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Schlein

Euro figuraccia il giorno dopo

Il Pd esplode, iniziano i cannoneggiamenti contro Schlein e spunta l’idea di un congresso. L’ombra di Gentiloni

"Due partiti dentro il Pd", segnala il Corriere della Sera. E dal Nazareno parte la richiesta di un confronto interno: Boccia, Quartapelle, Madia, Fassino, Cuperlo spingono per un chiarimento. Schlein sfiduciata? La risposta, forse, la prossima settimana, quando si voterà sulle comunicazioni del premier in vista del vertice europeo

Politica - di Angelica Orlandi - 13 Marzo 2025 - AGGIORNATO 13 Marzo 2025 alle 18:06

Caporetto Pd il giorno dopo. Il voto a Strasburgo su Rearm Europe consegna all’Italia un Pd frantumato e una segretaria, Elly Schlein, di fatto sfiduciata dai suoi. Al Nazareno siamo ormai oltre l’allarme rosso, visto il caos su una materia cruciale come la politica estera e il futuro dell’Unione europea  e un centro-sinistra divisa in tre tronconi: tra chi sostiene il piano di Ursula Von der Leyen, chi è contrario, chi si astiene. Al di là di tecnicismi e sofismi, la verità è che  i dem non  hanno una linea e soprattutto che la linea della Schlein non è condivisa. Il Corriere della Sera parla apertamente di “Due partiti dentro il Pd”. E il “redde rationem” nel primo partito d’opposizione è imminente. Non lo nasconde Francesco Boccia, capogruppo al Senato del Pd, in una intervista al manifesto subito dopo la plenaria di Strasburgo di mercoledì.

“Congresso? Ovvio che serva un chiarimento politico. Schlein deciderà come”, ha risposto. “Il nostro partito è una organizzazione con organismi democratici. È ovvio che a questo punto è necessario un chiarimento politico. Intanto lavoreremo perché il Pd in vista del Consiglio europeo della prossima settimana esprima una posizione unitaria. Poi la segretaria e il partito decideranno come affrontare la discussione. Il mondo sta vivendo una crisi drammatica e abbiamo il dovere, di fronte ai nostri elettori, di esprimere una posizione chiara sulla collocazione del Pd e del nostro paese nello scenario internazionale”. Così Francesco Boccia, che ripete, tanto per esser chiari: “La segretaria e gli organismi dirigenti stabiliranno quale sarà lo strumento più idoneo”. Insomma, la palla ora sta ad Elly.

La “foto” devastante di Strasburgo

La Difesa europea non salva il Pd. Anzi, lo spacca. A Strasburgo, al momento del voto sul piano ReArmEu, gli europarlamentari dem si sono divisi: 10 favorevoli e 11 astenuti. Non un banale testa a testa, ma una spaccatura politica. La prima, almeno così evidente, nella gestione di Elly Schlein. I riformisti dem, infatti, si sono tutti schierati per il sì. Mentre sino all’ultimo istante il capo delegazione Nicola Zingaretti ha cercato di fare il pontiere, lavorando per portare il gruppo sull’astensione in modo da disinnescare ogni tentazione a votare no. Ma non basta, la frattura non si è ricomposta.

Nel Pd si leva la parola magica: “Congresso”

Dopo il voto, la segretaria dem ha tenuto il punto, confermando le “molte critiche” avanzate su ReArmEu: “Quel piano va cambiato” e per farlo “continueremo a impegnarci ogni giorno”, ha detto tra le altre cose. Ma l’onda del voto sulla Difesa Ue è arrivata fino al Nazareno, aprendo una discussione interna al partito in cui è riemersa anche, appunto, la parola ‘magica’ Congresso. A Strasburgo i più maliziosi hanno enfatizzato non solo la presenza di Nardella tra gli astenuti, ma soprattutto quella di Strada e Tarquinio: apertamente contrari al Piano Ue, alla vigilia erano dati certi tra i no. “C’è stato l’aiutino per non far vincere il sì”, ha valutato un eurodeputato dem, come riporta l’Adnkronos. Lo stesso Tarquinio, del resto, a Un giorno da pecora ha ammesso: “Se avessi votato no sarebbe mancato quel po’ di più che ha consentito alla delegazione Pd di avere la maggioranza pro Elly Schlein”. “E’ stata sconfitta la linea dell’astensione? E’ stato sconfitto il no, perché si partiva dal no”, è stata la valutazione di Lia Quartapelle. L

