
Violenza di genere
Ergastolo per il femminicidio. Il padre di Giulia Tramontano: “Legge giusta, ora serve prevenire”
"Il rispetto, la tolleranza, il reciproco confronto devono essere la base della nostra società. Dovremmo insegnarlo alle future generazioni. Da loro bisogna partire", è il monito
Alla vigilia dell’8 marzo, il governo Meloni imprime una svolta epocale: il femminicidio diventa reato autonomo, punito con l’ergastolo. Una norma che ribalta la narrazione sinistra della destra “distratta” sulle questioni femminili e mette un punto fermo nella lotta alla violenza di genere. Un provvedimento atteso, che raccoglie il plauso di molti, anche quello di Franco Tramontano, il padre di Giulia – la giovane incinta di sette mesi uccisa dal compagno Alessandro Impagnatiello – che oggi, intervistato da Repubblica, esprime il suo pensiero con parole cariche di dolore e speranza: «Era anche ora che si arrivasse a questo. È una legge giusta, che ci fa piacere e di cui spero non ci sia bisogno». Ma la vera sfida, secondo lui è la prevenzione. «Bisogna aiutare prima, culturalmente e strutturalmente. Ci vuole impegno, noi siamo presenti».
Giulia Tramontano “ha lottato per essere libera”
La sua battaglia ha il volto di Giulia, una giovane donna che aveva scelto la libertà, che aveva capito chi era l’uomo con cui divideva la casa e che, quando ha cercato di voltare pagina, è stata fermata dalla lama di un coltello. «Giulia ha lottato per essere libera. Si sarebbe rifatta una vita, anche a Milano, da sola con il suo bambino. Quindi questa legge ci può dare solo ulteriore soddisfazione, oltre a quella che abbiamo avuto con la sentenza di primo grado».
L’ergastolo per Impagnatiello è già una realtà, ma il femminicidio, ora, è un crimine con un nome e una pena specifica. Eppure, la rabbia davanti l’ingiustizia resta: «La mia speranza è che non ce ne sia bisogno, che di femminicidi non ce ne siano più. Ma è difficile, visti i tanti altri casi che sono avvenuti. Quando si arriva ad ammazzare un’altra persona si è mossi dall’odio, non c’è altra ragione».
Il nodo della prevenzione: insegnare il rispetto
C’è chi contesta la legge, sostenendo che si limiti alla repressione senza toccare il cuore del problema. Franco Tramontano è d’accordo: «La soluzione sarebbe prevenire, non solo condannare. Il rispetto, la tolleranza, il reciproco confronto devono essere la base della nostra società. Dovremmo insegnarlo alle future generazioni. Da loro bisogna partire».
Non è solo questione di punizioni esemplari. C’è una realtà ancora più cruda, quella delle donne che subiscono violenza e non possono permettersi di fuggire. «Se una vittima di violenza è assoggettata economicamente, è ancora più vittima. Negli ultimi tempi sono stato contattato da tre donne con questo tipo di problemi. Esistono fasi in cui una vittima ha bisogno di allontanarsi dal posto dove vive e viene minacciata. Ci dovrebbe essere un intervento per accompagnarla, portarla via, darle un’altra possibilità, anche dal punto di vista economico».
L’impegno di un padre che non si arrende
Franco e sua moglie Loredana non si limitano a elaborare il lutto: trasformano il dolore in impegno. «Appena possiamo cerchiamo di andare nelle scuole, a ogni incontro o discussione sul tema. Siamo stati all’Università di Napoli, dove hanno dedicato una panchina a Giulia. Poco fa mi hanno chiamato da Brescia: hanno organizzato borse di studio per le donne vittime di violenza, intitolate a Giulia e al suo bambino, grazie alle quali si dà la possibilità di conseguire una laurea».
Ma la vita, dopo quel 27 maggio, non è più la stessa. «Tutti i giorni, con mia moglie, andiamo al cimitero qui a Sant’Antimo. È lì che materializzo la sua non esistenza. Spesso andiamo la mattina alle 7:30, quando apre, passiamo un quarto d’ora con lei per salutarla. Se ho tempo, resto anche di più. Ho perso tutte le vecchie abitudini, un po’ anche le amicizie. Anche passare semplicemente dal bar non esiste più. Ci siamo un po’ isolati, la vita è cambiata totalmente. Ti chiedi soltanto perché, perché, per quale motivo…».
Il vuoto lasciato da Giulia Tramontano
«Mi manca tutto di lei. Il suo “papi”, il sentirci quando avevamo bisogno di parlare, il vederla ogni volta che andavamo a Milano. Era l’occasione per stare assieme… Ora Milano la odio. Giulia era una ragazza a cui era difficile non voler bene. Mi manca tutto».
E in casa sua, il tempo si è fermato: «Lei è ovunque ti giri. Abbiamo tutti i quadri, i disegni, le foto che ci hanno regalato. Nella stanza che era sua e di Chiara ci sono tutti i suoi ricordi: quelli sportivi, scolastici, i diplomi, l’Ambrogino d’oro, la pergamena. C’è tutto. Non puoi trascorrere un minuto senza pensare a lei».
L’ergastolo per Impagnatiello non riporterà Giulia a casa. E neanche la nuova legge. Ma se servirà a salvare altre donne, allora, almeno, avrà avuto un senso.