
Un autore sempre attuale
Alla riscoperta di Drieu La Rochelle, intellettuale eretico fautore dell’europeismo ante-litteram, al di là della destra e della sinistra
Inquieto, aristocratico e populista insieme, appassionato partecipe nell’ “incontro con l’epoca” e, nello stesso tempo, impietoso, amaro, fustigatore di costumi, Drieu La Rochelle incarna, fino al suicidio, l’impegno fatto delle contraddizioni sue e del suo tempo. Proiettandolo però al di là dei piccoli schematismi contingenti... Le questioni ancora aperte sui temi della socialità e della Nazione, dello Stato e dell’identità europea, lo ripropongono alla nostra attenzione
Torna Pierre Drieu La Rochelle, l’eretico del “Socialismo fascista” e dell’europeismo ante litteram, appassionato ed antiborghese, al di là della destra e della sinistra. Torna Drieu La Rochelle e non solo perché – “forse per adattarsi ai tempi”, come ha scritto Francesco Borgonovo su La Verità – a riproporlo al grandissimo pubblico è un colosso editoriale, Rcs, con il marchio Fuoriscena, dedicato al pensiero e alla cultura di destra. Sono le idee, i dubbi, le aspettative dell’intellettuale eretico, morto suicida, ottanta anni fa, il 15 marzo 1945, a riportarlo al centro dell’agone culturale e non certo per ipotizzare improbabili commistioni tra un protagonista dell’anteguerra e le cronache politiche del 2025 – come prova a fare, introducendo Socialismo fascista, David Bidussa.
Drieu La Rochelle, intellettuale imprescindibile e lungimirante
Meglio cercare altrove, magari spulciando – tra i vecchi scaffali di certa cultura militante – la prefazione di Alfredo Cattabiani a Socialismo fascismo Europa, curato da Jean Mabire per Giovanni Volpe Editore, (1964); l’introduzione di Adriano Romualdi a Idee per una rivoluzione degli europei (Giovanni Volpe Editore, 1972); la premessa di Carlo Cerbone a Socialismo fascista (Ege – Edizioni generali europee, 1973).
Alle radici del pensiero sulla decadenza della modernità
Ad emergere immediatamente la capacità di Drieu di cogliere la decadenza della modernità (vista – come ebbe a scrivere Cattabiani – «nella bruttezza della contro-civiltà contemporanea, delle sue case, delle fabbriche, degli abiti. Nel grigiore e nell’inumanità delle metropoli. Nella spersonalizzazione progressiva degli uomini, nella morte del vero amore e nel moltiplicarsi dei vizi più sordidi, quali l’inversione e l’onanismo. Infine, nell’impotenza spirituale, nell’incapacità di creare») immaginando un socialismo nazionale, in grado di controllare l’economia. Animato da un’intima tensione morale e religiosa. Guidato da un’élite spiritualmente motivata.
L’idea di un’Europa sintesi di libertà e autorità
E poi l’idea di un’Europa sintesi dei valori di libertà e autorità, di lavoro e di capitale – scriveva Romualdi. Ed ancora: l’ambizione della fusione delle due opposizioni (di destra e di sinistra) – come puntualizzò Cerbone – in una volontà sola e in una azione: «Una fusione, non un compromesso. Un superamento dialettico delle due posizioni in una sintesi nuova, e non un accomodamento fra loro; una fusione che nasca dal basso, che maturi nelle coscienze».
L’ambizione alla dialettica tra gli opposti: al di là della destra e della sinistra
Autore inquieto, aristocratico e populista insieme, appassionato partecipe nell’ “incontro con l’epoca” e, nello stesso tempo, impietoso, amaro, fustigatore di costumi, Drieu La Rochelle incarna, fino al suicidio, l’impegno fatto delle contraddizioni sue e del suo tempo. Proiettandolo però al di là dei piccoli schematismi contingenti. Come confermano le sue opere letterarie più significative, Che strano viaggio, Fuoco fatuo, Gilles, modulate intorno al tema della decadenza. Per questo, dopo tanti anni, conserva ancora una forza di suggestione immutabile, che va ben oltre ogni schematismo di parte.
