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Povero Saviano che grida alla censura, il monologo di Benigni lo smentisce a tempo di record

Sanremo

Povero Saviano che grida alla censura, il monologo di Benigni lo smentisce a tempo di record

Figuraccia per lo scrittore professionista dell'antimafia. La sua dotta lezione contro Sanremo, festival sovranista, viene sotterrata dall'assolo di 12 minuti del Premio Oscar. Meloniano anche lui?

Cronaca - di Stefania Campitelli - 15 Febbraio 2025 alle 14:39

C’era da scommettersi. Roberto Saviano ha affidato a un lungo e ‘dotto’ video-monologo i suoi strali contro Sanremo, festival “completamente sovranista” agli ordini del governo. Insomma una kemersse specchio dei tempi, che ha paura di affrontare i temi caldi dell’attualità e si trastulla con il disimpegno. È la tesi grondante sdegno dello scrittore di Gomorra che dispensa ai poveri follower 19 minuti di lezione sotto l’hastag censura. Peccato che l’accusa di bavaglio, non troppo originale, venga sonoramente smentita dal lungo assolo di un altro Roberto, il premio Oscar Benigni. Che ieri si è esibito sul palco di Sanremo con un monologo di 12 minuti. Un one man show che non ha risparmiato frecciate a Meloni, a Musk (che ha già votato Giorgia su X e guarda Sanremo da un satellite) , a Trump (che dopo la Groenlandia vuole tutta la Liguria altrimenti mette i dazi sulle trofie), a Salvini (“Carlo tu sei puntualissimo dovresti fare il ministro dei Trasporti”).

La dotta lezione Saviano: Sanremo è sovranista

Il guitto toscano  saltella di battuta in battuta in un crescendo di incursioni nella politica fino all’omaggio scontato al presidente Mattarella, che due anni fa aveva celebrato con la lettura della Costituzione. Sovranista e meloniano anche Benigni? Povero Saviano, mentre accusa il festival di tappare la bocca ai monologhi Benigni scodella il suo assolo in assenza di controparte. Forse gli è sfuggito. Eppure il Festival è “totalmente sovranista”, non si discute. “Il sovranismo”, udite udite, “sta nel metodo” sentenzia Saviano con fare pensoso. Quel metodo che censura i macrocosmi a beneficio dei «microcosmi» in ossequio a “direttive del governo”. Insomma un complotto ordito da Palazzo Chigi per silenziare la libertà di pensiero e il dissenso. Quando lo scrittore napoletano si esibiva dal palco dell’Ariston invitato da Amadeus e dispensava le sue lezioni sulla mafia andava tutto bene, oggi che Conti non lo  ha invitato, e nessuno sente la sua mancanza, il Festival delle canzonette diventa il male assoluto.

Il monologo di Benigni smentisce le accuse di censura

La colpa di più grave di Sanremo sarebbe  l’assenza di  monologhi per paura di affrontare temi scomodi al potere di turno. Un colpa gravissima visto che “studiare i festival di Sanremo significa passare in rassegna i capitoli della storia d’Italia”. Metodo sovranista,  Saviano dixit. E va a rispolverare un’intervista di Carlo Conti del novembre 2024 dove il conduttore “decreta tutto”. Ecco la frase incriminata “Quello che mi piace è che ciò che è arrivato dai cantautori non è un più un macromondo che parla di immigrazione ma il micromondo della famiglia e dei rapporti personali molto intimi”. Che vergogna. Sanremo scapperebbe dalle lezioni su immigrazioni, guerra e criminalità d le canzoni parlano di amore, tradimento e innamoramento. Lo hanno sempre fatto sempre, ma in questa edizione c’è un lato oscuro. Conti utilizza “la parola calzante micro-mondo” perché “vuole rassicurare, niente polemiche, state al sicuro, non si parla di guerra”. Anche l’amore, in questa edizione pericolosa di Sanremo che, “non è modificante ma rassicurante”.

Lo show del Premio Oscar, anche lui un pericoloso sovranista?

Peccato che Conti, nel mirino del Saviano-pensiero, abbia fortemente voluto Roberto Benigni, non proprio un fedele esecutore dei diktat di Palazzo Chigi né un fascista mascherato. Il vero obbrobrio – dice il distratto Saviano –  è la mancanza del monologo, per far passare “l’idea terrificante che sia un atto a senso unico, un’imposizione di un’idea”. Conclusione: il  potere mette il bavaglio  perché “ha paura che possano dare una conoscenza” che mette a rischio il consenso. Una tesi vagamente preconcetta e poco credibile anche dai naviganti della rete: la sua riflessione impegnata ha racimolato non proprio un tripudio di like.

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di Stefania Campitelli - 15 Febbraio 2025