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L'intervento

Ecco perché investire sulla difesa è un’ottima idea, ma soprattutto un’opportunità

Abbiamo visto che nei primi giorni della guerra in Ucraina uno dei problemi maggiori consisteva nell'uso di tanto materiale bellico. Ormai i droni stanno sostituendo i soldati al fronte e il popolo ucraino sta resistendo proprio grazie a questo approccio. Non è una bella congiuntura economica, ma rifiutarsi di seguire questa strada solo perché è rischiosa non ci renderà più sicuri. Né più prosperi. Solo più arretrati e vulnerabili

Politica - di Villy De Luca - 20 Marzo 2025 alle 08:39

Nel decennio 2013-2023 l’Italia ha aumentato le spese nel settore difesa del 132%, dimostrando che la volontà di recupero del nostro ritardo storico esiste ed è bipartisan. All’Italia dal piano ReArm Europe dovrebbero arrivare 15-20 miliardi di euro. Abbastanza per raddoppiare, nominalmente, il valore dell’intero comparto, che oggi si attesta sui 16,5 miliardi. Una nota, il settore è quello militare e aerospaziale. È un punto importante per quello che vedremo dopo: la difesa non è, in Italia, legata solo ad armi leggere e munizioni (che vale comunque un miliardo e trecento milioni). Ma ha distretti di altissimo valore: quello aerospaziale in Piemonte, quello delle armi di Brescia, i cantieri di Genova. Potrebbe portare nuova vita nei grandi stabilimenti di Taranto e magari pure a Mestre.

Anche perché gran parte della produzione è pensata per l’estero. Altro fattore da non sottovalutare: noi siamo già un attore globale e copriamo il 3,8% dell’export globale, il 15% in Europa. Abbiamo, infatti, visto che nei primi giorni della guerra in Ucraina uno dei problemi era che si usa davvero tanto materiale in guerra. Ormai i droni stanno sostituendo i soldati al fronte, almeno per quanto riguarda l’Ucraina, che sta resistendo proprio grazie a questo approccio. Un investimento pari a 800 miliardi (pari a quello Usa in un anno), consentirebbe alla nostra industria un gigantesco passo in avanti verso una guerra ipertecnologica con un coinvolgimento umano limitato.

Investire in armi e sulla difesa ci conviene

Facendo, dunque, una riflessione complessiva, investire in armi, soprattutto nella loro ricerca e nell’innovazione, è per noi una enorme opportunità. Intanto consente di recuperare settori della manifattura (l’auto a Torino e Brescia ad esempio), che le recenti scelte profondamente errate e ideologiche hanno messo in pericolo. Inoltre, non ci dobbiamo fossilizzare solo sui fondi che ci verranno riservati. Ci sono molti Paesi in Europa senza una industria nazionale della Difesa. E anche loro dovranno comprare. Noi siamo uno dei poli che può fornire sia materiale di base (munizioni, ad esempio), sia alta tecnologia (con Leonardo). Possiamo spaziare dalla Marina (Fincantieri) ai carri armati (sempre Leonardo).

Insomma, abbiamo una offerta variegata, un polmone per espanderci e un know-how che non è iniziato ieri. Che sia una buona idea investirci, peraltro, ce lo dicono anche le banche, che nell’ultimo triennio hanno destinato al comparto difesa quasi un trilione di euro. E vale anche per alcuni fondi che si definiscono sostenibili. A dimostrazione che le analisi che volevano il settore della difesa come uno “a basso ritorno” fossero nobili e utopistici ludi cartacei. La tecnologia, soprattutto in determinati settori, tra cui l’aerospazio da cui dipendono le comunicazioni globali, vanno avanti anche e soprattutto con la difesa. Il ritorno, dunque, non va calcolato unicamente in base a ciò che conosciamo oggi, ma anche a ciò che ci sarà da scoprire, direttamente e indirettamente domani. Non è una bella congiuntura economica, ma rifiutarsi di seguire questa strada solo perché è rischiosa non ci renderà più sicuri. Né più prosperi. Solo più arretrati e vulnerabili.

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di Villy De Luca - 20 Marzo 2025