L’interrogativo di sempre: Drieu La Rochelle autore fascista?
Autore fascista? Di un fascismo tutto personale, interiore, intellettuale, “romantico”, per usare l’espressione di Paul Sérant, ed in questo solo apparentemente legato agli eventi e agli uomini. Un fascismo che è anche tentativo di ricomposizione comunitaria, «ricerca disperata di un ambiente, di un gruppo in cui poter trovare un porto, un lembo di terraferma» – come ha notato Pol Vandromme (Pierre Drieu La Rochelle, Borla 1965). Sarà il PPF di Jacques Doriot, l’inquieta stagione giornalistica, poi il “collaborazionismo”, vissuto come estrema provocazione ideologica e come aspettativa di un’Europa che avrebbe potuto essere e non fu, comunque in quel “porto” egli non trovò mai definitivamente la pace dello spirito.
Un europeo prima ancora che un francese
Prima di togliersi la vita, il 15 marzo 1945, poche ore dopo che un ordine di cattura gaullista era stato spiccato contro di lui, Drieu La Rochelle aveva scritto: «Sì, sono un traditore. Sì, ho collaborato con il nemico. Ho offerto la mia intelligenza al nemico. Non è colpa mia se quel nemico non era intelligente. Sì sono un patriota qualunque, un nazionalista con i paraocchi. Sono un internazionalista. Non sono solo un francese, ma un europeo. Anche voi lo siete, coscientemente o inconsciamente. Ma abbiamo giocato e io ho perduto. Esigo la morte».
Drieu La Rochelle, protagonista disincantato e decadente di un’epoca
Di fronte ai bassi orizzonti della modernità o ci si siede, accettandoli. O si prende coscienza e si riparte per cercarne di nuovi. Non importa se materiali o spirituali, se personali o collettivi – questo Drieu può ancora dire, oggi. Per questo il suo nome “ritorna”, facendo di lui non solo il protagonista disincantato e decadente di un’epoca, ma l’intellettuale in grado di dare corpo al proprio disprezzo…
La speranza di nuove sintesi
«Disprezzavo profondamente lo spirito ristretto delle destre – scriveva, nel 1934 – il contrasto tra il loro calore patriottico e la loro freddezza sociale; ma apprezzavo la vaga ispirazione da esse nutrita per il contegno. Disprezzavo la sciatteria delle sinistre, la loro diffidenza nei confronti di qualsiasi forma di fierezza fisica, e tuttavia assaporavo la loro stessa amarezza». E nello stesso tempo alle speranze nuove e alle nuove sintesi, quali molte sue pagine sono state in grado di fare ancora balenare durante gli Anni Sessanta-Settanta del ‘900, nell’immagine dell’Europa da ritrovare, quella «compatta come un blocco d’acciaio, come una calamita» da lui evocata (Le Chef, 1944).
Per dirla con Jean Bernier così come «sarebbe mutilare la persona di Drieu La Rochelle ed impagliare la sua opera, non vedere in lui che lo scrittore ed in essa che la letteratura», allo stesso modo sarebbe riduttivo dare di Drieu una lettura tutta ideologica, tutta legata al suo itinerario politico e all’”uso” che del suo itinerario politico è stato fatto.
Drieu La Rochelle, sempre ben al di là di qualsiasi contingenza…
La sua fortuna letteraria, la stessa attenzione dell’editoria italiana e la consacrazione della Bibliothèque de la Pléiade, la collana più prestigiosa di Francia, che lo ha pubblicato nel 2012, confermano il suo valore “integrale”. Le questioni ancora aperte sui temi della socialità e della Nazione, dello Stato e dell’identità europea lo ripropongono alla nostra attenzione, ben al di là di qualsiasi contingenza, grazie alla capacità che egli continua ad avere di inquietare, facendo vibrare contemporaneamente le corde della passione e dell’intelligenza, del dubbio e della fede, del disincanto e della speranza. In tempi come gli attuali, così decadenti e precari, non è poca cosa.