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Luigi Mangione, da omicida a rockstar: al via (nel delirio dei fans…) il processo per l’omicidio del manager
Tutti gli occhi sono puntati su di lui
Una marea umana si è riversata davanti alla Corte Penale di New York. Striscioni, cori, rabbia. «Luigi libero», «Smettete di negare, la gente sta morendo» e ancora «A processo il sistema». I manifestanti sfidano il gelo per una battaglia che ormai ha travalicato i confini del tribunale: Luigi Mangione, il 26enne siciliano accusato dell’omicidio del Ceo di UnitedHealthcare Brian Thompson, è diventato il volto di una lotta contro il sistema sanitario americano. Per molti, un prigioniero politico più che un imputato.
Il verdetto della piazza
Tra la folla, una giovane donna grida al megafono: «Mio padre sta morendo di cancro al fegato e l’assicurazione non copre le spese!». Un altro manifestante rincara la dose: «Al diavolo UnitedHealthcare, su questo siamo tutti d’accordo!». Uomini, donne, giovani e anziani si stringono sotto il cielo plumbeo di Manhattan, mentre dentro l’aula il giudice Gregory Carro respinge la richiesta della difesa di togliere le catene all’imputato. Le manette ai polsi, le caviglie serrate, ma Mangione resta rilassato, impassibile e ascolta.
Il simbolismo del verde
Classe 1998, laureato in una prestigiosa università della Ivy League, Luigi entra in aula, con indosso un maglione verde. Non un caso: lo stesso colore è stato scelto dai suoi sostenitori, un segnale di appartenenza, di solidarietà. Il giovane si dichiara non colpevole, ma deve ancora rispondere anche alle accuse federali. Il 4 dicembre scorso avrebbe sparato al magnate Brian Thompson mentre questi si dirigeva a una conferenza con gli investitori. Un atto di giustizia privata? Una vendetta contro un sistema percepito come disumano? La narrativa si è ormai spaccata in due: per alcuni, Mangione è un assassino; per altri, un eroe che sfida il profitto… Anche se a ben vedere pare ci stia guadagnando.
“Siamo tutti Luigi”, Mangione è virale
I numeri parlano chiaro. Il suo profilo X è esploso nel giro di poche ore dall’uccisione a sangue freddo, passando da 45mila a 180mila followers. I bossoli ritrovati sulla scena del crimine, incisi con le parole delay e deny—chiaro riferimento ai presunti ritardi e rifiuti dei risarcimenti da parte della compagnia assicurativa—lo hanno trasformato in un’icona di protesta.
Il consenso online si è presto concretizzato: oltre 500mila dollari raccolti per finanziare la sua difesa, con l’obiettivo di toccare il milione nei prossimi giorni. Intanto, l’onda d’urto si allarga e il sostegno per Mangione cresce anche in Italia, dove Tiktok brulica di immagini dell’udienza amministrativa o di foto della sua vita passata, tutte scandite dal ritmo delle canzoni di Tony Effe.
Il caso ha attirato l’attenzione persino della Casa Bianca. Donald Trump, sconcertato dall’ondata di sostegno a Mangione, la definì già due mesi fa una «malattia». Secondo il presidente è assurdo che qualcuno celebri chi spara per strada per motivi politici, «è terribile» e non ci dovrebbe essere nulla di ammirevole in questo
La lettera ai sostenitori: “Il vostro supporto trascende ogni divisione”
E così, dal Metropolitan Detention Center di Brooklyn, Luigi Mangione ha scritto a tutti i suoi sostenitori. «Sono sopraffatto, e grato, da chi mi ha scritto per condividere la propria storia ed esprimere il suo supporto. In modo potente, questo supporto ha superato ogni divisione politica, etnica e di classe. Anche se è per me impossibile rispondere alla maggior parte delle lettere, per favore sappiate che le leggo tutte».
Nel frattempo, la battaglia legale si fa sempre più feroce. La difesa, guidata dall’ex procuratrice Karen Friedman Agnifilo, ha messo in dubbio la validità delle prove raccolte al momento dell’arresto. «Si sostiene che Luigi avesse con sé un’arma e altri oggetti che l’accusa intende usare contro di lui in tutti i procedimenti», ha dichiarato l’avvocata fuori dal tribunale. «Se c’è un problema di perquisizione e sequestro—e, ripeto, dobbiamo ancora esaminare tutta la documentazione e le riprese delle telecamere prima di poterlo affermare con certezza—ma finora, da ciò che vediamo, crediamo che ci sia un serio problema di violazione delle procedure».
Occhi sul processo a Luigi Mangione: rischia la pena di morte
Le prossime settimane saranno cruciali. Giovedì 26 giugno è fissata la prossima udienza per i capi d’accusa nello stato di New York, mentre il processo federale inizierà il 19 marzo. Mangione rischia l’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale, ma anche la pena di morte.