La deputata dem è stata tra quelli che hanno subito chiesto l’apertura di un confronto interno. “Dobbiamo dimostrarci all’altezza. Il Pd, un grande partito, deve argomentare dove vuole stare con una discussione che sino ad ora non c’è stata”. Sulla stessa linea Piero Fassino e anche Marianna Madia: “Abbiamo la necessità di discutere e capire. Non possiamo fare tutto questo stando zitti o con un mezzo voto. Congresso o Direzione? Va bene tutto, basta che ci sia una discussione”, ha detto la parlamentare.

La risposta di Boldrini ai riformisti

Ai riformisti ha risposto Laura Boldrini: “Mi sarei aspettata che il gruppo del Pd al Parlamento europeo votasse compatto sull’astensione, che è la strada trovata dalla segretaria Schlein. Non è il momento di alimentare divisioni”. Ma anche nell’area di maggioranza interna non è mancata la chiamata al confronto: “E’ giusto che ci sia una discussione seria. E’ una responsabilità che abbiamo tutti ed è interesse della segretaria, che io sostengo, che questa discussione si faccia nelle forme e con la rapidità necessarie”, ha detto Gianni Cuperlo. Mentre è stato Andrea Orlando a chiedere un Congresso tematico: “Potrebbe essere utile anche per portare la discussione fuori dal solo gruppo dirigente” e per “chiarirsi le idee”.

L’ombra di Gentiloni

Ma l’impressione non tanto remota – avanzata oggi su La Stampa– è che sul voto di Strasburgo si si stesse costruendo un‘operazione tutta interna alla vita del partito.  «È un voto di fiducia su di me», aveva detto Schlein in una telefonata agli eurodeputati, quasi una sorta di ultimo appello. Si staglia, dunque, sul voto, l’ombra di Paolo Gentiloni, da tempo indicato da retroscenisti e non il punto di riferimento degli anti-Elly. Del resto, le critiche dell’ex commissario europeo alle posizioni della segretaria sul riarmo, seguite a quelle dell’altro pacre nobile, Romano Prodi, non gettavano presupposti rassicuranti per Elly. Che il quotidiano di Torino dipinge anche molto stizzita per il “tradimento” di Bonaccini. Per la prima volta si è smarcato dalle indicazioni di Elly, ignorando l’indicazione ufficiale e votando a favore del piano Von der Leyen.

Elly “stizzita”

Dopo il voto, le prime due righe della nota diffusa da Schlein dicono tutto il suo stato d’animo: «All’Europa serve la difesa comune, non la corsa al riarmo dei singoli Stati. È e resta questa la posizione del Pd». Per lei sempre molto sfumata e vaga, questa “nettezza” che dice molto. E a chi – voci che affiorano dal partito, chi in buonafede chi meno – le chiede un’occasione di confronto, fa rispondere che c’è già stata – la Direzione –; e il via libera alla sua relazione è stato all’unanimità. Invece il day after, da Strasburgo al Nazareno, dice il contrario: un confronto in qualunque forma dovrà esserci. Si attendono altre frammentazioni,  visto che, la prossima settimana ci sarà il voto sulle comunicazioni in Parlamento del premier in vista del vertice europeo. Passaggio che sui prevede molto complicato per Elly.

 

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di Angelica Orlandi - 13 Marzo 2025