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Appello alla pace
Turchia, annuncio storico: Ocalan dal carcere decreta la fine del “suo”Pkk. “Deve sciogliersi”
"Non esiste alternativa alla democrazia nella ricerca e nella realizzazione di un sistema politico. Il consenso democratico è la via fondamentale". Questa la sentenza dello storico leader curdo
Una svolta, una dichiarazione, destinata a cambiare la storia della Turchia e della questione curda. Dal carcere di Imrali, dove è detenuto dal 1999 e sta scontando una condanna all’ergastolo, Abdullah Ocalan ha pronunciato parole che fino a pochi anni fa sarebbero state impensabili: «Tutti i gruppi armati devono deporre le armi e il Pkk deve sciogliersi». Il messaggio, letto a Istanbul da una delegazione di parlamentari del partito filo-curdo Dem, segna il punto di rottura con un passato di lotta armata che ha insanguinato la regione per decenni.
Pkk, Ocalan: Addio alle armi per una “società democratica”
«Mi assumo la responsabilità storica di questo appello», ha affermato Ocalan, sottolineando come la necessità di una società democratica sia ormai ineludibile. Il leader curdo ha ripercorso la genesi del Pkk, nato nel 1978 nel pieno della Guerra Fredda, in un «contesto di negazione totale della realtà curda e di restrizioni ai diritti e alle libertà fondamentali, in particolare la libertà di espressione». Un passato, quello del gruppo, non privo di ombre: venne infatti considerato organizzazione terroristica dalla Turchia, così come dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti. Ma ora Ocalan riconosce che i tempi sono cambiati: «Turchi e curdi hanno costruito nei secoli una relazione di mutua cooperazione e alleanza e hanno ritenuto essenziale rimanere in questa alleanza volontaria per mantenere la loro esistenza e sopravvivere contro le potenze egemoniche. Questa continuità permanente e fraterna può essere raggiunta e garantita solo se è coronata dalla democrazia».
Parole che suonano come un testamento politico, un invito a ripensare il futuro lontano dalla violenza. «Il Pkk ha trovato base sociale e sostegno ed è stato principalmente ispirato dal fatto che i canali della politica democratica erano chiusi». Ma oggi la strada è un’altra: «Il linguaggio della pace e della società democratica deve essere sviluppato in conformità con questa realtà», ha affermato.
L’Akp accoglie l’appello, ma il futuro resta incerto
A stretto giro è arrivata la reazione del governo turco. Efkan Ala, presidente dell’Akp, il partito del presidente Recep Tayyip Erdogan, ha dichiarato che la Turchia sarebbe «libera da tutte le sue catene» se il Pkk accogliesse realmente l’appello del suo fondatore.
Tuttavia, il cammino verso il disarmo non è scontato. Già in passato ci sono stati tentativi di tregua, falliti nel sangue. L’ultimo, interrotto nel luglio 2015, ha segnato l’inizio di una nuova fase di scontri che, secondo l’International Crisis Group, ha provocato almeno 7.152 vittime tra forze di sicurezza turche, militanti del Pkk e civili.
Un conflitto lungo quattro decenni tra curdi e turchi
Dalla sua fondazione, il Pkk ha combattuto contro lo Stato turco in un conflitto che ha attraversato varie fasi. Negli anni ’80 e ’90, la guerriglia ha colpito prevalentemente le aree rurali del sud-est turco. Dopo la cattura di Ocalan nel 1999, il gruppo ha alternato fasi di negoziati e recrudescenze militari. Negli ultimi anni, la battaglia si è spostata in Siria e Iraq, dove la Turchia ha condotto numerose operazioni militari per neutralizzare le roccaforti curde. Eppure, all’alba del nuovo giorno Ocalan ha dato la sua sentenza: «Non esiste alternativa alla democrazia nella ricerca e nella realizzazione di un sistema politico. Il consenso democratico è la via fondamentale».