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L'intervista
“La gente di Caivano doveva chiedere il permesso ai pusher anche per entrare a casa”
Sabato 22 febbraio, su Raitre va in onda, purtroppo in orario da streghe e vampiri (23,45), una bella pagina di servizio pubblico: la serie Il Presidio di Claudio Camarca, dedicata in questa puntata a Caivano. Nella guerra alla criminalità condotta dallo Stato, Camarca è un regista “embedded”. Per la Rai ha già realizzato altre docuserie di successo: in questa, ha documentato alcune operazioni condotte dai carabinieri.
Nel corso delle otto puntate ricostruisce, grazie a un coraggioso coinvolgimento in prima persona e a un efficace montaggio, il lavoro dei nuclei operativi e i nuclei investigativi dell’Arma dei Carabinieri. La serie di Camarca ha il ritmo di un film d’azione, ma di immaginario o di creato a tavolino non c’è assolutamente nulla e le trame delle operazioni documentate spesso superano la fantasia di uno sceneggiatore di Gomorra o di altre serie poliziesche.
Questa volta le telecamere documentano una realtà al centro del riscatto, Caivano. Camarca ha registrato in presa diretta il blitz dei carabinieri in un fortino della droga. Una struttura quasi militare, difesa da vedette mobili e telecamere installate lungo l’intera via di accesso. «Telecamere collegate addirittura a un software in grado di individuare le targhe “sospette” per gli spacciatori e cioè le possibili auto civetta delle forze dell’ordine», racconta Camarca al Secolo. E ancora, «il blitz in un campo nomadi», in una vicenda dai contorni quasi da commedia, «con lo sgombro di quindici autovetture intestate a un solo proprietario, tutte senza bollo e senza assicurazione».
Caivano, territorio difficile, dove si è raccontato già tanto. Cosa c’è che non si è raccontato ancora?
«Sai perché Caivano è diventato il “McDonald della droga”, come lo chiamavano? Perché dopo lo smantellamento della rete di spaccio a Scampia era diventata comodissima per acquistare la droga. Attaccata allo svincolo autostradale. Ci arrivi dall’Abruzzo, da Napoli, dal Lazio. Il Parco verde è proprio a ridosso dell’autostrada. Non scendi neanche dalla macchina, acquisti e riprendi il percorso. Quando era ancora in piedi, vedivi file lunghissime e ordinate, di acquirenti. E guai a chi sgarrava la fila».
E le forze dell’ordine non intervenivano?
«Prima del governo Meloni, Caivano era coperta da appena 26 carabinieri, ora ce ne stanno 130. Dopo l’intervento del governo, in un anno hanno disarticolato 33 piazze di spaccio. Ora ce ne saranno rimaste in piedi un paio. Ma sono piazze di spaccio in movimento, perché mentre le forze dell’ordine traducono in carcere gli spacciatori, altri vengono in bicicletta o in motorino e subentrano».
Come ha reagito la cittadinanza a queste misure?
«La gente è grata, al bar ringraziano per gli interventi. Qui prima la gente non poteva neanche entrare a casa propria. Gli abitanti non erano liberi neanche di entrare nei propri appartamenti. Se c’era qualche consegna di droga in corso nel palazzo costringevano anche le donne anziane con le buste della spesa, sotto la pioggia, ad aspettare che lo scambio finisse. Addirittura, gli spacciatori erano di vedetta davanti ai portoni. In alcuni casi chiedevano i documenti, verificavano sul citofono per controllare che chi entrava nel palazzo fosse un inquilino e non uno “sbirro” infiltrato».
Che cosa non hanno detto ancora su Caivano?
«Che la società civile a Caivano è sana. La maggioranza delle persone di quel territorio chiede di vivere una vita onesta. Ho raccolto le testimonianze dei persone straordinarie, come il capitano Antonio Cavallo, comandante della compagnia Caivano. Oppure come la straordinaria Eugenia Carfora, dirigente dell’istituto scolastico di Caivano. Luisa Ranieri sarà la protagonista di una fiction su di lei. Deve sapere che a Caivano hanno allestito anche una biblioteca nuova di zecca, bellissima, fornitissima. Purtroppo, c’è un problema. Nessuno scrittore è voluto venire».
Nessuno tra i vari Saviano, De Giovanni, De Silva, Carofiglio, De Cataldo?
«Nessuno. So che Saviano è stato invitato più volte, ma ovviamente si rifiuta. E come lui si rifiutano gli altri, perché non vogliono associare il loro nome al riscatto di un territorio, perché dovrebbero riconoscere che il governo Meloni ha operato bene».
Qual è il dato che emerge da questa puntata?
«Che l’intervento del governo Meloni ha funzionato, è stato decisivo, la gente se n’è accorta. Ovviamente questo è il primo passo, ma è un primo passo importante, che non aveva fatto nessun governo finora».
Di questa puntata a Caivano quale è il fermo immagine che le è rimasto negli occhi?
«Ricordo la piazza di spaccio blindata da due enormi cancellate abusive, innalzate all’interno del palazzetto, sono arrivati i vigili del fuoco con le lame circolari per sventrarle. L’operazione ha avuto il suo epilogo con gli spacciatori colti nel momento della vendita di droga. Ricordo la scena del blitz con una ragazza del piano superiore, ovviamente estranea ai fatti, che teneva un bambino in braccio. Il mio fermo immagine sono gli occhi di quella giovane mamma: ho visto la speranza di riscatto».