in modo che la nostra storia non venga dimenticata, a volte neanche a scuola se ne parla”. Foto in bianco e nero, sguardo triste prima di abbandonare Pola. Lo zio della bimba diventata un po’ l’icona della tragedia dell’esodo di tanti italiani costretti ad abbandonare il nostro confine orientale, le scatta una foto. Scatto diventato memorabile. Egea è ritratta con in mano un ombrellino e una valigia su cui compare un cartello che recita “Esule giuliana n° 30001”: numero che si riferiva agli italiani in quel momento residenti a Pola; la maggior parte destinata a lasciarsi ogni cosa alle spalle e a trasferirsi altrove. Egea era presente alla cerimonia al Quirinale, il premier Meloni si è commossa alle sue parole,

“La bambina con la valigia” su Rai1

Proprio come Egea, che da quel momento inizia il suo esodo, prima in Sardegna, poi a Bolzano. Lacrime e sangue in uno “scatto” tragico.  La sua storia è stata anche raccontata in un libro, scritto con Gigliola Alvisi e intitolato, appunto,  “La bambina con la valigia. Il mio viaggio tra i ricordi di esule al tempo delle foibe” (Piemme, 2022). Un libro pensato per i ragazzi, affinché i più giovani possano avere coscienza di quei drammatici eventi vissuti da migliaia di italiani. Oggi quella storia divventerà patrimonio di un pubblico più ampio dell’ammiraglia Rai, in una produzione molto attesa: un  film tv diretto da Gianluca Mazzella, sceneggiatura di Andrea Porporati. La produzione ha beneficiato del supporto della Friuli Venezia Giulia Film Commission – PromoTurismoFVG. Egea ora ha 84 anni e vive a Rovereto.

Storia di Egea Haffner quello “scatto” memorabile

I tragici eventi che segnarono l’Alto Adriatico durante il conflitto e l’ampio processo di migrazione forzata dai territori passati sotto l’amministrazione della Jugoslavia comunista dal 1945 e per tutto il decennio successivo coinvolse migliaia di italiani. La storia di Egea è drammatica. Residente a Pola (oggi in Croazia), nel maggio del 1945, a soli tre anni e mezzo perde il padre Kurt, scomparso per sempre dopo essere stato prelevato dalla sua abitazione dai partigiani di Tito e mai più ritrovato. Probabilmente il suo corpo finisce in una foiba nel Carso. “Nonna ogni sera metteva via un pezzo di pane: Forse el torna, speremo che el torni…. Mia zia Ilse con la bicicletta andò fino a Trieste e a Capodistria, pensando che l’avessero messo in qualche campo di concentramento, ma era come se fosse finito nel nulla”, ha raccontato nel libro.

Il padre di Egea vittima delle foibe

Da qui inizia la storia che un anno più tardi, nel luglio del 1946, vede Egea costretta con la famiglia a lasciare la propria città come profuga. Non ha ancora compiuto cinque anni in quella foto storica. Da quel momento, la famiglia Haffner lascia Pola, si trasferisce prima Cagliari e poi a Bolzano accudita da una zia che l’ama come una figlia e protetta dalla cura dei nonni, fino ad arrivare a Rovereto dove vive tutt’oggi. Un’avventura drammatica e incredibile, trascorsa a lungo da dimenticati ma sempre con orgoglio, coraggio e determinazione. L’immagine in bianco e nero della bambina con la valigia e la scritta “esule giuliana”, una foto scattata davvero il 6 luglio 1946 poco prima di abbandonare per sempre la sua casa, è diventata l’emblema dell’esodo e di un periodo storico a lungo taciuto.

Egea Haffner: “Ricordo il profumo di mio padre”

Il film tv è stato girato in diverse location del Friuli Venezia Giulia, tra cui Trieste, Sistiana, Duino Aurisina, Grado (impiegata per Pola), i Laghi di Fusine, il Parco Piuma-Isonzo e Gorizia. Le riprese si sono concluse alla fine di ottobre.  “Conservo poche immagini – ha raccontato Egea al Corriere -. Ricordo che durante la guerra correvamo insieme verso il rifugio. Lui mi prendeva sottobraccio e ho ben presente il suo profumo, l’acqua di colonia che usava. Il 4 maggio del ’45 la polizia di Tito arrivò a casa. Lui si mise una sciarpa e uscì. Rividero quella sciarpa giorni dopo, al collo di un titino. Mio padre, Kurt Haffner, aveva solo 26 anni quando venne ucciso”.

La famiglia venne a conoscenza del suo destino nelle foibe tempo dopo. “Ci dissero delle foibe e del destino che aveva conosciuto papà. Non aveva nessuna colpa, non si interessava di politica, tantomeno era fascista. Ogni tanto lo chiamavano al comando per qualche traduzione perché sapeva il tedesco. Poi l’esodo. Anche Egea, come tutti gli altri italiani, lasciò Pola: “Mamma disse che dovevamo partire e io pensai a una gita. Ci siamo trasferite prima in Sardegna, poi a Bolzano“. La nuova vita non fu semplice: “Non lo dicevo a nessuno, mi sembrava una vergogna. Mi accorgevo di essere diversa, notavo la differenza che c’era tra me e le mie compagne a scuolaOrfana di guerra e profuga. In seguito ho deciso di raccontare la mia storia e continuo a farlo nelle scuole e durante le celebrazioni. E poi anche tramite il libro e il film.

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di Gabriele Alberti - 10 Febbraio 2025