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L'intervento
La destra, la giustizia e le garanzie: occorre una riflessione oltre il caso Santanchè
Si può seguire la strada impervia di una distinzione tra il sostegno indefettibile alle forze dell’ordine e una postura di rispetto, ma non ingenua, molto accorta, verso l’autorità giudiziaria?
Le fa onore. Quell’autocritica le fa onore. Più delle decantate o vituperate “borsettate” con le quali Daniela Santanchè ha sopraffatto turbe di critici urlatori e silenti; in primis Elly Schlein, quella che, a sproposito, cita l’articolo 54 della Costituzione “sulla disciplina e onore”, scaricandolo su una imputata, mai condannata, quindi innocente, Costituzione alla mano. E togliendolo dalle spalle di eminenti colpevoli, con sentenza passata in giudicato, dell’area progressista: dove scorrazzano Chiara Appendino che fa indisturbata il deputato stellato della Repubblica; Mimmo Lucano, imperterrito eletto Avs a Bruxelles; e Camillo Davigo – un tempo immacolata “giubba del re” – che non imbarazza né l’ANM, né il mondo “di là”, nell’inedita estetica di “giudice condannato”, ora elevato alla sommità della magistratura tributaria. La Santanchè, accantonata la pelle di Pitonessa e vestita quella di Leonessa, ha difeso le sue ragioni, con lo spirito combattente che abbiamo visto.
Occorre l’ aggiornamento di “legge e ordine”
Ma anche con una poco commentata cessione di orgoglio: a me interessa proprio quel “confiteor”, pronunciato dalla ministra in aula, dinanzi a maggioranza e opposizioni. E al suo partito: “Chiedo scusa per aver chiesto dimissioni nel passato ai colleghi. Avrò pure sbagliato, voglio chiedere scusa qui solennemente. E’ una presa di coscienza, mi importa solo di guardarmi allo specchio e riconoscermi”. Non è una confessione personale ma politica, culturale, che riguarda la destra, la sua visione dello Stato e dei diritti del cittadino. Riguarda non un singolo, ma una comunità politica, il suo tragitto, con successi e cadute, coerenze ed inevitabili errori. A me pare che gli episodi giudiziari che accompagnano il cammino del primo governo guidato da un premier di destra – valgano per tutti i casi Sangiuliano, Del Mastro e Santanchè, ultimi ma non unici, per non parlare dell’ “avviso” inquietante al governo mandato dalla Procura di Roma per il caso Almasri – impongano alcuni aggiornamenti “di qua”. Quando non si tratti di reati gravissimi, – di mafia, di corruzione ad esempio – qual è la soglia oltre la quale una forza politica deve intervenire per fare dimettere un suo rappresentante accusato o financo non definitivamente condannato? Quando, senza cadere vittima del rituale delle opposizioni, della loro propaganda, o peggio, delle tensioni con la magistratura “militante” ? E’ una questione molto seria; la quale ha a che fare con la stratificazione storica e mentale della psico-sfera “law and order”: va mantenuta o bisogna pensare a un’evoluzione di una destra chiamata a comporre – con proprie donne e uomini – un esecutivo e a guidarlo con la sua leader-premier ? Bisogna spingersi fino a scindere in due il tradizionale binomio “legge e ordine”? Si può seguire la strada impervia di una distinzione tra il sostegno indefettibile alle forze dell’ordine e una postura di rispetto, ma non ingenua, molto accorta, verso l’autorità giudiziaria?
I “roghi” di Voltaire: la tentazione giustizialista e la revisione necessaria
Cosa scegliere dinanzi all’alternativa che pone Voltaire nel suo “Ingenuo” ? Dare ragione all’eroe del filosofo secondo il quale la “verità splende della sua stessa luce, e non si illuminano le menti con le fiamme dei roghi”? Oppure agli apedeuti sostenitori della tesi opposta: si “illuminano le menti solo con la fiamma dei roghi, e la verità non potrebbe splendere della propria luce”? Io credo, che alla riforma della giustizia, occorra affiancare una opzione – forse una vera svolta politica e culturale – con un atteggiamento più severo nei confronti del giustizialismo, anche interno, che resta una tentazione permanente della rive droite. Si fa dimettere un uomo o una donna di governo, per un avviso di garanzia, per un rinvio a giudizio, per una condanna in primo grado ? O per il nulla “giudiziario” – anche il caso Sangiuliano va ripensato a mente fredda – perché lo “ordinano” le opposizioni e il sistema mediatico, con considerazioni strumentali, financo di costume e di scoperta antipatia – una relazione sentimentale, le borse, i tacchi a spillo – che si sovrappongono a quelle politiche e giuridiche ? Una revisione si impone. Anche per condotte del passato. Sulla condanna coatta di Del Mastro, la premier ha preso una decisione tranchant; giusta, doverosa: resta al suo posto.
Il caso Santanchè e le competenze al governo
E sul caso Santanché ? Una meditazione s’impone. Con tutto il riguardo per la ministra, la scelta non può essere affidata alla sua solitaria decisione, anche se dovesse essere quella di “lasciare”; soprattutto in questo caso, a mio modo di vedere; e a prescindere dell’eventuale secondo rinvio a giudizio. In questo ragionamento valgono due elementi: che danno ha la gente dalla permanenza in carica ? Difficile dimostrare ci possa essere. E, in caso di successiva assoluzione, che si fa ? Come ricucire lo strappo inflitto alle istituzioni e alla dimensione morale, sacrale della persona – conta, eccome – di chi ha dovuto rassegnarsi alle dimissioni ? Seconda riflessione. “La mia competenza non è un conflitto di interesse, avete fatto dell’incompetenza una squadra di governo”: è il principio che la ministra ha evocato, replicando con durezza ai firmatari della mozione di sfiducia, poi respinta dall’aula; il rigetto equivale a un atto di fiducia del Parlamento: considerazione banale, ma con una sua profondità, molto trascurata. Però ragioniamoci su quel principio, oltre passioni e tumulti. L’analisi ci porta al ceto sociale rappresentato nel governo Meloni: problematica seria, che riguarda la costituency del centrodestra.
