
Il procuratore di Prato
Esplosione di Calenzano, nove indagati, sette sono dirigenti. “Incidente prevedibile ed evitabile”
Con queste parole il procuratore di Prato, Luca Tescaroli, ha definito l'esplosione al deposito di idrocarburi Eni a Calenzano (Firenze) che lo scorso 9 dicembre ha provocato cinque morti e ventotto feriti
La Procura di Prato notifica 9 avvisi di garanzia, indagata anche alla società Eni per non aver saputo correggere errori di pianificazione. “Un evento prevedibile ed evitabile, un errore grave e inescusabile”. Con queste parole il procuratore di Prato, Luca Tescaroli, ha definito l’esplosione al deposito di idrocarburi Eni a Calenzano (Firenze) che lo scorso 9 dicembre ha provocato cinque morti e ventotto feriti. E per il quale oggi, mercoledì 19 marzo, hanno ricevuto gli avvisi di garanzia nove indagati e la società Eni. L’indagine ipotizza i reati, a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, disastro colposo, lesioni personali e rimozione delle cautele infortunistiche.
Sul registro delle notizie di reato sono finiti sette tra dirigenti e responsabili di settore di Eni e due referenti di Sergen srl di Viggiano (Potenza), ditta specializzata nelle manutenzioni di impianti petroliferi, incaricata di realizzare lavori su una vecchia linea di benzina per adattarla a biocarburante, tra i quali il tecnico rimasto gravemente ferito e uscito poche settimane fa dal Centro grandi ustioni di Pisa. Eni come società è sotto inchiesta per responsabilità ex Legge 231. Secondo le indagini condotte dalla Procura, l’incidente era prevedibile ed evitabile con un’adeguata analisi dei rischi e l’applicazione delle procedure obbligatorie di sicurezza.
Secondo quanto è emerso dall’analisi della documentazione sulla sicurezza dell’impianto che sarebbe stata rilasciata dall’Eni alla ditta appaltatrice Sergen, le attività di manutenzione sarebbero state fatte in presenza “di fonti di innesco, come il motore a scoppio di un elevatore”; che avrebbe “generato calore in un’area ad alto rischio in un momento in cui le operazioni di carico delle autobotti erano parallele alle attività di Segen”. Per la Procura, l’incidente era prevedibile ed evitabile con un’adeguata analisi dei rischi e l’applicazione delle procedure obbligatorie di sicurezza. La tragedia sarebbe stata provocata dall’uso di una piattaforma elevabile di Sergen mentre non vennero seguite le procedure di sicurezza.
Il procuratore Tescaroli ha spiegato che l’inchiesta ha fatto luce anche sulla gestione operativa del deposito di Eni; sugli interventi di manutenzione effettuati senza interrompere la normale attività e sulla presunta mancanza di un modello organizzativo che prevenisse i rischi. Sarebbero emersi anche tentativi di inquinamento delle indagini, con documenti inseriti post-disastro in una cartella condivisa tra Eni e Sergen, un tentativo che sarebbe stato compiuto per ostacolare l’individuazione delle responsabilità. La Procura negli atti di indagine ha evidenziato che la manutenzione del deposito non doveva essere condotta durante il normale carico delle autobotti, un’operazione che, se interrotta, avrebbe causato una perdita economica stimata in circa 255 mila euro.
Dalla maxi perizia, affidata dalla Procura a otto consulenti esperti di esplosivistica, chimica, incendio, impiantistica strutturale e piani di sicurezza fuori e dentro i luoghi di lavoro, nel deposito Eni alle ore 10.21 del 9 dicembre ci fu un’esplosione perché erano in corso contemporaneamente due attività che non avrebbero dovuto coesistere: il rifornimento di carburante alle pensiline e l’intervento per trasformare una vecchia linea di benzina in una linea di fornitura di olio vegetale idrotrattato. La concomitante operazione generò una fuoriuscita di benzina che durò 33 secondi fino ad innescare, probabilmente attraverso il motore del carrello elevatore in uso ai tecnici di Sergen, la prima di quattro esplosioni avvenute in rapida sequenza e la seconda delle quali particolarmente potente.
“Dall’analisi della documentazione funzionale ad assicurare la sicurezza e dalle attività svolte da Sergen nel deposito di Calenzano è emerso un errore grave – si legge negli atti d’indagine -: permettere da parte di Eni la presenza di fonti di innesco in un’area di lavoro considerata Zona 2 per il rischio esplosione anziché come avrebbe dovuto essere Zona 1″. Per la Procura, la coesistenza tra le due diverse attività – ovvero gli autotrasportatori a fare rifornimento di carburante e i tecnici di Sergen a lavorare sulla linea dismessa – avrebbe avuto anche una motivazione puramente economica: “fermando le pompe, come si sarebbe dovuto fare quel giorno, dalle ore 9 alle 15, avrebbe comportato la perdita di un guadagno di circa 255mila euro”. Il procuratore Tescaroli ha precisato che il deposito di Calenzano resta sotto sequestro anche per la necessità di interventi di messa in sicurezza.
Gli avvisi di garanzia sono stati notificati a: Patrizia Boschetti come datore di lavoro committente responsabile della struttura organizzativa e gestione operativa del centro Eni spa di Roma; Luigi Collurà, dirigente con delega di funzioni sulla sicurezza del deposito Eni di Calenzano; Carlo Di Perna, responsabile manutenzioni e investimenti depositi Centro Eni spa; Marco Bini, preposto Eni richiedente il permesso di lavoro che ha classificato l’attività di Sergen; Elio Ferrara, preposto Eni che ha autorizzato il rinnovo del permesso di lavoro a Sergen per il 9 dicembre 2024; Emanuela Proietti, responsabile del servizio prevenzione protezione (Rspp) di Eni; Enrico Cerbino, responsabile del progetto esterno (project manager external) per le manutenzioni e investimenti depositi Centro (Eni); Francesco Cirone, datore di lavoro e Rspp della impresa esecutrice Sergen; Luigi Murno, preposto della Sergen.
Eni ha dichiarato di prendere atto delle indagini e ha confermato la piena collaborazione con la Procura, esprimendo l’impegno a risarcire i parenti delle vittime e i danni civili. “Come appreso, gli avvisi hanno riguardato responsabili e operatori di aree tecnico operative della Direzione Refining Revolution and Transformation di Eni legate alle attività del deposito, esponenti della ditta fornitrice Sergen, nonché la stessa Eni Spa per la responsabilità ex Legge 231, e consentiranno il proseguo delle attività investigative anche con il coinvolgimento dei soggetti interessati”, ha commentato un portavoce dell’Eni. Eni, inoltre, “conferma, come fatto finora, la propria piena e totale collaborazione all’autorità giudiziaria, con la volontà prioritaria di contribuire a individuare le cause e le dinamiche ad esse associate all’origine dell’incidente. Eni conferma, altresì, il proprio impegno al risarcimento dei parenti dalle vittime dell’incidente e, con la maggiore tempestività possibile consentita dai tempi dalle attività di perizia, dei danni civili sul territorio, in avanzato stato di definizione complessivo”.