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Sgarbi Feltri

La lettera e il "male oscuro"

Feltri scrive a Sgarbi sulla depressione: “Non sei solo, in quel buco nero ci sono stato, fu un dramma”

Dalle colonne del "Tempo" il direttore editoriale del "Giornale" conforta il critico d'arte piombato nelle spirali del "male oscuro", raccontando la sua esperienza e la battaglia vinta contro il male del secolo. L'incoraggiamento a rivederlo presto in tv a lanciare le sue proverbiali intemerate contro le "capre"

Cronaca - di Gabriele Alberti - 15 Marzo 2025 alle 15:11

La depressione è una gran brutta bestia e la rivelazione drammatica di  Vittorio Sgarbi qualche giorno fa ha colpito un po’ tutti. Molto bella la vicinanza dimostrata da Vittorio Feltri al critico d’arte: “Anch’io sono stato in quel buco nero, fu un dramma”. Dalle colonne del Tempo, il direttore editoriale del Giornale ha voluto scrivere parole solidali, affermando che in questa battaglia non è solo. “Ne ho sofferto anch’io. Dunque non mi sorprende il calvario che hai passato, lo smarrimento, la confusione. Quel buco nero dove ti infili come un calzino spaiato e non vorresti uscire più. Dare consigli non si può, è da stolti solo pensarlo- ammette- . Ogni depressione è una storia a sé”, racconta Feltri, confidando la sua esperienza negli abissi della depressione. Che colpisce in maniersa subdola, giovani, anziani, in ogni fascia d’età. “Caro Sgarbi, ho letto che sei caduto in depressione e me ne rammarico”, è l’incipit.

Depressione, Feltri: “Ero un giornalista affermato quando…”

“Ero già giornalista affermato. Già padre di famiglia. Erano gli anni dell’Indipendente – scrive Feltri raccontando la sua battaglia con il “cane nero”- . Non avevo motivi apparenti per non stare bene con me stesso o non sentirmi appagato”. Eppure, “al momento di mettere piede in redazione trovai lo sfascio”. A quel punto “provavo a rimboccarmi le maniche ma mi sentivo un burattino nelle mani di un destino ignoto. L’idea della depressione non mi sfiorava nemmeno”. Poi, però, il senso di angoscia e di inadeguatezza si impadroniscono della volontà. E qualcosa è cambiato: “Se stavo in piedi, volevo sdraiarmi in un letto. Se mi coricavo a letto, anelavo solo ad alzarmi e andarmene via. Anche quando ero lontano mi sentivo angosciato. Non capivo chi fossi, in preda com’ero alla confusione più totale”. Dopo il ricovero in una clinica gli dissero che era sano come un pesce. Dopodiché la visita con “uno psichiatra bravissimo, un luminare nel suo campo”, fu risolutiva. “La prima cosa che mi disse fu questa: ‘Lei Feltri non sarà mai un allegrone, quindi si metta il cuore in pace’. Appurato questo, mi diede qualche consiglio pratico e un paio di pastiglie. Che presi per 15 giorni consecutivi. Mi rimisi in piedi e non ricaddi più nel baratro”.

Feltri: “La depressione dei giovani sia presa sul serio”

Feltri rievoca alcune frasi drammatiche di Sgarbi: “Rileggo le tue parole, caro Vittorio, «le ombre della mente», «i pensieri che si fanno cupi», «i fantasmi che sono con noi e che non posso allontanare». Ebbene, di questi fantasmi pare sia pieno il mondo. L’Organizzazione mondiale della sanità – baraccone che una ne azzecca e cento ne sbaglia ma quando si tratta di pandemie ha l’occhio infallibile – ha già messo le mani avanti. È la depressione il male del secolo. Sembra che nel 2050 sarà la seconda causa di disabilità del mondo”. Il direttore fa poi riferimento ad un altro persnaggio caduto nelle spirali del male “oscuro”. “L’amico Fedez è arrivato a prendere sette pasticche al giorno per rimettersi in sesto. E ha confessato di aver toccato il fondo quando si è detto che pensare alla morte gli dava più conforto che pensare a svegliarsi l’indomani”. Farla finita è un pensiero che coglie chi piomba nelle depressione. Feltri confida: “Ecco, io al suicidio non ho mai pensato. Ho troppa attitudine e abitudine a questo mondo per andarmene via. E poi che ne sarebbe dei miei gatti. Ma mi piacerebbe che il problema fosse preso sul serio. Soprattutto la depressione dei più giovani”. Vera piaga sociale, dramma familiare indicibile.

Il tocco di Feltri: “Torna presto a sminuzzare le capre da salotto”

Poi si congeda alla sua maniera, sdrammatizzando con una ventata di ironico ottimismo: “Tornando invece a te, caro Sgarbi, ti stringo in un abbraccio forte. Ansioso di rivederti presto in tivù a lanciare una delle solite intemerate contro il mondo sciatto; e a sminuzzare l’ennesima capra da salotto. In fondo, se ci pensi bene, è l’ignoranza il vero male. E quella non si vince neppure con una pasticca”.

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di Gabriele Alberti - 15 Marzo 2025