La destra, le opposizioni e la borghesia produttiva
Perché un governo right possa rispecchiare la comunità nazionale, può fare a meno di donne e uomini provenienti dal sistema delle imprese e dal lavoro autonomo? Anche perché, l’atlante sociale indica quell’area come “vicina” al centrodestra; e segnala un fattore politico: è quello il liquido amniotico dove vive molto della “borghesia dinamica” che, nelle società occidentali, si fa protagonista del consenso; nel trascorso “secolo breve” è stato così. Lo è pure in questo Ventunesimo. Il centrodestra è destinatario dell’opzione privilegiata di quelle categorie: la fascia “di mezzo” tende a valori più conservative che liberal; e, nel confronto bipolare, tra l’area moderata e quella progressista, fa pendere la bilancia in favore della prima: ha un peso determinante nella scelta complessiva del corpo elettorale. Per tali ragioni, un governo di centrodestra è destinato a sbattere spesso con vicende come quella sollevata a carico della ministra del Turismo; non è e non sarà un caso singolo; sono armi che saranno periodicamente ricaricate dalle opposizioni, per ora deprivate di altre munizioni. Ci sono nel gabinetto Meloni presenze che vengono da significative esperienze aziendali e professionali: le giudico necessarie, se si vuole assicurare all’azione di governo competenze adeguate. Un esecutivo non può essere soltanto la rifrangenza dell’emisfero che vive nel pubblico e di pubblico. La left trova difficoltà d’ingresso in quegli strati produttivi che vivono di “proprio” e non “di Stato”; nella finanza, negli intellettuali, nello spettacolo, il rapporto con la destra è capovolto: prevale la sinistra. Ma ci sono in atto progettualità e traiettorie del ministero Meloni che sono seguite con attenzione e disponibilità dalla middle class e dal mondo imprenditoriale: la riforma fiscale e quella del lavoro; le grandi commesse – è il caso dei recenti “affari” conclusi con gli Emirati – che vedono l’impegno diretto della premier. I corpi intermedi stanno facendo sul governo un investimento di affidamento e dialogo.
La dimensione pre-politica di chi governa e il daimon della sinistra
E non è casuale che le categorie del turismo mantengano un intatto rapporto di fiducia ed empatia con l’attuale ministro. Insomma, le opposizioni trovano porte sbarrate; per adesso. La sinistra, peraltro, ha nel suo mirino le figure che vengono dalle attività libere, a prescindere: è un daimon che conserva nel suo statuto politico; e spiega la difficoltà a interpretare le istanze dei ceti attivi che stimolano e guidano i cambiamenti. In queste condizioni, per la gauche vincere le elezioni, diventa più difficile, naturalmente; ma questo è un altro, più lontano discorso. Il problema vero, quindi, non è l’imbarazzo di queste grane che scoppiano o vengono fatte esplodere sul tragitto dell’esecutivo; ma il circolo vizioso, all’interno del quale, se vuoi ministri in grado di prendere per la gola problemi insoluti da tempo, non puoi rinunciare alle competenze. E alle capacità e, talvolta, alle eccellenze per portare a casa risposte a lungo ricercate. Insomma, un governo dell’Occidente sviluppato, membro del G7, non si può privare delle risorse umane espresse dai mondi economici vitali; anzi, dovrà vantarne l’esistenza, per stabilire una relazione stabile con gli interessi organizzati; e per darsi un profilo di credibilità erga omnes.
Ma – ecco l’altro corno del ragionamento – se scegli di ricorrere a tali energie, devi mettere nel conto una conseguenza non evitabile: quella di azioni “contras” dell’opposizione la quale, in atto, rappresenta interessi e immaginari diversi. Oggi più che mai, non sempre è stato così: al tempo di Prodi, il centrosinistra riusciva a interpretare una parte di quelle classi. Il che significa che, se resteranno deluse dall’attuale compagine, il pendolo politico potrà andare nuovamente dall’altra parte; il credersi eterni è un vizio di ybris: lo vedo circolare molto, in chi, per giovinezza o per miopia, non ha sguardi ciclici. Ora, bisogna comprendere il fenomeno, non il fatto singolo: l’opposizione si concentrerà sempre sulla dimensione pre-politica dei “governanti” con un passato nell’area datoriale e del lavoro indipendente. A parte il Turismo, ci sono dicasteri di peso come la Difesa, le Finanze, il Lavoro, i cui titolari hanno un passato-presente che li espone agli attacchi della sinistra e delle toghe che credono in una propria missione “rivoluzionaria”. Del Mastro è stato condannato a causa delle sue competenze di avvocato. Ma un esecutivo può privarsi di queste partecipazioni? E in questo clima, chi mai, proveniente da professioni e imprese, accetterà in futuro di fare parte di un esecutivo di centrodestra? Certo, siamo nel campo difficile dell’intreccio di poteri e doveri. Che richiede però un pit stop di ricerca e confronto collettivo; purché sia utile, di supporto alle prerogative e responsabilità del presidente del Consiglio; che sono esclusive e presidiate dall’articolo 92 della Costituzione. Ed è giusto così.