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Il bluff di Ventotene. Come Napolitano, genio di doppiezza, recuperò e usò il ‘traditore’ Spinelli

L'analisi

Il bluff di Ventotene. Come Napolitano, genio di doppiezza, recuperò e usò il ‘traditore’ Spinelli

La tradizione europeista e federalista della sinistra è una invenzione. Fino agli anni '80 l'autore del Manifesto di Ventotene era considerato un “trotzkista”. Venne arruolato più tardi con un'operazione camaleontica del futuro presidente della Repubblica

Politica - di Carmelo Briguglio - 26 Marzo 2025 alle 16:19

“É la selettività dei ricordi che può inibire le azioni… la massa informe delle foto-ricordo a scapito di un ordine nel loro confuso groviglio”. (Barbara Spinelli, Il Sonno della Memoria, Mondadori, Milano, 2001, pag 184) 

Il Manifesto di Ventotene ? Ragioniamo. Naturalmente ho visto e letto tutte le polemiche sulle dichiarazioni di Giorgia Meloni: le parole della premier sono state precise e sacrosante nel merito; e passionali come deve essere il logos parlamentare. Non ha nulla di che scusarsi; il testo é una rimasticatura rozza della lezione marxiana: con la “dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato, e intorno ad esso la nuova vera democrazia” ? Suvvia. Contenuto autoritario, anche un po’ confuso e sgangherato, tutt’altro che un lucido disegno, ma ci sta: gli autori erano al confino, non in villeggiatura; e non molto consapevoli della natura totalitaria delle proprie tesi, poco dissimili dalla radice culturale della dittatura fascista; ciò al netto dell’ ingenuità di Altiero e di Ernesto Rossi, ampiamente trasfusa nello scritto. E anche della difesa del padre che sul Fatto Quotidiano ha firmato Barbara Spinelli; la quale, un tempo saggista eccellente, poi marchiata nel mondo progressista come “opportunista” per non avere lasciato il seggio europeo della lista Tsipras, é pur sempre una intellettuale da auscultare; con la quale confrontarsi. E Spinelli senior – lo voglio evidenziare – fu e resta un italiano illustre, oltre i miraggi e le chimere del Manifesto del 1941, le sue sbandate ideologiche, l’utopismo disarmante, il suo oscillante rapporto di amore-odio con la nomenklatura comunista. Ma la verità va raccontata, oltre inesattezze e propaganda.

A me qui interessa tentare un’altra analisi. Per molti anni il Partito comunista ingaggiò polemiche violentissime col “traditore” Spinelli che negli anni Trenta aveva cacciato dalle sue file. Fu “il genio della doppiezza “ – Giorgio Napolitano – che seppe recuperare e usare, negli anni ‘70 e ‘80, il teorico del federalismo, ormai ex commissario europeo dell’era Dc. Allo scopo di ideare e radicare una “invenzione della tradizione”, per dirla con Eric J. Hobsbawm, lo storico marxista del “secolo breve”: per impiantare una cultura europeista che il partito di Berlinguer- il “dolce Enrico” cantato da Antonello Venditti e oggi stampato sulla tessera del Pd – non solo non aveva, ma avversava come nemica da combattere, per potere restare allineato a Mosca.

Il falso europeismo della sinistra italiana, Cangemi docet

La realtà é che, a proposito dell’europeismo della sinistra italiana, c’è stato negli anni uno straordinario lavoro di occultamento della verità storica e politica. Lo denuncia anche una certa pubblicistica della sinistra radicale. Ne fa fede, in particolare, con un lavoro interessante e difficilmente contestabile, Luca Cangemi, autore di una puntuale ricerca molto red (Altri Confini, edizioni DeriveApprodi, Roma, 2019), il quale, sulla scorta di una ricca documentazione, smentisce “la falsa narrazione, costruita ai fini delle politiche attuali, secondo la quale nella sinistra socialista e in quella comunista del nostro continente vi sia sempre stata una forte anima europeista…Non é vero”, scrive nella prefazione al libro, Giorgio Cremaschi. Al contrario della destra missina – confronto inevitabile – che, in Parlamento, votò insieme all’adesione alla Nato, anche la partecipazione dell’Italia alle nascenti istituzioni europee, il Pci di Togliatti, Berlinguer e Napolitano contestò con inusitata fermezza la nascita della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, la Ceca, (1951) e lo stesso fu per la Comunità economica europee (CEE) e per la Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) istituite con i Trattati di Roma (1957).

Per i gauchisti Spinelli era un traditore “trotzkista”

Il saggio-verità di Luca Cangemi e il federalismo red che non c’era Il contrasto con Altiero Spinelli – per i gauchisti era un traditore “trotzkista” – fu durissimo, tanto che dopo un periodo di impegno come eletto nelle liste comuniste, Spinelli abbandonò la politica attiva; ma l’idea federalista e il famoso Manifesto di Ventotene sarà adottato negli anni dai comunisti “miglioristi” guidati da Giorgio Napolitano; per diventare evangelio del nuovo corso brusselliano del partito. Il futuro presidente della Repubblica, con una operazione camaleontesca da par suo, si “prese” il Manifesto offrendo nel 1976 a Spinelli, alla fine del mandato come commissario italiano a Bruxelles – tra molte perplessità, a partire dal segretario Berlinguer, alla fine consenziente – la candidatura alla Camera dei deputati, come indipendente nelle liste del Pci il quale gli garantirà la rielezione a Montecitorio e poi il seggio a Parlamento europeo fino al 1984.

L’operazione camaleontesca di arruolamento di Napolitano

É così che la sinistra pre Pd diventa “federalista”. Ma fino ad allora, sulla rive gauche, Bruxelles è “il luogo della sutura ideologica delle forze più reazionarie dell’occidente capitalistico (dalle socialdemocrazie ai partiti democratici cristiani) accomunate da omologhi obiettivi antidemocratici e antisovietici”, come ricorda Cangemi; il quale si sofferma sulla “risoluzione nazionale della direzione nazionale del partito, che viene resa pubblica il giorno prima della firma dei trattati” che istituiscono l’Europa dei sei; il documento attaccando frontalmente ” i due trattati nel quadro dell’atlantismo, sottolinea come, accettandoli, l’Italia rafforzi i suoi vincoli politici con l’Ueo e la Nato, si precluda definitivamente una politica attiva per la pace e il superamento dei blocchi militari contrapposti”.

La tradizione europeista e federalista della sinistra è un’invenzione

In tutti questi anni verso la contrapposizione frontale delle sinistre all'”Europa carolingia” moderata, conservatrice, cristiana – che resta un modello per la destra di Giorgia Meloni – la scelta della sinistra “fu dimenticare. E fu una scelta praticata a lungo. Nel contesto dello scarso interesse dell’opinione pubblica e degli studiosi per le questioni europee (di per se significativo), il nodo fu evitato di netto e senza difficoltà”. Poi arriverà la “tradizione” europeista e federalista che non c’era: ma fu e resta un esercizio di doppiezza , un’”invenzione”. La cui difesa, col pugnale tra i denti, da parte di Elly Schlein e della classe dirigente post-comunista – quella che “sa” e viene da più lontano di lei – induce oggi al sorriso.

 

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di Carmelo Briguglio - 26 Marzo 2025