
Il richiamo dei pacifinti
“Dove sono i guerrieri d’Europa?”: da Serra a Scurati, ora gli intellò progressisti li reclamano, ma prima…
Il 4 marzo Antonio Scurati pubblica un articolo nella sezione “cultura” del quotidiano Repubblica. Ad attirare l’attenzione è subito il titolo: “Dove sono ormai i guerrieri d’Europa?”. Nel testo Scurati si chiede chi combatterà le nostre prossime guerre, ora che Donald Trump “ha tradito i suoi alleati” e se ci sono ancora persone disposte a difendere, armi in pugno, la civiltà che abbiamo costruito. Al netto del commento tranchant su Trump, sulla guerra è ufficialmente cambiato il paradigma. Un intellettuale di riferimento di area progressista, con un cambio di rotta lessicale, apre le porte a una nuova narrazione attorno al tema del militarismo.
I guerrieri d’Europa e la ridicolizzazione del mondo in grigioverde
La questione quindi non è solo politica ma comunicativa. Scurati, Michele Serra (organizzatore della manifestazione per l’Europa) e tanti altri come loro, seppure in un clima di confusione politica, hanno aperto le porte a un immaginario che per anni hanno bandito dai loro stessi schermi, quello del militarismo, della trincea, del soldato combattente.
Uno stigma portato avanti da decenni attraverso una costruzione negativa dell’immagine del soldato. Dalla fine della resistenza, è aumentata in Italia la criminalizzazione o la ridicolizzazione del mondo in grigioverde attraverso una narrazione costruita sull’esaltazione della diserzione (numerosi i testi e i film sul tema) sui problemi della naja e sulla gerarchica che si applica vivendo con una divisa. L’ultimo esempio di questo tipo di narrazione è dato dalla dichiarazione di Luciana Littizzeto contro i soldati italiani nella trasmissione di Fazio dove ha affermato che gli italiani “non sanno combattere”.
La cancel culture sulla guerra a fasi alterne
“Cancelliamo la guerra dalla storia” era l’imperativo categorico che da un lato escludeva il racconto dell’eroismo in grigioverde, dall’altro impegnava tutto l’apparato comunicativo progressista a far sì che la guerra fosse veramente bandita dal vocabolario e, soprattutto, dalla storia. Anche se poi, in quell’immaginario continuavano a rimanere i partigiani che, armati, avevano fatto la guerra, così come i compagni del subcomandante Marcos armati anche loro avevano fatto la guerriglia, così come erano e sono tuttora armati, i soldati e le soldatesse curde che combattono nel vicino oriente. Un militarismo presente e fiero nelle opere del fumettista Zerocalcare, noto punto di riferimento per la sinistra nostrana.
Insomma una doppia morale tesa a decostruire l’immagine dell’eroe/soldato italiano ma al tempo stesso, ad esaltare quella di chi ha usato o continua ad usare lo strumento della forza in altri contesti. Questo decennale lavoro culturale e mediatico ha d’altronde dato i suoi frutti. In un sondaggio recente. gli italiani che combatterebbero per il proprio paese sarebbero solo il 14%. La percentuale più bassa di tutta l’UE.
Una risposta a Scurati
Ma ora che il conflitto sembra più vicino, Serra e Scurati si chiedono “Dove sono finiti i guerrieri d’Europa?” Sono stati cancellati dalla storia. Da voi. Spiace ricorrere all’inflazionato 1984 di George Orwell ma la percezione è proprio quella di trovarsi nell’opera distopica dove domina il bispensiero. La narrazione fino a poco tempo fa era quella della pace, sempre e comunque. Bandiere nelle scuole e sui palazzi. Oggi si accende lo schermo e si vede una piazza gremita, tra loro molti di quelli che appendevano gli arcobaleni. Vogliono la guerra.