
Società
Smart Working, la sfida degli spazi: il 60% degli italiani lo vuole, ma chiede ambienti migliori
La trasformazione in atto non è solo tecnologica, ma culturale
Lo smart working continua a conquistare il favore degli italiani, ma con una nota dolente: gli spazi di lavoro non sono sempre all’altezza delle esigenze. È quanto emerge dal report Bigda per Phygispace, presentato nello spazio Copernico Repubblica durante l’evento “Persone, Spazi e Innovazione: creare valore nell’organizzazione del futuro“. Lo studio, condotto tra il 14 novembre 2024 e il 14 febbraio 2025, ha analizzato oltre 62.400 menzioni online e più di 210.000 interazioni, restituendo un quadro chiaro sulle tendenze e le criticità di questa modalità lavorativa sempre più diffusa.
A più della metà degli italiani piace lo smart working
Il dato più significativo? Il 60% delle conversazioni sul tema esprime un giudizio positivo. Il lavoro agile viene apprezzato per la flessibilità, la possibilità di una migliore conciliazione tra vita privata e professionale e il suo impatto positivo sulla sostenibilità. Tuttavia, emergono problematiche irrisolte: connessioni instabili, ambienti domestici inadatti e la necessità di soluzioni ibride capaci di garantire il giusto equilibrio tra presenza e remoto.
Spazi e condivisione: il nuovo paradigma del lavoro
«Con il ritorno in ufficio dopo la pandemia di Covid-19 – spiega Roberto Guida, ceo di Phygispace – è migliorata l’interazione sociale, che era mancata mentre le persone lavoravano da casa, così come il coordinamento e la comunicazione con il team, il senso di appartenenza all’organizzazione e altri fattori legati al coinvolgimento nei processi aziendali». Tuttavia, «bisogna progettare ambienti di condivisione che non comportino problemi di raggiungibilità e distanza, fattori che possono provocare ansia e disagio, soprattutto tra i giovani».
Dai dati raccolti, emerge che coworking e modelli ibridi stanno prendendo sempre più piede. Il bilanciamento tra lavoro e sfera privata è il punto di forza maggiormente discusso (25% delle interazioni), mentre il benessere psicologico divide: da un lato c’è chi esalta la libertà del lavoro da remoto, dall’altro chi denuncia un senso di isolamento e minori occasioni di scambio umano (18% delle conversazioni).
Produttività e benessere: un nuovo approccio
La trasformazione in atto non è solo tecnologica, ma culturale. Negli ultimi decenni il modello lavorativo si è basato esclusivamente sulla produttività, considerata l’unico fattore di successo per le imprese. «Oggi si sta ribaltando il paradigma: lo stato psicologico, l’ambiente di lavoro, la condivisione e la necessità di lavorare bene sono diventati elementi centrali nelle richieste dei lavoratori, oltre a permettere alle aziende di aumentare la produttività», sottolinea Manlio Messina, deputato di Fratelli d’Italia e membro della VII Commissione Cultura.
Un altro nodo cruciale, citato nel 15% delle discussioni online, riguarda le normative e i contratti. La regolamentazione dello smart working è ancora in evoluzione e molti lavoratori chiedono maggiore chiarezza su diritti, doveri e tutele. Cresce poi l’interesse per l’apertura di nuovi spazi di coworking nei piccoli centri urbani e per le opportunità offerte ai nomadi digitali (10% delle interazioni).
Il futuro è nella flessibilità
Secondo Gianmatteo Manghi, managing director di Cisco Italia, la soluzione non è nella contrapposizione tra smart working e presenza fisica, ma nella loro integrazione: «A Milano abbiamo realizzato un ufficio che rappresenta i nostri principi guida e dimostra come la tecnologia possa abilitare, da una parte, la valorizzazione dell’immobile e, dall’altra, l’implementazione di nuovi modelli lavorativi in grado di migliorare produttività e soddisfazione delle persone. Dobbiamo essere capaci di maggiore flessibilità, abilitando le diverse modalità di lavoro e rendendole il più efficaci possibile, anche in contesti dove il disaccoppiamento tra il luogo in cui si lavora e il valore prodotto sembrano inconciliabili».