
L'attrice in campo
8 marzo, per Claudia Gerini c’è poco da festeggiare: “Ma la Meloni ha rotto un tabù, ora una donna al Quirinale”
Sarà in piazza, anche lei, stamane, per la campagna “Io Sono”, ideata da Chiara Tilesi per “We Do It Together” e patrocinata dal Ministero della Cultura, con messaggi proiettati oggi sulla Mole Antonelliana a Torino e sulla Fontana di Trevi a Roma e l’impegno di trenta attrici del mondo del cinema che si presentano con un aggettivo: io sono resiliente, io sono forte. Ma in una lunga intervista alla “Stampa“, Claudia Gerini, pur sottolineando i progressi fatti negli ultimi anni sul fronte dei diritti delle donne e dell’emancipazione femminile, non si sente di esprimere ottimismo e di utilizzare con disinvoltura il verbo “festeggiare”.
8 Marzo, la festa superata per Claudia Gerini
“Ormai è una festa che appartiene a un altro mondo, a un’altra era. La nostra società è diventata molto più consapevole e matura rispetto al passato: ha aperto gli occhi, si è resa conto della disparità di genere in cui versiamo. Più che una festa, l’8 marzo è diventata un’occasione per fare il punto della situazione. A che punto siamo? La donna figura finalmente nelle posizioni apicali della società, può avere una carriera e nei paesi più civili è previsto un congedo anche per i neopadri. Al di là delle posizioni politiche personali, il fatto stesso di avere un premier donna – peraltro con alle spalle un percorso politico, lungo e articolato, quindi non sbucata fuori dal nulla – è un passo importante perché rompe un tabù. Vuol dire che in prospettiva si potrà avere anche una Presidente della Repubblica donna. Tuttavia queste conquiste sono piccole cose. Siamo come delle formichine, che mettono insieme, piano piano, le briciole. Le conquiste che mancano all’appello sono ancora tantissime”, spiega l’attrice. Che elenca le sfide più importanti. “La prima è culturale. Veniamo da secoli di disparità e il retaggio è tale che è stato stimato che ci vorranno 13 generazioni per raggiungere un’effettiva parità: una prospettiva lunghetta. Eppure la società si fonda sulla donna, anzi, si fonda sulle donne invisibili: quello stuolo di madri, mogli, sorelle che mettono insieme il pranzo con la cena, lottando tra giornate fatte di sveglie all’alba e stipendi bassi, figli da fare crescere. Oggi dovremmo ricordare soprattutto loro: riconoscerne il valore sarebbe un passo di civiltà. La seconda battaglia, che poi è quella legata alla campagna Io sono, è l’autodeterminazione femminile. È giusto dare a tutti le stesse possibilità, senza per questo dimenticare la differenza tra uomini e donne”.
La maternità rivendicata con orgoglio
“Per me la maternità ha rappresentato il più grande cambiamento nel modo in cui mi approcciavo alla vita. Mi sento madre di fatto – ho due figlie – ma anche visceralmente, in modo ancestrale: mi sento madre di tutte quelle ragazze che mi prendono come modello, di chiunque mi chieda aiuto o consiglio… Ma non mi piace parlare di donne single (sole), preferisco definirle libere... Gli scapoli sono sempre visti come degli adorabili sciupafemmine, dei viveur, mentre la donna non accompagnata non piace. Forse non la chiameremo più zitella ma la consideriamo tale de facto, basti pensare al “gattara” di Donald Trump. Invece chi non è moglie o madre è semplicemente una donna libera: non sola…”.
Quindi il tema delle molestie, del “Metoo”. “In Italia è un problema di leggi. Da noi i reati cadono in prescrizione, non è come in America che puoi finire in galera per crimini di vent’anni fa. Inoltre in Italia c’è un diverso approccio: da noi ti chiedono ancora se quel verso era di dolore o di piacere. A queste condizioni, chi denuncia?”.