
La Consulta
Altra sentenza-rossa: “reddito” anche ai migranti che sono da poco in Italia. Il “buco” di Conte si allarga
L’impatto sulle casse dello Stato dell’ultima sentenza della Corte Costituzionale si aggira intorno ai tre miliardi di euro. E anche stavolta origina dalla folle misura del governo grillino, quel Reddito di cittadinanza (Rdc) – abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2024 – che però continua a produrre i suoi effetti nefasti sulle casse dello Stato. Secondo gli ermellini, il “reddito” non ha natura assistenziale, non essendo diretto “a soddisfare un bisogno primario dell’individuo”: si tratta, infatti, di una misura di politica attiva per l’occupazione, di carattere temporaneo, soggetta a precisi obblighi e soprattutto a rigide condizionalità che, se disattese, determinano il venir meno del diritto alla prestazione, dice la Corte costituzionale, adeguandosi alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea” del 29 luglio 2024.
Reddito di cittadinanza ai migranti, la sentenza che allarga il “buco”
Una mazzata, per le casse dello Stato, perché allarga i criteri di validazione del Rdc anche agli immigrati in Italia da meno di dieci anni: il termine si abbassa a cinque e innesca la possibilità di ricorsi che potrebbero allargare il buco nero innescato dal Reddito di cittadinanza voluto dal governo di Giuseppe Conte, finito a 2,4 milioni di famiglie e 5,3 milioni di persone e costato 34 miliardi di euro .
In tale pronuncia, infatti, la Corte di giustizia, come di consueto, ha interpretato il diritto dell’Unione, ma non ha operato un sindacato sull’esattezza, o no, dell’interpretazione del diritto nazionale, quale offerta dal giudice del rinvio pregiudiziale”, che invece aveva ritenuto la natura assistenziale del Rdc. Del resto, “se è indiscutibile che alla Corte di giustizia spetta l’interpretazione dei trattati e del diritto derivato, al fine di assicurarne l’uniforme applicazione in tutti gli Stati membri, è parimenti indiscutibile che l’interpretazione della Costituzione è riservata a questa Corte, così come la funzione di nomofilachia del diritto nazionale lo è alla Corte di cassazione, essendo orientate ad assicurare anche la certezza del diritto”.
L’abbassamento del limite da dieci a cinque anni
Ma come si arriva ai cinque anni? La sentenza ha quindi precisato che non può essere accolta la questione prospettata in via principale dal giudice rimettente, che porterebbe, in sostanza, ad annullare completamente il requisito di radicamento territoriale in base alla residenza, rendendo sufficiente solo quello, per i cittadini degli Stati membri, del diritto di soggiorno. Non trattandosi di una prestazione meramente assistenziale, un requisito di radicamento territoriale non determina, di per sé, una violazione del divieto di discriminazione indiretta e delle relative disposizioni del diritto dell’Unione, che pure vengono in considerazione nella questione in esame. Per quanto un tale requisito ponga di fatto il cittadino italiano in una posizione più favorevole, “non di meno la discriminazione indiretta ben può ritenersi giustificata quando sussistono ragioni che la rendono necessaria e proporzionata”, come affermato dalla stessa Corte di giustizia in più occasioni. “In quest’ottica il gravoso termine del pregresso periodo decennale non appare ragionevolmente correlato alla funzionalità della misura e si pone in violazione dei principi di eguaglianza, di ragionevolezza e proporzionalità di cui all’articolo 3 della Costituzione. Ne consegue, concludono i giudici, che il termine decennale debba essere sostituito con quello di cinque anni, che si presenta, per diverse ragioni, come una grandezza pre-data idonea a costituire un punto di riferimento presente nell’ordinamento”.
Come racconta Il Giornale, “il tribunale di Napoli aveva sollevato il quesito alla Consulta perché considerato discriminatorio per le persone straniere residenti in Italia, in seguito a un ricorso presentato due donne, accusate di aver falsato i propri dati sulla residenza in Italia pur di ottenere il Reddito. I giudici italiani chiedevano di annullare completamente il requisito di radicamento territoriale, essendo a loro avviso sufficiente il semplice soggiorno in Italia”.