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Carnevale

La festa più vecchia del mondo

Carnevale, un rito giovane con tremila anni di storia: cosa si nasconde dietro la maschera della trasgressione

Cultura - di Mario Bozzi Sentieri - 3 Marzo 2025 alle 13:40

Che cosa è il Carnevale ? Qual è il suo vero significato ? È rivoluzionario o conservatore? Trasgressivo o convenzionale? Passato indenne attraverso i processi di omologazione culturale, il Carnevale resiste malgrado tutto – con buona pace per la cultura woke e per il perbenismo del politicamente corretto – grazie alla sua immagine più ovvia e scontata, un po’ infantile, un po’ godereccia, caciarona e ridanciana, della festa popolare, spesso occhieggiante al marketing territoriale, a tratti anticonformista, non sempre consapevole di un proprio retroterra storico, mitico, culturale. Prendiamo quel che viene, senza peraltro sottovalutare certi “revival” segno di domande profonde, ancorché inconsapevoli, della moderna umanità. Del resto il riso è cosa troppo seria ed importante per essere destinato esclusivamente agli sciocchi.

Carnevale, le radici affondano nella Mesopotamia

A confermacelo proprio la storia complessa del Carnevale le cui radici affondano nell’antichità, attraversano il mondo romano, entrano a pieno titolo nel calendario cristiano, trovano nuovi ragioni d’essere nel Medioevo e poi nel Rinascimento, contaminano i Continenti, diventano, con le maschere, un elemento distintivo della cultura e della tradizione dei popoli.
In questo lungo, in apparenza contraddittorio, itinerario, la “follia” del Carnevale ha tuttavia un senso, una direzione. A fissarne i percorsi, spirituali e metastorici, ci aiuta “Psicologia storica del Carnevale” del teologo-filosofo Florens Christian Rang, un saggio, tratto da una Conferenza tenuta a Vienna nel 1909, pubblicato postumo, nel 1928, sulla rivista “Die Kreatur” tradotto, nel 1983, in italiano, grazie all’Arsenale Editrice e ripubblicato, nel 2008, da Bollati Boringhieri. Il tempo trascorso non ha sminuito il valore dell’opera, al contrario. La non convenzionalità intellettuale dell’autore, un vero e proprio outsider della cultura, nulla concede all’ovvio e al già detto in quel coacervo di riti, emozioni, follie che fu e continua ad essere il Carnevale, consegnandoci non una mera ricostruzione storica, né un itinerario psicologico ed antropologico, all’interno delle oscure cavità della vita, ma un intreccio affascinante di Storia e metastoria, essenziale per brevità e chiarezza di riferimenti intellettuali, dentro il “cratere quasi spento” del vulcano-Carnevale, in grado di “indicarci su qual terreno vulcanico noi stiamo”. A chi è abituato a sminuzzare e centellinare con i bilancini della Ragione le fatue essenze dell’esistenza, Rang oppone l’irruzione nella Storia dell’”umana risata di scherno”, nella sua espressione trasgressiva ed insieme religiosa, lanciata alla divinità. “Il Carnevale – egli scrive – è un prezzo di storia della religione e il riso carnevalesco la prima blastemia”.

Tremila anni fa in Caldea la progenitrice del Carnevale

Lontane, avvinte nella terra madre delle religioni, le origini: in Caldea, nell’antica teocrazia mesopotamica, verso il 3000 avanti Cristo, esistono tracce di una festa in cui i ruoli sociali venivano ribaltati, l’ancella prendeva il posto della signora e lo schiavo del potente; da lì l’irradiamento sintomatico per il mondo antico, nell’Ellade, in un lungo periodo di “libertà dello spirito”; a Roma, ai Saturnali, descritti da Macrobio, alla festa della religione degli astri. Il Carnevale diventa “Festa dell’Anno Nuovo”, interregnum tra un abdicazione e un’ascesa al trono. Irrompe nella Storia, attraverso il “buco del disordine del calendario”, il corteo trionfale della straordinarietà. Esplode, nell’esaltazione collettiva, la soggettività. Ed è il pathos, la dionisiaca passione, a travolgere ed inebriare. È il tempo del “Wille zum Rausch”, della volontà di ebbrezza.

Il rito dionisiaco dell’uomo contro gli dei

Il vero Carnevale – dietro le facili immagini – è quello dionisiaco, dell’uomo contro gli dei razionali, della maschera che nasconde l’assenza di ruoli.
Vero e proprio “demone” della parola scritta Rang nulla concede, nel suo testo, alla facile, piana analisi convenzionale. Le sue pagine paiono bruciare dell’insaziabile bramosia di chi non si accontenta solo di capire, ma vive poeticamente il testo, inquietando non poco il lettore nel suo alterno, ansioso lavorio, tra le macerie antiche del Mito.
Alla fine dell’incalzante itinerario che cosa resta veramente ? Rang non ci lascia un messaggio risolutivo. Ci pone innanzi l’inquietudine delle sue parole, per poi – in fondo – scoprire la nostra incapacità di “moderni” a possedere compiutamente il “senso del Carnevale”.

Che senso ha la trasgressione senza la redenzione?

Se – come ha notato Massimo Cacciari, chiosando la “Psicologia storica del Carnevale” – la più profonda intuizione dello scrittore tedesco “sta nell’aver individuato la figura del Dio che il Carnevale deride” e se, figli dell’assoluta libertà, viviamo, cercando di sfuggire al suo abbraccio, nel tempo della “morte di Dio”, che senso può mai avere un Carnevale svincolato dal Sacro, privo di quegli elementi non solo ritualistici, ma temporali e psicologici, che ne hanno permesso il riperpetuarsi ? Che senso ha la derisione senza l’infatuazione ? E la trasgressione senza la redenzione ?
È anche grazie a queste domande che la Festa trova una sua profonda ragione d’essere. Domande – sia chiaro – che non snaturato il senso del Carnevale, ma gli danno una profondità inusuale, invitandoci ad abbandonare finalmente le banalizzazioni quotidiane per ritrovare i complessi percorsi dell’esistenza, in una ricostruttiva volontà di ebbrezza, che si nutre di dubbi. In tempi anonimi ed anodini come gli attuali non è cosa da poco.

 

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di Mario Bozzi Sentieri - 3 Marzo 2025