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Giorgetti dazi

Sfide senza confini

Dazi, le preoccupazioni di Giorgetti. E Mattarella confida nel “made in Italy” contro la concorrenza sleale

Le "armi economiche" si fanno più affilate delle baionette. Dal Mef e dal Quirinale, il monito è unanime: protezionismi, criptovalute e dazi rischiano di riscrivere i vecchi equilibri

Economia - di Alice Carrazza - 22 Marzo 2025 alle 16:07

«Nell’epoca dei dazi, degli algoritmi e delle criptovalute la competenza specialistica degli individui e la saggezza della politica saranno decisive». Così ha esordito il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, nel corso della cerimonia di giuramento degli allievi ufficiali della Guardia di Finanza a Bergamo. Un monito lucido e solenne, che ha trovato risonanza anche nelle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intervenuto a sua volta dal Forum della Cultura dell’olio e del vino. Due registri diversi, ma la medesima attenzione: l’uso disinvolto degli strumenti economici come nuove «armi», capaci di destabilizzare l’equilibrio mondiale e colpire al cuore le eccellenze italiane.

Giorgetti: “Dazi e monete virtuali come armi non convenzionali”

«Stiamo assistendo in diretta a quello che Thomas Kuhn definirebbe un “cambiamento di paradigma”. Il vecchio ordine internazionale vacilla per lasciare il posto a quello che oggi sembra delinearsi come un nuovo “disordine mondiale“», afferma Giorgetti.

«Un periodo di grande incertezza politica ed economica – avverte – segnato da conflitti armati diffusi e minacce tecnologiche sempre più incombenti. Ma anche di guerre commerciali e finanziarie decisamente aggressive attraverso l’utilizzo di dazi e criptovalute. Strumenti usati come delle vere e proprie “armi economiche“, in grado di ridefinire gli equilibri e le dinamiche finanziarie e commerciali globali, ma che stanno anche influenzando profondamente la politica mondiale».

Dazi e criptovalute: le nuove leve geopolitiche

Nessuna perifrasi, nessun giro di parole: i dazi non sono più soltanto misure difensive, ma «una vera e propria leva che condiziona le politiche internazionali. Se applicati in modo strategico – scandisce Giorgetti – possono alterare gli scambi globali, influenzare alleanze politiche e ridisegnare gli assetti geopolitici».

E così, affianco ai doganieri e ai finanzieri, si fanno largo gli analisti di blockchain: «Tariffe doganali e monete virtuali, dunque, in modo diverso ma altrettanto efficace, sono mezzi che condizionano non solo l’economia ma anche la politica internazionale. I governi si trovano a dover rispondere a questi cambiamenti adattando le loro politiche interne ed estere, in un mondo in cui l’economia e la politica sono sempre più interconnesse».

Un passaggio che si fa ammonimento: «Dobbiamo evitare che tali “armi non convenzionali” vengano usate in modo da minare la stabilità e la giustizia a livello mondiale».

Bitcoin: sfida al controllo economico globale

«Stanno emergendo come una forza economica per certi versi dirompente – sottolinea Giorgetti –. La loro capacità di operare al di fuori dei tradizionali circuiti bancari e di sfidare la centralità delle valute sovrane sta portando a nuove forme di indipendenza economica», spiega il ministro.

Parole che fotografano una trasformazione, tuttavia, già in atto: «La crescente diffusione delle monete digitali mette sotto pressione i tradizionali meccanismi di controllo economico e politico aprendo nuove frontiere per gli scambi finanziari, ma anche per finanziare attività non sempre lecite».

Mattarella: “Protezionismi immotivati”

Dall’economia delle blockchain all’agricoltura dei padri, Sergio Mattarella prende la parola in tutt’altro consesso, ma con la medesima urgenza nel tono. «Nuove nubi sembrano addensarsi all’orizzonte – osserva il presidente –, portatrici di protezionismi immotivati, di chiusura dei mercati, che danneggerebbero in modo importante settori di eccellenza come quelli del vino e dell’olio».

Il Capo dello Stato non fa nomi, ma mette in guardia: «Misure come quelle che vengono minacciate darebbero, inoltre, ulteriore spinta ai prodotti del cosiddetto italian sounding, con ulteriori conseguenze per le filiere produttive italiane, non essendo immaginabile che i consumatori di altri continenti rinuncino a cuor leggero a rincorrere gusti che hanno imparato ad apprezzare».

«Commerci e interdipendenza sono elementi di garanzia della pace», ricorda Mattarella, sottolineando come i mercati aperti generino una fitta rete di collaborazioni che, nel rispetto dell’interesse comune, contribuiscono a tutelarla.

Vino e olio, ambasciatori d’Italia nel mondo

Infine, l’inquilino del Quirinale rivendica il valore non solo economico, ma anche simbolico, delle nostre filiere. «L’agroalimentare, oggi – accanto alla cultura, al design, alla tecnologia – costituisce veicolo e attrattiva del modello di vita italiano».

Poi i numeri: «L’Italia è il secondo produttore mondiale di olio di oliva, l’export registra un valore di circa 3 miliardi di euro. Per quanto riguarda il vino, con un valore dell’imbottigliato che, nel 2024, ha superato i 14 miliardi di euro; con un export di quasi 8 miliardi che, per il 90%, si esprime nelle denominazioni di qualità».

Un’eccellenza che non si misura solo in milioni: «Filiere che mettono insieme territori, saperi, professionalità, sostenibilità e salubrità, capacità di marketing e realizzano, così, un valore immateriale che va oltre gli addetti ai lavori, gli stessi consumatori, generando beni comuni».

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di Alice Carrazza - 22 Marzo 2025